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LA STORIA

Un sogno distrutto da una misteriosa overdose

La dinastia dei Lewis è un'istituzione per il tennis neozelandese. Quattro anni fa è stata sconvolta dalla morte di Carolina, figlia di David e nipote di Chris (ex finalista di Wimbledon). Una storia torbida che il padre vorrebbe fosse riaperta per assicurare i colpevoli alla giustizia. Una storia che racconta l'altra faccia del Sogno Americano. Quella oscura.
Riccardo Bisti
30 novembre 2023

Ogni volta che lo criticano per il suo desiderio di far riaprire il caso, David Lewis ripete sempre la stessa cosa: “Nessuno può capire il dolore di un genitore che ha perso una figlia”. A maggior ragione se ha l'intima convinzione che ci siano colpevoli a piede libero. Il tennis è solo lo sfondo a questa storia, e forse non c'è nemmeno una morale. Però è giusto raccontarla, a maggior ragione dopo che un articolo-inchiesta del New York Times ha restituito pubblicità a quella che fu definita morte improvvisa, avvenuta in circostanze misteriose nel settembre 2019, quando sua figlia Carolina Lewis fu trovata morta dentro la stanza 916 del Liason Hotel di Washington. Ancora oggi, non si dà pace. Avrebbe potuto fare qualcosa per evitarlo? Tutto questo sarebbe successo se la sua famiglia non fosse stata un'istituzione per il tennis neozelandese? Lui è il fratello minore di Chris (finalista a Wimbledon 1983) e di Mark (top-100 ATP in doppio e membro del team neozelandese di Davis). Ha avuto una discreta carriera, culminata nella 152esima posizione nel 1988. Ha smesso di giocare piuttosto giovane e aveva trovato lavoro come organizzatore di tornei in Germania. Fu da quelle parti che conobbe una ragazza italiana, Rosaria La Pietra. I due si sposarono e dal loro matrimonio sono nate Carolina (nel 1996) e Jade (nel 1998). Dopo un po' la famiglia si è trasferita in Nuova Zelanda, laddove i fratelli Lewis avevano iniziato a giocare trent'anni prima, presso il Ngatira Tennis Club di Auckland.

Inevitabile che Carolina e Jade prendessero una racchetta in mano, quasi scontato che fossero brave. Talmente brave che ben presto si resero conto che la Nuova Zelanda non era il luogo adatto per crescere due aspiranti professioniste. E così nel 2011 la famiglia si trasferì di nuovo, stavolta negli Stati Uniti. Papà David trovò lavoro presso un'accademia di Hilton Head. Nel frattempo Carolina (che parlava benissimo italiano grazie alla madre) si rendeva conto che il tennis le piaceva, ok, ma che non era la sua massima aspirazione (a differenza di Jade, che ha provato a costruirsi una carriera fino ad arrivare intorno al numero 1.000 WTA: una volta le diedero una wild card ad Auckland e giocò un buon match contro Venus Williams). Carolina voleva una borsa di studio e la ottenne presso la West Virginia University, laddove fece parte del team tennistico universitario. Il primo anno vinse 24 partite su 30, ma poi successe qualcosa. Quel qualcosa è stato narrato dalla sua compagna di stanza Molly Trujillo: a suo dire, i coach del campus la prendevano in giro, mettevano in dubbio la sua linea e le facevano fare corse cronometrate. Tali comportamenti le avrebbero fatto perdere il sorriso. “Queste cose sono emerse soltanto quando Carolina ha lasciato l'università” ha fatto sapere un portavoce della West Virginia University, ricordando che a suo tempo fu condotta un'indagine senza risultati. Il fatto che il New York Times abbia rispolverato la questione dopo anni ha “deluso” i tecnici del club. “Senza risultati a sostegno, riteniamo la questione infondata e chiusa”.

