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CASO PENG

Effetto Streisand per Shuai Peng. Meno male 

I tentativi di censura ottengono l'effetto contrario: tutto il mondo parla di Shuai Peng. La cinese è comparsa in alcuni filmati, oltre alla videochiamata con i vertici CIO. Ma una foto di Thomas Bach con lo stesso Gaoli Zhang, risalente al 2016, riaccende sospetti e illazioni. Tanti attivisti temono che il CIO si stia prestando alla narrazione di Pechino.

Riccardo Bisti
23 novembre 2021

La foto è inquietante. L'ha diffusa su Twitter l'attivista Luke de Pulford. È stata scattata il 12 giugno 2016 e ritrae il presidente CIO Thomas Bach insieme a Gaoli Zhang, all'epoca vice-premier cinese e membro del Politburo. Circa un anno prima, superando per un soffio Almaty (Kazakhstan), la capitale cinese si era assicurata l'organizzazione dei Giochi Olimpici Invernali del 2022. Cinque anni dopo, a seguito della videochiamata tra Shuai Peng e lo stesso Bach, la foto potrebbe assumere un valore totalmente diverso. E mette in dubbio l'indipendenza del CIO nella questione sulla sicurezza della tennista cinese, finita nell'occhio del ciclone globale per le accuse allo stesso Zhang, il quale l'avrebbe spinta a fare sesso nella sua abitazione circa tre anni fa, dando il là a una relazione puramente fisica. Le accuse, pubblicate su Weibo, sono rimaste online per 34 minuti, ma tanto è bastato per creare un caso internazionale. Si è sviluppato un tipico caso di Effetto Streisand, ovvero la diffusione a macchia d'olio di una vicenda che qualcuno cerca di censurare... proprio grazie ai tentativi di censura. 

Si pensava che il CIO potesse essere una fonte sufficientemente indipendente, ma alcuni analisti sostengono che stia diventando complice della propaganda di Pechino. “È credibile che Shuai stia bene fisicamente – ha detto Maya Wang, ricercatrice di Human Rights Watch – ma i filmati che hanno mostrato non sono rassicuranti sulla sua libertà. Non sappiamo se sia in grado di comunicare senza censura e coercizione. Si tratta di una narrativa controllata dallo Stato. Soltanto il governo e i suoi media affiliati stanno distribuendo contenuti sulla Peng, ma il governo cinese ha una lunga storia di persone fatte scomparire e poi mostrate in video per mostrare che stanno bene, quando in realtà non è così. Per questo dovremmo essere preoccupati”. Dopo la sollevazione internazionale, in cui l'hashtag #WhereIsPengShuai ha spopolato su Twitter, sono comparsi foto e filmati della giocatrice presso un torneo giovanile, e poi in un ristorante. C'erano continui riferimenti alle data, ma lei non apriva mai bocca. Manca totalmente la sua voce. In Cina non ne parla nessuno, salvo il caporedattore del Global Times (altro media gestito dallo stato). “Nessuno può mostrare un sorriso così solare se si trova sotto pressione”.

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"Ho vinto a qualsiasi livello, ma mi manca ancora un obiettivo. Spero di raggiungerlo l'anno prossimo"
Alexander Zverev

Il presidente del CIO Thomas Bach in compagnia di Gaoli Zhang nel 2016

Lv Pin è un'altra attivista che oggi vive negli Stati Uniti. A suo dire, la preoccupazione è più che giustificata. “Lo stato ha un enorme controllo su Shuai Peng, in misura sufficiente per farla collaborare e diventare un'attrice. Come è già successo in passato, molti dissidenti sono stati costretti a comparire in TV e far sembrare reali le loro apparizioni”. E menziona gli avvocati cinesi per i diritti umani e i librai di Hong Kong. Per adesso, la Peng non è ancora comparsa sulla TV di Stato CCTV, forse perché mostrarla al mondo sarebbe in contrasto con la censura interna. C'è poi la questione della videochiamata con Bach: in Cina non l'hanno mostrata, e lo stesso CIO si è limitato a una foto e un breve articolo. E la conversazione è avvenuta alla presenza di Li Lingwei, politico sportivo che aveva ruoli dirigenziali nel mondo dello tennis cinese. Conosce la Peng da molti anni e oggi è membro del CIO. Insomma, troppi tasselli sono fuori posto per pensare che il puzzle della sicurezza di Shuai Peng sia in ordine.

