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LETTERE AL DIRETTORE

Perché l’Italia ama così tanto Jannik Sinner?

Il nostro direttore risponde alle domande più interessanti dei lettori. Ed era logico partire con Jannik Sinner, l’involontario rivoluzionario

di Lorenzo Cazzaniga
17 novembre 2023

La ragione principale è abbastanza evidente: vince. Tanto e contro i più forti. L’appassionato italiano di sport (ma sospetto sia lo stesso all’estero) antepone la vittoria a qualsiasi altro aspetto: nello sport nazionale, il calcio, non c’è tifoso che preferirebbe una meravigliosa prestazione alla vittoria. Va bene anche il corto muso di Allegri, se arriva lo scudetto. Tuttavia, nel caso di Sinner si va oltre la stretta attualità perché l’hype che ha creato, al punto da scomodare paragoni con Alberto Tomba e Valentino Rossi che lui stesso ha definito prematuri, è dato da un fatto innegabile: chiunque ha pienamente compreso che questo ragazzo ha le potenzialità di diventare un fuoriclasse assoluto.

Per la prima volta nella storia del tennis italiano, c’è un azzurro che parte nel pugnetto dei favoriti a ogni torneo che disputa. Uno capace di scendere in campo contro il più forte della storia, Novak Djokovic, senza doversi affidare ai miracoli per puntare alla vittoria. Il tutto in uno sport, il tennis, dove non abbiamo un potenziale Slammer da oltre quarant’anni (Matteo Berettini ha fatto finale a Wimbledon ma è sempre parso un gradino sotto l’élite, e i suoi straordinari risultati nei Major sono accompagnati da un asterisco: mai ha dovuto battere un top 10 per raggiungerli. Non per colpa sua, sia chiaro, ma non c’era la netta sensazione che potesse battere i primissimi del ranking mondiale, né tantomeno riuscirci con continuità. I numeri confermano la tesi). In più, il percepito (corretto) è che nel tennis sia più complesso emergere rispetto ad altri sport, con una concorrenza internazionale maggiore e un livello tecnico in continua evoluzione. Se aggiungiamo la prospettiva di raccogliere l’eredità di tre fenomeni come Federer, Nadal e Djokovic, il servizio è completo.

La caratteristica che più affascina di Sinner è la feroce determinazione con la quale affronta la sua carriera. È palese come sia disposto a sacrificare qualsiasi aspetto della sua vita per raggiungere i suoi obiettivi. Vive in quella che Andrea Gaudenzi chiamava la Black Box, una scatola nera dove c’è spazio solo per il tennis: «Più ci resti e più vinci»

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Dunque, gli appassionati di sport amano i vincenti e Sinner lo è e lo sarà per un bel pezzo. C’è poi una questione meno tecnica: Sinner piace perché trasmette l’immagine del bravo ragazzo: faccia pulita, mai una parola fuori posto. Non è divisivo come Djokovic, per citare l’esempio più facile. In una società che ha spesso mostrato di apprezzare soprattutto i bad boys, è un deciso passo avanti. Sarebbe ancor più incoraggiante, se la ragione stesse nella caratteristica che più distingue e affascina di questo ragazzo: la feroce determinazione con la quale affronta la sua carriera. È palese come Sinner sia disposto a sacrificare qualsiasi aspetto della sua vita per raggiungere i suoi obiettivi. Non si farà distrarre da un gonnellino o da un conto in banca in crescita vertiginosa perché vive in quella che Andrea Gaudenzi chiamava la Black Box, una scatola nera dove c’è spazio solo per il tennis: «Più ci resti e più vinci» diceva.

Sinner pare essere perfettamente a suo agio in quel contesto. È un fanatico del gioco e questo aiuta le sue intenzioni (per dire, se Safin avesse avuto questa mentalità, avrebbe vinto fior di Slam). In questo, ricordo una citazione di Giorgio Di Palermo, ex Tour  Manager dell’ATP: «Perché Federer e Nadal resistono così tanto al vertice? Perché sono innamorati del tennis, non sognano di fare nient’altro». Sinner è fatto allo stesso modo (chi l’ha frequentato al tempo della liason con Riccardo Piatti, racconta di due folli che passavano intere serate a inviarsi video di partite per analizzare scelte tattiche e gesti tecnici. Non c’era verso di distrarli con altri argomenti).

Sospetto sia difficile virare la conversazione su argomenti che non siano il tennis. È devoto come solo certi sacerdoti. È questa la sua forza...

Vincente, determinato, onesto: è la ricetta ideale che pare aver soverchiato altri aspetti, fin qui oggetto di naturale invidia: Sinner non ha lo charme di David Beckham o il fisico di Marcell Jacobs. Non è istrionico come Valentino Rossi o esuberante come Alberto Tomba. Non si è nemmeno accoppiato con Gisele Bundchen come Tom Brady (anche se con Laura Margesin è sulla buona strada). Non è social come piace ai giovani (anzi, pare obbligare le fidanzate a evitare qualsiasi post lo possa riguardare), né particolarmente arguto o divertente nelle sue dichiarazioni (anche se gli amici lo dipingono come un ragazzo brillante anche fuori dal campo). Così come sospetto sia difficile virare la conversazione su argomenti che non siano il tennis. È devoto come solo certi sacerdoti. È questa la sua forza: una incrollabile fiducia nei suoi mezzi, pur nella consapevolezza che nello sport professionistico le incognite sono tante, che peraltro lui affronta con sorprendente maturità: «Quando gioco non ho paura perché non ti può succedere niente di tragico: male che vada, puoi prendere una palla in faccia».

Tecnicamente è lontano dall’archetipo di giocatore che infiamma i cuori italiani: non ha il genio di McEnroe o l’eleganza di Federer. Sono convinto che, fosse nato qualche chilometro più a nord, in Italia avrebbe fatto meno proseliti di un Carlos Alcaraz. In questo, Jannik Sinner è un involontario rivoluzionario...

Anche tecnicamente, è lontano dall’archetipo di giocatore che infiamma i cuori italiani: non ha il genio di McEnroe o l’eleganza di Federer. E nemmeno la volèe di rovescio di Edberg, esempio estremo di stile applicato al tennis. Sono convinto che, fosse nato qualche chilometro più a nord, in Italia avrebbe fatto meno proseliti di un Carlos Alcaraz, che gioca meglio a tennis, secondo i nostri classici canoni estetici. In questo, Jannik Sinner è un involontario rivoluzionario perché è amato per caratteristiche più virtuose, a partire da quell’ossessivo desiderio di migliorarsi che dovrebbe animare tutti i ragazzi di 22 anni. Capito perché l’Italia ama così tanto Jannik Sinner?