Test Racchette

Babolat Pure Aero

Potenza controllata: l’ultima versione unisce le migliori caratteristiche dei due modelli precedenti per offrire spinta, precisione e, ça va sans dire, tanto spin. I moderni picchiatori da fondo ne andranno matti

di Staff Padel Magazine
8 giugno 2020

L’arma di Rafa Nadal in versione 2019 non è un semplice make-up di quanto già conoscevamo. Non ha perso certe sue peculiarità, visto che i dati di laboratorio sono rimasti pressoché identici (a partire dal classico ambo 300 grammi di peso e 100 pollici di ovale), ma è variata la composizione, il carbonio, le tecnologie. E, chiaramente, il risultato finale. Il modello Pure Aero viene ridefinito ogni tre anni e si è deciso di cercare (riuscendoci) di ottimizzare le qualità della versione 2013 e di quella 2016. Dunque, cosa è cambiato principalmente? Volendo riassumere, è stata diminuita un po’ la potenza (perfino eccessiva nell’ultima versione) e migliorata la stabilità e, di conseguenza, il controllo e la precisione. Non proprio un compromesso banale. Per riuscirci, gli ingegneri Babolat hanno chiesto sostegno a un gruppo industriale, Chomarat, che ha predisposto una fibra di carbonio che rende l’impatto più stabile (sistema definito appunto Carbon Ply Stabilizer), con l’ovale che sta più fermo quando colpisce la palla rendendo la traiettoria più precisa. Inoltre, e questa volta ci si è affidati a un’altra azienda, la Smac, il sistema antivibrazioni Cortex è stato integrato alla grafite per una miglior sensibilità e comfort di gioco.

Rispetto alla versione precedente, si è scelto di ridurre la potenza e di migliorare la stabilità per ottenere maggior controllo e precisione

Per quanto riguarda le rotazioni, l’aerodinamicità è data dagli steli appiattiti e da un nuovo design di grommets e bumper che lasciano la corda più libera di agire, aumentando ulteriormente la velocità della testa della racchetta, condizione ideale quando si decide di imprimere tanto spin. Ma, da questo punto di vista, la tecnologia che appare più interessante è la FSI, già sperimentata sulla Pure Drive: si tratta di un sistema di pattern più aperto, in particolare con i grommets posti a ore 6 e ore 12 di forma oblunga che permettono un’interazione maggiore con la palla e un miglior accesso alle rotazioni. Perché, per quanto si possano studiare nuove soluzioni, è difficile intervenire su un attrezzo che deve sottostare a regolamenti (e leggi fisiche) che impediscono di testare forme troppo azzardate, per di più dovendosi rivolgere a un pubblico abbastanza tradizionalista. Materiali più innovativi sono allo studio ma i costi fanno perdere persino la voglia, e dunque intervenire su certi particolari come schemi di incordatura, grommets, bumper e sezioni variabili del profilo possono dare un plus notevole nel tentativo di offrire un telaio che produca una potenza sempre più controllata, per venire incontro alle esigenze delle nuove generazioni, che amano la sciabola più del fioretto.

Infine, il look: secondo alcuni designer, il giallo non è il colore che esalta maggiormente il satinato (certamente non come i colori più scuri) ma i dettagli sono sempre molto curati. Il grip è confortevole con una forma abbastanza squadrata.