Il caso della cinese ci riguarda perché si tratta di una valida tennista, ma la sua risonanza accende riflessioni molto più ampie. Basti pensare alle prime pagine sull'Equipe e Marca di qualche giorno fa, e al fatto che abbia trovato spazio sui media generalisti. Persino il Televideo l'ha inserita tra le notizie di cronaca estera. La politica interna cinese è ben nota: lo Stato ha un ruolo prominente nella vita di tutti i giorni. Il caso della Peng sembra evidenziare che certe regole non possono essere intaccate nemmeno da un'atleta famosissima, che peraltro aveva già svolto (e vinto) le sue battaglie. Non tutti sanno che da ragazzina aveva lottato con i funzionari del tennis cinese per avere maggiore indipendenza nella gestione della sua carriera. “Ha sempre avuto una forte personalità: ho assistito personalmente alle sue battaglie con chi deteneva l'autorità del tennis in Cina” ha detto Terry Rhoads, che l'ha rappresentata per dieci anni con l'agenzia Zou Sports (fino al 2014).

Shuai Peng non partecipa a tornei internazionali dal febbraio 2020

Uno dei filmati pubblicati qualche giorno fa: Shuai Peng non apre bocca, ma si limita ad annuire a tutto quello che dice il suo interlocutore

Al pari di Na Li, altra ribelle, la Peng è cresciuta in un contesto in cui i funzionari stabilivano con chi poteva allenarsi, quali tornei doveva giocare e quanti soldi potesse tenere per sé. Shuai aveva 13 anni quando è entrata nel sistema sportivo cinese, di stampo sovietico, il cui obiettivo è creare atleti competitivi a livello Olimpico. A metà degli anni 2000 si è ribellata, stabilendo che non avrebbe versato nelle casse dello Stato più della metà dei suoi guadagni. Insieme a tre giocatrici si ribellò al sistema, minacciando di ritirarsi. “Ma chi si crede di essere, la Sharapova?” fu la replica di alcuni ufficiali cinesi. E pensare che Shuai aveva battuto proprio la russa, al Tennis Club Ambrosiano di Milano, nella finale del torneo dell'Avvenire nel 2001. Il tempo le ha dato ragione: ha vinto tre Slam in doppio, e in singolare è arrivata ad essere numero 14 WTA, nonché semifinalista allo Us Open. Questi successi l'hanno portata a essere soprannominata “Principessa di Cina” e “Fiore d'oro dello sport cinese”.

Gli ufficiali avranno apprezzato alcune sue dichiarazioni del 2013, quando – dopo aver vinto Wimbledon insieme a Su-Wei Hsieh – disse candidamente che Taiwan non esiste. E lo fece davanti alla sua compagna, proveniente proprio da lì, mettendola in forte imbarazzo. Lo stesso imbarazzo che nel 2017 provarono Alison Van Uytvanck e il suo coach Alain De Vos, i quali la denunciarono addirittura all'organo anti-corruzione per uno stalking che le costò tre mesi di squalifica. In sintesi, la Peng voleva giocare il doppio a Wimbledon con Sania Mirza e chiese alla belga di farsi da parte, offrendole in cambio il prize money di primo turno. La faccenda creò una viva polemica tra le due, con versioni diametralmete opposte. La Peng scelse Weibo per raccontare la sua. Lo stesso Weibo che ha segnato il suo destino qualche settimana fa, con la scelta di denunciare una storiaccia riguardante uno degli uomini più influenti del Paese. Una scelta che ha pagato caro. E che forse sta pagando ancora.