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L'autopsia ha stabilito che Carolina Lewis aveva consumato il Fentanyl, potente farmaco utilizzato come droga ricreativa e che, in quegli anni, ha causato una grossa percentuale delle morti per overdose negli Stati Uniti.

Tuttavia – secondo l'amica del cuore – non era il tennis la ragione dell'infelicità di Caroline. Nel suo periodo presso la WVU sarebbe stata vittima di abusi sessuali da due wrestler. Ne ha parlato solo con alcuni amici, mai con i genitori. Per mettersi alle spalle tutto questo lasciò Morgantown e si trasferì in Kansas, laddove avrebbe completato gli studi. Aveva una mente brillante e curiosa, e in più occasioni aveva espresso il desiderio di diventare una giornalista, anche nel nostro settore. Nel 2017 diede una mano allo staff di ESPN in occasione di Wimbledon. Ma i fantasmi del passato aleggiavano su di lei. Una volta finì in overdose di sonniferi e confessò di aver iniziato a fare uso di cocaina. In quel periodo i genitori erano concentrati soprattutto su Jade e il suo sogno di diventare una professionista del tennis, anche lei passando dal college. Trovò posto presso la Louisiana State University, laddove tra i tecnici c'era Mike Sell (ex coach di Monica Seles). Anche lei, tuttavia, entrò in crisi perché il suo fidanzato di allora, Drake Davis, l'aveva picchiata e maltrattata. I genitori si trasferirono a Baton Rouge per proteggerla, ma lei li respinse per paura di perdere il fidanzato. Dopo un po', tuttavia, ebbe il coraggio di raccontare tutto e lui si è dichiarato colpevole nel 2019. I responsabili della LSU ammisero di non averla protetta a dovere. Risultato: c'è una causa milionaria ancora in corso. La sua carriera è terminata nel 2018, un po' perché ebbe un paio di overdosi di Adderall, un po' perché era travolta dalla sua fama: ancora oggi, Jade Lewis si vede come colei che era stata picchiata dal fidanzato.

Questa storia aveva un po' distratto David e Rosaria dalla sorella maggiore, che pure sembrava essersi ripresa. Una volta intascata la laurea, nel 2019 trovò lavoro allo Us Open come volontaria nel settore della logistica. Dopo aver ammirato i successi di Bianca Andreescu e Rafael Nadal, pensò di andare a Washington per salutare la Trujillo e alcuni amici del West Virginia. Non sapeva che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio. La sera del 15 settembre 2019, si recarono presso il bar “The Gryphon”, nella zona nord-ovest della città, non distante dalla Casa Bianca. Oggi quel bar non esiste più, ma all'epoca era un punto di riferimento per la movida della domenica sera. Nell'occasione, il gruppo di Caroline conobbe Glenn Gibson, un ex poliziotto, allora 37enne. Dopo qualche drink, entrambi i gruppi si spostarono nella discoteca Abigail, distante circa 500 metri. Una volta entrati, Carolina e Molly Trujillo si persero di vista. Il telefono di Carolina ha tenuto traccia di alcuni messaggi con un ragazzo che aveva conosciuto la sera prima, e che avrebbe desiderato rivedere. "C'è qualcuno che dice di essere te, è strano" scrive. Molly Trujillo se ne andò verso l'1.30 perché la mattina dopo avrebbe dovuto lavorare. Gibson racconta di aver visto Carolina lasciare il locale in compagnia di un uomo. Era l'1.59 e le telecamere a circuito chiuso confermano la sua versione: la persona in sua compagnia aveva i capelli rasta e indossava una maschera di Halloween. Era entrato circa un'ora prima e sembrava essere familiare con lo staff dell'Abigail. Alle 2.23, Carolina ha chiamato Gibson dicendo di trovarsi in un appartamento del nord-est di Washington, in Fort Lincoln Drive, chiedendogli di andarla a prendere.

