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LA STORIA

Small in Japan

I fratellini giapponesi Yunosuke e Koujrou Owaki sono già piccole star. 9 e 7 anni di età, sono diventati famosi grazie un filmato diventato virale durante il lockdown. Oggi hanno un manager, sono sponsorizzati da Wilson e Adidas e sono stati invitati in Europa dai loro idoli, Djokovic e Tsitsipas. E Mouratoglou ha già investito su di loro.

Riccardo Bisti
21 dicembre 2022

A parte offrirci lo spunto per un buon titolo, la canzone degli Alphaville non può certo essere utilizzata come metafora per la bizzarra vicenda dei fratelli Owaki, potenziali-possibili-ipotetici fenomeni del tennis. Pochi lo sanno, ma Big in Japan parla di tossicodipendenza e racconta come si possano fare grandi cose lontano da casa (in Giappone, appunto) restando più o meno anonimi in patria. Tutto il contrario di quello che stanno già facendo Yunosuke (9 anni) e Koujrou (7), due bambini giapponesi che devono la loro popolarità ad alcuni video comparsi online in pieno lockdown e rapidamente diventati virali. Sembrava potesse finire lì: due anni dopo, invece, la faccenda sta diventando seria. Giusto per mettere le mani avanti, due colossi del settore (Wilson per le racchette e Adidas per l'abbigliamento) li hanno messi sono (mini)contratto. D'altra parte, le aziende guardano soprattutto al potenziale. E quello dei fratelli Owaki è immenso. I genitori lo hanno capito e hanno messo in piedi un piccolo impero social, che oggi conta già oltre 95.000 followers su Instagram. Non sono numeri assoluti, ma se pensate che due professionisti affermati come Roberto Bautista Agut e Hubert Hurkacz ne hanno rispettivamente 125.000 e 161.000, il paradigma cambia.

Attorno a questi due bambini è già stata creata una narrativa, e non potrebbe essere altrimenti: possiedono un talento cristallino, con la chicca-nerd che il fratello maggiore Yunosuke tira uno spettacolare rovescio a una mano. Gestualità perfetta, ancora più preziosa perché soltanto sette top-100 giocano questo colpo. E non è un caso che il suo idolo ne sia uno dei principali esponenti, Stefanos Tsitsipas. Era il marzo 2020 quando miliardi di persone si sono ritrovate chiuse in casa, (più o meno) costrette a uno sfrenato utilizzo della tecnologia. E così sono sbucati i video degli Owaki, onestamente spettacolari se paragonati alla loro età. Da allora, praticamente senza giocare tornei, hanno continuato a sviluppare le loro skills. I progressi non sono passati inosservati: grazie ai social, la piccola città di Mizumaki (30.000 abitanti a nord di Kyuchu, isola meridionale del Giappone, non distante da Fukuoka) si è virtualmente avvicinata al resto del Paese. Per intenderci, i primi circoli di rilievo sono a un'ora di distanza e non ci sono tracce di tornei per bambini della loro età. Per trovarne qualcuno bisogna andare a Tokyo oppure a Osaka. E per arrivare fin lassù ci vuole l'aereo. L'hanno fatto solo una volta, per Yunosuke.

I fratelli Owaki a Belgrado, in compagnia di Stefan Djokovic

ASICS ROMA
«Non ho mai visto niente di simile in bambini della loro età» 
Patrick Mouratoglou

L'impressionante rovescio di Yunosuke Owaki, che ha compiuto 9 anni lo scorso 21 agosto

Però la faccenda si è fatta seria: i video sono diventati due, cinque, dieci... fino a creare una popolarità spropositata. Si sono ritrovati ad avere un manager (Masashi Ogawa), già costretto a filtrare le richieste di interviste (nel solo Giappone ne hanno già rilasciate una trentina) e a curare i loro “interessi”. Virgolette d'obbligo perché, a quell'età, gli unici interessi dovrebbero essere le passioni. Ma i genitori hanno capito – e come biasimarli – che una massiccia esposizione mediatica può garantire risorse ed esperienze altrimenti impensabili. Ogawa ha permesso loro di ottenere i primi sponsor, e c'è il suo zampino nella loro prima esperienza europea, risalente allo scorso aprile. Yunosuke e Koujrou hanno trascorso tre settimane in Europa, così suddivise: due in Costa Azzurra (la prima da Mouratoglou, la seconda al Masters 1000 di Monte Carlo) e una a Belgrado, per il locale torneo ATP, laddove Koujrou ha potuto conoscere il suo idolo Novak Djokovic. È stato il serbo in persona a invitarli a Belgrado, così come l'invito in Francia è partito da Stefanos Tsitsipas. Loro hanno vissuto tutto come una vacanza, una gita nel Paese dei Balocchi, ancora inconsapevoli di quello che si muove attorno a loro.

