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ROLAND GARROS

Gomez, non è mai troppo tardi. Neanche 30 anni dopo

La favola di Emilio Gomez: a 30 anni esatti dal successo di papà Andres, si qualifica per la prima volta per uno Slam. “E pensare che due anni fa mi ero praticamente ritirato”. Tra lacrime di gioia, i complimenti di papà e l'obiettivo Olimpiadi, la storia dell'ennesimo prodotto del college che emerge tra i professionisti.

Riccardo Bisti
26 settembre 2020

Emilio non era ancora nato, quando papà Andres vinceva il Roland Garros. Con un'improbabile polo griffata Isostar, una tattica aggressiva e le ansie di Agassi (aveva paura che gli cascasse il parrucchino...), Andres Gomez colse una delle più clamorose sorprese nella storia del tennis. Il destino ci mise del suo, sin da quando Ivan Lendl scelse di non giocare quel torneo per preparare al meglio Wimbledon. Chissà cos'ha pensato, Emilio Gomez, quando Dmitry Popko ha commesso l'ultimo doppio fallo in una Parigi fredda e piovosa, alle 19.30 di giovedì. Non ha neanche esultato, ma dentro di sé c'era un tumulto di emozioni. 30 anni esatti dopo il successo di papà, e reduce da una lunga carriera nelle retrovie, ha finalmente conquistato il tabellone principale di uno Slam. “Non ero ancora nato, ma ho visto la partita di mio padre contro Agassi, ho visto il matchpoint e come ha festeggiato. Oggi credo di aver provato la stessa emozione, sentivo come se avessi vinto”. In tanti tentativi, il numero 155 ATP si era sempre fermato alle porte del main draw. Aveva quasi rinunciato, poiché un paio d'anni fa era stato a un passo dal ritiro. E invece ha accresciuto la lista dei ricordi familiari sulle rive della Senna.

E pensare che si era svegliato con fastidiosi dolori alla schiena, che gli hanno impedito di muoversi al 100%. Le interruzioni per pioggia e l'umidità non gli hanno dato una mano. Tra l'altro, si era trovato in svantaggio 3-0 nel terzo set. Con intelligenza, si è aggrappato al suo tennis pieno di geometrie e ha rimontato, peraltro dopo aver annullato tre matchpoint. “Non credo che dormirò stanotte – ha detto a caldo – è stata una giornata durissima, non sapevo neanche se avrei terminato la partita. Però desideravo così tanto questa vittoria che a un certo punto mi sono dimenticato di avere dolore e ho dato tutto quello che avevo. Quando è stato detto jeu, set and match non ho neanche avuto una reazione, ero sconvolto. Ho abbracciato il mio coach (Raul Viver, storico capitano della Davis ecuadoriana), il mio ex preparatore atletico e un altro amico. Quando siamo entrati negli spogliatoi, ho iniziato a piangere come un bambino”.

"Qualcuno potrà dire che ho solo passato le qualificazioni, ma chi lo dice non ha un padre che ha vinto il Roland Garros. Non conoscono questo tipo di pressione"
Emilio Gomez
Roland Garros 1990: Andres Gomez sorprende Andre Agassi e vince il torneo

La commozione è stata ancora più intensa quando papà Andres gli ha mandato un messaggio di complimenti. “Ho già chiamato mia mamma, lei sapeva quanto ho sofferto per essere qui. Con mio padre parlerò quando sarò più lucido”. Oltre al valore simbolico, le imprese parigine gli permetteranno di entrare per la prima volta tra i top-150 ATP e intascare 60.000 euro. Niente male per un ragazzo che, travolto dal peso dell'eredità, è fuggito negli Stati Uniti per trovare la propria strada e identità. Ha frequentato l'Università della California del Sud, poi si è tuffato nel professionismo. Ma non è andata come sognava e sperava. Il punto più basso risale all'agosto 2018. Aveva deciso di smettere dopo un paio di tornei Futures in Ecuador.

Ero pronto ad appendere la racchetta al chiodo – racconta – mi sono detto che sarebbe stata la mia ultima chance. È finita che ho vinto entrambi i tornei, sia in singolare che in doppio. Allora ho chiamato i miei genitori, ringraziandoli per aver sempre creduto in me. Da quel momento in poi, non mi sono più guardato indietro. Ma se penso alla mia storia e alla strada che ho fatto, apprezzo ancora di più questo risultato”. Dopo il successo, ha pubblicato un eloquente post su Instagram: “Non è mai troppo tardi”. Adesso Gomez si sente nella terra di mezzo: non è più un ragazzino di 18-20 anni, quindi certi sogni sono scomparsi. Ma non è neanche così vecchio. “Forse potrei giocare fino a 35-36 anni, o forse smettere l'anno prossimo. Chi lo sa”.

Papà Andres ha trasmesso al figlio Emilio la passione per il tennis
Un mini-documentario dedicato a Emilio Gomez

Gomez mostra la sua intelligenza sul campo, prestando molta attenzione alle scelte tattiche. Però lo fa anche fuori, senza rinnegare l'eredità del padre. Sa che sarà sempre paragonato a lui. “Credo che la chiave sia abbracciare la pressione e goderne. Qualcuno potrà dire che ho solo passato le qualificazioni, ma chi lo dice non ha un padre che ha vinto il Roland Garros. Non conoscono questo tipo di pressione”. Sogna di giocare su un campo importante, il Suzanne Lenglen (che nel 1990 non c'era) o addirittura il Philippe Chatrier che esaltò il sogno del padre. Per adesso si dovrà accontentare di un campo meno prestigioso, visto che il sorteggio gli ha messo contro il nostro Lorenzo Sonego. Una partita difficile, certo, ma non impossibile. Il torinese ha vinto gli Assoluti a giugno, ma dalla ripresa del circuito internazionale non ha raccolto molto. E allora Emilio può sognare, anche perché aveva certe sensazioni già da qualche settimana.

Credo che sia giunto il momento, non ho dubbi” diceva alla stampa ecuadoriana dopo aver vinto un torneo di esibizione, in cui i migliori giocatori del suo Paese hanno sfidato i top-junior. “Abbiamo voluto dare ai giovani l'opportunità di sfidare i big, ai miei tempi non avevo avuto una possibilità del genere. Abbiamo messo in chiaro ai giovani che sono i nostri eredi e dovranno tenere vivo il gruppo che abbiamo creato, anche in Coppa Davis”. Il suo sogno è giocare le Olimpiadi di Tokyo 2021: difficilmente sarà ammesso di diritto, ma se dovesse migliorare in classifica potrebbe anche essere tra le otto wild card, anche considerando che l'Ecuador si è qualificato per le Davis Cup Finals, in cui gli andini se la vedranno con Spagna e Russia in un girone impossibile. Ma adesso c'è un sogno da vivere, nella Parigi che 30 anni fa ha fatto impazzire il piccolo Ecuador, quando lui non era ancora nel grembo della madre.