David e Rosaria, i genitori di Carolina Lewis, chiedono ancora giustizia per la scomparsa della figlia

Le indagini non hanno mai appurato in quale appartamento sia entrata, ma lei si mostrava sempre più preoccupata e gli scrisse di aver aver fatto uso di oxy. C'è uno scambio di messaggi in cui sollecita l'uomo, chiedendogli di fare in fretta. Verso le 3 sarebbe fuggita dall'appartamento, trovando Gibson per strada e salendo a bordo della sua auto. Nel tragitto gli avrebbe raccontato che gli uomini in quell'appartamento avevano provato a fare sesso con lei, ma li aveva respinti perché “non erano il suo tipo”. I due si recano al McDonald's, poi alle 3.40 raggiungono l'Hotel Liason (oggi YOTEL Washington DC), nei pressi di Capitol Hill. Un filmato di nove minuti vede la coppia fare check-in. Carolina appare in stato leggermente confusionale. Barcolla, è a piedi nudi, si tiene appoggiata a Gibson, ogni tanto lo bacia. “Sembrava stesse bene” dice lui. Alle 3.44, Carolina manda l'ultimo messaggio alla Trujillo, dicendo che l'avrebbe raggiunta il mattino dopo. La coppia è poi salita in stanza, hanno fatto la doccia e poi consumato un rapporto sessuale consenziente (come confermato da un'analisi forense). Si sono addormentati alle 5. Lui si è svegliato un paio d'ore dopo per spostare l'auto. Al rientro in camera, Carolina Lewis era morta. L'autopsia ha poi stabilito che aveva consumato il Fentanyl, potente farmaco utilizzato come droga ricreativa e che, in quegli anni, ha causato una grossa percentuale delle morti per overdose negli Stati Uniti. Proprio quest'ultima informazione non dà pace a David Lewis. Vuole sapere chi le abbia dato una droga così potente e pericolosa. Secondo i tabulati telefonici, quella sera Carolina ricevette una chiamata da un trafficante di sesso di nome Larry Holt, anche lui mecenate del locale Abigail, ma l'uomo si è rifiutato di collaborare e non ci sono prove a suo carico.

Anni prima era stato condannato a cinque anni perché aveva preso un'adolescente in Virginia e l'aveva portata in Maryland per venderla a scopo sessuale. Papà David ha avuto sospetti anche su Gibson (esiste un fascicolo di 600 pagine sul suo allontanamento dalla polizia), ma i riscontri fattuali lo scagionano. La questione rimane avvolta dal mistero, anche perché la polizia ha secretato i verbali degli interrogatori e oscurato intere sezioni del rapporto sul caso. Persino l'ufficio legale del sindaco di Washington ha chiesto che fossero spiegate le ragioni di così tanto riserbo. Per ora non hanno avuto risposta. La famiglia Lewis è tornata in Nuova Zelanda. “Adesso faccio tutt'altro, perché il tennis non ha più un ruolo nella mia vita” dice David Lewis, che oggi lavora in un'azienda di sanitari di lusso. È ancora ossessionato. Vorrebbe giustizia, vorrebbe la riapertura del caso. Vorrebbe sapere chi ha dato la dose letale alla figlia. E non si dà pace pensando a quello che avrebbe potuto fare per evitare questa tragedia. Quando ci pensa, crede che il trasferimento negli Stati Uniti, la ricerca dell'utopico Sogno Americano sia stato l'origine di tutto. O forse si pente di aver messo una racchetta in mano alle figlie, permettendo loro di fare da raccattapalle durante il torneo WTA di Auckland, nel 2009, quando passarono le palline a Elena Dementieva e Caroline Wozniacki. Senza tutto questo, forse, Carolina Lewis sarebbe ancora viva. È però vivo il suo ricordo nel suo sito internet personale, ancora online. C'è ancora tutto: le sue parole, il suo curriculum, persino i suoi contatti: email, numero di telefono. Chissà perché hanno deciso di lasciarlo disponibile a tutti.