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IL PERSONAGGIO

Quel maledetto cappellino all'indietro

I tedeschi pensavano che Marc-Kevin Goellner fosse il nuovo Boris Becker. Adidas gli costruì l'immagine sul cappellino da baseball, che portava (e porta ancora oggi) al contrario. Dopo quello spot non sarebbe più stato lo stesso. E pensare che vinse la Davis e un premio davanti a Stich e Schumacher...

Riccardo Bisti
16 giugno 2020

Un bel giorno, la Bild gli ha rifilato un soprannome che sapeva di sentenza: Baby Bum Bum. Per un po', i tedeschi hanno sperato che il nuovo Boris Becker avesse le sembianze di Marc-Kevin Goellner, faccia d'angelo e tennis esplosivo. Erano anni d'oro, per il Bundestennis. Becker, Stich, Graf, il Masters a casa loro... e allora cercavano un volto nuovo per dare continuità alla grandeur. La trovarono in questo ragazzo dal passato avventuroso: figlio di un diplomatico giramondo, è nato a Rio de Janeiro e ha vissuto un po' ovunque prima di sistemarsi in Germania: Tel Aviv (dal 1972 al 1975), Sydney (1975-1981) e Recife (1981-1986). Crescendo soprattutto in Brasile, si è sviluppato sui campi in terra battuta, molto più usuali in Sudamerica che nella fredda Germania. E pensare che ha rischiato di non iniziarla neanche, la carriera: mentre Becker perdeva due finali di Wimbledon contro Edberg (1988 e 1990), lui si rompeva i legamenti del piede. In un modo o nell'altro, ha saputo partire ugualmente. Non aspettavano altro, i tedeschi. Bastava un buon risultato per scaricargli addosso tonnellate di marketing. La rivoluzione è arrivata nel 1993, al torneo ATP di Nizza.

Da numero 95, batte Stefan Edberg in semifinale e Ivan Lendl in finale. Sullo slancio, avrebbe raggiunto gli ottavi al Roland Garros. Bastò quello che scatenare la passione dei tedeschi: lo invitarono a una trasmissione sportiva su ZDF. In quella puntata c'era l'intera squadra del Borussia Dortmund. “Non dimenticherò mai quello che mi disse il capitano Michael Zorc: secondo lui ero un po' vecchio. Ma io avevo 23 anni...”. L'aneddoto fa capire quanto fosse difficile giocare a tennis in Germania in quegli anni, con l'eredità di Boris Becker (vincitore di Wimbledon a 17 anni) e del Golden Slam di Steffi Graf, ottenuto prima di compiere 20 anni. “In Germania va così: sempre paragoni col passato – sospira oggi Goellner, (quasi) 50enne e direttore tecnico di un'accademia a Colonia – di recente c'è stata la Kerber, capace di vincere 3 Slam e numero 1 del mondo. Però la gente dice che la Graf ha fatto meglio. Tutti a dire ma, ma, ma... Io sono stato travolto dalla pressione: nel 1994 sono stato numero 26 ATP, ma ero continuamente confrontato con Becker e Stich. Dopo la conversazione con Zorc mi sono sentito in caduta libera. Nel 1996 ho vinto la medaglia di bronzo alle Olimpiadi con Prinosil, eppure dicevano che era soltanto un bronzo”.

"Senza il mio cappellino mi sento nudo. Un tempo era il mio marchio di fabbrica ed è grandioso ricordarlo. Certo, ho un mio sponsor che ha il nome sulla parte anteriore, quindi ogni tanto lo devo mettere nel modo giusto..."
Marc Kevin Goellner

Il famoso spot Adidas con protagonista Marc Kevin Goellner

Quella di Goellner è la storia di un giocatore travolto dalla pressione, incapace di esprimere tutto quello che aveva nel braccio. Un po' gli infortuni, un po' le sue mancanze (“Avrei dovuto allenarmi di più...”), un po' la croce che gli hanno gettato addosso. O Baby Bum Bum o fallimento, non c'erano mezze misure. Dopo il suo fantastico 1993, Adidas investì cifre importanti per strapparlo a Reebok, scegliendolo addirittura per un famoso spot. Indossava il cappellino all'indietro, così pensarono bene di costruirgli addosso il personaggio. Per un annetto, le TV sportive ospitarono la pubblicità in cui una mano gigante provava a rimetterglielo nel verso tradizionale, ma lui trovava sempre il modo di respingerla e sparare dritti vincenti. “Lo indosso ancora oggi – dice con un sorrisone da gigante buono – sinceramente, se scendo in campo senza il mio cappellino mi sento nudo. Un tempo era il mio marchio di fabbrica ed è grandioso ricordarlo. Oggi ho meno capelli, ma non ne posso fare a meno: certo, ho un mio sponsor che ha il nome sulla parte anteriore, quindi ogni tanto lo devo mettere nel modo giusto...”. Goellner ha ballato giusto un paio d'anni.

