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ROLAND GARROS

Nel nome del padre

Genaro Alberto Olivieri sta vivendo una favola inattesa. Numero 231 ATP, oggi si giocherà l'accesso al terzo turno contro Andrea Vavassori. Ma gli invidierà sempre il papà-coach, perchè il suo è stato portato via dal Covid. Il dolore per il lutto lo aveva portato sull'orlo del ritiro. Ma oggi gioca per lui.

Riccardo Bisti
1 giugno 2023

Il percorso di Genaro Alberto Olivieri è stato doloroso, più che complicato. C'è stato un momento in cui aveva smesso di sperare di giocare il Roland Garros, anzi, Rolanga, come lo chiamano i sudamericani. Invece si giocherà un posto al terzo turno in una sfida tra cenerentoli contro il nostro Andrea Vavassori, altro grande personaggio di questi giorni densi di storie. Numero 148 ATP contro numero 231: numeri che non sarebbero da big match nemmeno in un Challenger. Sarà per entrambi la partita più importante in carriera, non solo per i soldi in palio (comunque moltissimi), ma perché è l'occasione della vita. Ma tra i due c'è una grande differenza: Andrea è allenato da papà Davide, figura centrale della sua carriera. Maestro, coach, direttore tecnico del Circolo Tennis Pinerolo, ma soprattutto l'uomo che ha forgiato il suo tennis vintage. Una bella storia di tennis. Al contrario, Genaro è orfano. Papà Carlos era – sia pure in modo diverso – la figura centrale della sua carriera, ma è stato stroncato in poche settimane dal Covid-19.

Un dolore immenso per il piccolo Genaro (gli danno 175 centimetri di altezza, ma sono almeno 2-3 in meno), che dopo la morte del padre smise di giocare. Via, basta, perché proseguire una carriera a cui il signor Carlos teneva più di lui? Lo sosteneva sul piano economico (“al punto che non ho mai avuto bisogno di cercare uno sponsor”) ma soprattutto logistico: lo iscriveva ai tornei, prenotava i voli, gli hotel, studiava la logistica nei minimi dettagli. Negli anni '80 era stato un ottimo giocatore di pelota paleta, variante della pelota basca, disciplina che va per la maggiore nell'entroterra argentino. Per questo, Genaro lo prendeva spesso in giro. “Non capisci niente di tennis, sei un pelotari”. Oggi darebbe qualsiasi cosa per averlo ancora con sé, invece si limita a giocare per lui. Guarda verso il cielo dopo ogni partita, spesso si commuove quando ne parla. E in questi giorni lo ha fatto spesso, soprattutto dopo la vittoria contro il gigante Giovanni Mpetshi Perricard, alto trenta centimetri più di lui. Ma nel tennis può capitare che un peso piuma possa battere un massimo, magari dopo cinque set e quasi quattro ore di lotta.

  • 190

    La miglior classifica ATP mai ottenuta da Olivieri. L'argentino si è presentato al Roland Garros da numero 231. Grazie ai risultati di questi giorni, aggiornerà il best ranking.

Olivieri è un mestierante: a 24 anni non è mai andato oltre il numero 190 ATP. Lo scorso anno ha vinto il suo unico titolo Challenger a Montevideo, ma quest'anno non aveva fatto sfracelli. Ha vinto un titolo ITF a Tucumàn, poi al massimo aveva giocato una semifinale a Santiago, con un bilancio di 7 vittorie e 9 sconfitte nei tornei Challenger. Circuito maggiore? Neanche l'ombra. Aveva tentato per quattro volte la via delle qualificazioni, raccogliendo altrettante sconfitte al primo turno. Invece a Parigi ha battuto Laaksonen, Geerts e Andreev prima di superare Mpetshi Perricard. È stato fortunato, perché non ha pescato neanche un top-200. Significa che Vavassori sarà – di gran lunga – l'avversario meglio piazzato tra quelli incontrati finora. Un pizzico di fortuna dopo quei mesi che sembravano la pietra tombale della sua carriera.

A inizio 2021, a pandemia ancora in corso, era andato a giocare alcuni tornei ITF ad Antalya. C'era anche Pedro Cachin, con il quale aveva condiviso la stanza. Quest'ultimo (anche lui impegnato oggi a Parigi) prese il Covid prima di rientrare, contagiando tutti gli altri, Olivieri compreso. Lui se la cavò con qualche sintomo, mentre andò peggio al suo coach di allora, Luciano Carluccio. Dopo giorni di febbre a 39, lo hanno spostato in ospedale, laddove la fame di ossigeno gli ha fatto rischiare grosso. Alla fine si è salvato. “Anche se l'ho dovuto portare in aeroporto in sedia a rotelle, perché aveva perso 15 chili” racconta Olivieri, che tifa Boca Juniors e idolatra Rafa Nadal. Nel frattempo, tuttavia, anche i suoi parenti si erano ammalati. Avevano gestito tutti il virus, tranne papà Carlos. Peggiorò, fu trasferito da Bragado a Buenos Aires, ma non c'è stato niente da fare: il 7 aprile 2021 gli hanno comunicato che non ce l'aveva fatta.

Genaro Olivieri è nato a Bragado, nella provincia di Buenos Aires, il 4 agosto 1998

Il successo al Challenger di Montevideo è il titolo più importante mai conquistato da Olivieri

“Dopo la sua morte ho perso ogni stimolo, non avevo più motivazioni, non ho toccato racchetta per tre mesi – racconta – avevo iniziato ad aiutare nello studio di contabilità di famiglia”. Poi è stata mamma Silvia a dirgli di riprovarci. Magari non nello stesso modo del marito, ma gli avrebbe dato una mano. E così Genaro è ripartito, vincendo una decina di partite negli Stati Uniti, trovando la forza di ripartire. In due anni è migliorato, certo, ma non così tanto da far pensare a chissà quale lieto fine. Di certo non ha confermato quello che prometteva da junior: aveva già messo piede a Parigi nel 2016, quando giunse nei quarti nel torneo giovanile. Perse contro Felix Auger-Aliassime, ma in quel tabellone c'erano anche Tsitsipas, Ruud, Shapovalov, De Minaur, Popyrin, Davidovich Fokina, Altmaier e altri futuri top-200 ATP.

Lui faceva parte del gruppo, al punto che fu convocato a fare da sparring nel team argentino di Coppa Davis. A Pesaro, in occasione del match contro l'Italia, gli fecero un po' di tutto. Lo battezzarono come accade alle matricole nei licei, versandogli un bel po' d'acqua addosso durante la cena ufficiale. Lui abbozzò (a proposito di pazienza...). Quell'anno avrebbero vinto l'Insalatiera, ma Olivieri – fino a pochi giorni fa – era considerato una promessa mancata, come ce ne sono tante. Poi a Parigi si è verificato una sorta di miracolo, un mix tra forma smagliante e circostanze sfortunate. Perché il suo tennis non è certo dirompente, anzi... Ma questi sono i suoi giorni: non c'è dubbio che lascerà tutto sul campo, nella partita più importante della sua vita. Comunque vada, invidierà sempre qualcosa ad Andrea Vavassori: la possibilità di voltarsi verso il suo angolo per vedere papà Davde. Lui, invece, dovrà guardare verso l'alto.