I genitori possono pure raccontare che la carriera nel tennis diventerà qualcosa di concreto solo se i bambini lo vorranno, e che per ora vivono il tennis come un gioco. Ok, ma la verità è che si stanno facendo ingolosire. D'altra parte papà Osuke lavora in un'azienda di metalli e l'onnipresente mamma Minaki fa la segretaria in un'azienda di pompe subacquee. Lavori dignitosissimi, ma nulla a che vedere con la ricchezza che potrebbe garantire il tennis. Entrambi hanno 35 anni, quindi conoscono perfettamente il potenzale della discplina nel loro Paese. Hanno vissuto l'esplosione di popolarità di Kei Nishikori (c'è proprio lui insieme ai fratelli nella loro foto-profilo su Twitter), che a inizio carriera era costretto a prenotare più aerei per depistare i giornalisti, e doveva girare camuffato per Tokyo. Per non parlare di Naomi Osaka: prima che i problemi di salute mentale ne rallentassero la carriera, ha fatto in tempo a diventare una delle sportive più ricche al mondo. E poi c'è Uniqlo, marchio di abbigliamento sportivo che si è potuto permettere di sponsorizzare prima Novak Djokovic e poi Roger Federer, incurante che buona parte del contratto dello sviizzero si svilupperà nei panni di ex. Anche per questo – c'è da credere – Adidas ha pensato bene di anticipare tutti.

Patrick Mouratoglou è entusiasta delle qualità di Yunosuke e Koujrou

I fratelli Owaki con la maglia della nazionale giapponese di calcio

Quando si parla di marketing, uno dei più bravi è Patrick Mouratoglou. Non si è fatto sfuggire l'occasione di ospitarli in accademia, giocare con loro (ovviamente a favore di telecamere, con tanto di servizio TV su Canal Plus) e rilasciare dichiarazioni dense di entusiasmo. “Non ho mai visto niente di simile in bambini della loro età – ha detto – mi spiego il loro livello con tanti esercizi e movimenti a vuoto, un po' come il pianista si esercita con la sequenza di note della scala musicale. E poi hanno un grande talento: sono già in grado di giocare la demivolèe e palle alte. Nei giorni in cui sono stati da me c'era molto vento, a cui non sono abituati: bene, si sono adatti senza problemi”. In un impeto di sincerità, papà Osuke ha ammesso di aver preso in considerazione l'idea di dedicarsi a tempo pieno alla crescita dei figli-fenomeni. Intanto il suo datore di lavoro gli ha concesso parecchie licenze, “ma non escludo di trasferirmi con loro se ce ne fosse bisogno. Magari all'estero, magari proprio da Mouratoglou”. Musica per le orecchie del coach francese, che peraltro non è nuovo a operazioni di questo tipo. Appoggiandosi al sito internet di cui è co-fondatore, Tennis Majors, ha contribuito a dare una certa popolarità a Holger Rune quando era un ragazzino, ed è stata un'operazione vincente.

Adesso stanno facendo qualcosa di simile con la 12enne Ksenia Efremova (che però ha soltanto 41.200 followers) e non sorprenderebbe un progetto simile con Yunosuke e Koujrou, che a Belgrado hanno già fatto amicizia con Stefan Djokovic (figlio di Novak) e hanno già accumulato esperienze impensabili per tanti bambini della loro età: il più piccolo ha potuto palleggiare con Djokovic, poi hanno conosciuto Tsitsipas e altri campioni. L'ultimo è stato Medvedev, incontrato nella loro seconda sortita in Costa Azzurra, lo scorso settembre. Quando il Giappone si è distinto ai Mondiali in Qatar, Adidas si è premurata di inviare loro una divisa della nazionale di calcio. Risultato? Una curiosa incoerenza, ben visibile sul loro profilo Instagram: da una parte un progetto di tennis-marketing ben avviato, dall'altra la semplicità di due bambini che vivono ancora in una cittadina di periferia, con foto e video girati in casa, in campi più o meno disastrati o addirittura per la strada o in qualche parcheggio. Per fortuna da quelle parti non c'è criminalità. E tra qualche anno, chissà, gli Alphaville potrebbero riconsiderare il testo della loro prima grande hit. Mezzo secolo dopo.