Nel 1993 è stato importante per il trionfo in Coppa Davis. “Ne sono fiero, perché da allora la Germania non è mai andata neanche vicina a ripetersi”. Batté Korda nei quarti ed Edberg in semifinale, mentre in finale si fece rimontare da Richard Fromberg dopo aver vinto i primi due set. Per sua fortuna, in quei giorni Michael Stich camminava sulle nuvole. E così ha sollevato l'Insalatiera da titolare, giacché Boris Becker non partecipò a quella campagna. Per rendere l'idea della sua popolarità, quell'anno fu premiato con il “Bravo Otto” come miglior atleta tedesco dell'anno. Si tratta di un riconoscimento popolarissimo e patinato. Lo preferirono addirittura a Michael Stich e Michael Schumacher. Nel 1994 si è sposato con Ira Patricia (con cui ha messo al mondo Nina Jacqueline e Yannick Keanu) e si è fatto valere un'ultima volta in Davis, vincendo il singolare decisivo a Graz “contro 14.000 austriaci”. Muster vinse contro Stich 12-10 al quinto, lui gestì la pressione contro Horst Skoff nonostante il pubblico incitasse l'austriaco a tirargli sul cappellino. Da allora, Goellner si è rifugiato in un modesto anonimato, riverniciato soltanto dal bronzo olimpico ad Atlanta. La sua carriera è andata avanti stancamente, fino al ritiro avvenuto nei primi anni 2000.

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    La percentuale di vittorie di Marc Kevin Goellner contro i top-10. È molto raro che un giocatore con un palmares come il suo abbia un bilancio così positivo. Nelle giornate buone era quasi incontenibile.
Vincitore di due titoli ATP, Marc Kevin Goellner ha contribuito all'ultimo successo della Germania in Coppa Davis
Marc Kevin Goellner ricorda il passato e commenta il presente. Senza mai abbandonare il cappellino

La popolarità di Goellner si è spenta rapidamente, al punto che oggi lo si ricorda quasi esclusivamente per il cappellino e il relativo spot. O meglio, come un investimento mal riuscito. Si parla di lui quasi solo per questo, manco fosse stato il primo a indossarlo in quel modo. Il primo fu Mikael Pernfors, poi nel 1990 Lendl e Mecir giocarono addirittura una finale Slam con il copricapo al contrario. Eppure Adidas scelse di investire su di lui. Nel 2012 si è separato dalla moglie, ma non si è dato per vinto. Ha fondato la MKG Akademie a Colonia, nel quartiere Hochkirchen. Il motto è lo stesso da un paio di lustri: “Sii professionale!”. “Lavoro soprattutto con la voce, guai a perderla – sorride – per evitarlo bevo molta acqua, non fumo ed evito l'alcol”. Nonostante la popolarità, non ha avuto ruoli troppo importanti: soltanto qualche anno fa ci fu un ammiccamento con Sabine Lisicki, ma non si andò oltre un periodo di prova. Nel 2015, accompagnando alcuni allievi a un Futures ad Antalya, giocò per scherzo le qualificazioni. A 45 anni le passò, battendo due ragazzi che avrebbero potuto essere suoi figli. Altro tassello nel puzzle dei rimpianti, di quello che avrebbe potuto essere. “Oggi sto in campo dalle 9 alle 18, seguo i giovani, ma mi capita anche di palleggiare con gente di 73-74 anni. Il mio unico obiettivo è dare un sostegno a tutti quelli che vogliono migliorare”.

Con la saggezza di mezzo secolo alle spalle, oggi ha compreso l'importanza della cultura. “Sono convinto che i giovani debbano prendere il diploma per poi tentare l'avventura al college, oppure diventare subito professionisti se ne hanno le qualità. E mi piacerebbe che la Bundesliga tornasse ad essere un trampolino di lancio per i giovani tedeschi. Per il futuro sono ottimista, specie se Zverev dovesse vincere un paio di Slam. Ma i ragazzi passano troppo tempo davanti ai videogiochi: dovrebbero fare più sport, credo che il sistema scolastico dovrebbe dare una mano”. Parole sagge ma buttate un po' lì, proprio come il suo tennis strappato, estemporaneo, ma capace di fare male a tutti. Nelle giornate buone non lo contenevi: basti pensare all'ottimo bilancio contro i top-10, battuti 14 volte, nel 32% dei casi. Numeri impressionanti, per uno del suo livello. Magari sarebbe stato ancora migliore senza quello spot che gli ha regalato eccessiva notorietà. Ma ormai è acqua passata: “Mi sarebbe piaciuto vincere uno Slam, ma non provo dolore per non esserci riuscito”. Così è deciso, l'udienza è tolta.

Oggi Goellner dirige una piccola accademia a Colonia: talvolta, è costretto a indossare il cappellino in modo tradizionale