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La storia maledetta della "Racchetta Spaghetti"

Uno dei telai più iconici della storia fu vietato in fretta e furia dopo che Guillermo Vilas si ritirò durante un match contro Ilie Nastase. “Non ho perso contro un giocatore, ma contro una racchetta”. Una storia breve e affascinante: hanno provato a realizzarci un documentario, ma non ce l'hanno fatta.

Riccardo Bisti
3 ottobre 2023

L'ordinanza arrivò in fretta e furia, urgente come un Decreto Legge. “La Federazione Internazionale proibisce temporaneamente l'utilizzo di una racchetta con doppia incordatura e ogni tipo di attrezzo che abbia qualsiasi dispositivo nel suo piatto corde”. Era il 3 ottobre 1977 ed era l'unico modo per impedire che i buoi uscissero dalla stalla regolamentare. Il giorno prima, Guillermo Vilas si era ritirato durante la finale del torneo di Aix-en-Provence, Costa Azzurra. Aveva perso i primi due set contro Ilie Nastase (6-1 7-5), ma non abbandonò per un problema fisico. Era furioso perché il suo avversario stava utilizzando una racchetta irregolare. L'avevano chiamata Spaghetti Racquet e per qualche mese monopolizzò il mondo del tennis. Una storia affascinante, terminata nell'unico modo possibile: messa al bando. Ci vollero circa dieci mesi affinché il decreto diventasse definitivo: il 18 luglio 1978, l'Assemblea Generale ITF (tenutasi a Barcellona) ratificò il provvedimento d'urgenza e impedì a un orticoltore tedesco di diventare straricco. Il suo nome era Werner Fischer e fu il padre di una storia breve ma curiosa, figlia di quel decennio un po' folle che sono stati gli anni '70.

Fischer era un fanatico di tennis e giocava per un circolo della sua città, il TC Grun-Weiss Vilsbiburg. Al principio degli anni '70 si inventò una racchetta rivoluzionaria. O meglio, si inventò uno strambo sistema di incordatura. Difficile spiegarlo a parole: schema a 36 corde verticali e appena 5 orizzontali, e ciascuna corda era raddoppiata. Nastro adesivo e tubi di plastica tenevano tutto insieme. L'estetica era orribile, ma sul campo i benefici erano innegabili. Il giocatore aveva la sensazione che la palla fosse colpita due volte, generando effetti incontrollabili per l'avversario. Utilizzandola per sé e distribuendola ai suoi compagni, Fischer riuscì a portare il suo piccolo club in Bundesliga, massima serie dei campionati a squadre tedeschi. Ottenne una certa popolarità in patria, fino a essere ospitato addirittura dalla TV nazionale. Bastarono pochi mesi e la racchetta spaghetti ottenne il record di soprannomi, sia denigratori ("Fliegenklatsche", "Vilsbiburger Keule", "Softpatsche", "Fischerpatsche", "Matratze") che ammirati ( "Wunderwaffe" e "Wunderschläger"). Fischer sperava di crearci un business: per riuscirci, avrebbe dovuto trovare un testimonial di prestigio.

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Lo sapevi che...

Qualche anno fa, il fotoreporter Hassan Amini si era appassionato alla vicenda della Spaghetti Racket. Nel 2020 ha avuto l'idea di realizzare un documentario. Riuscì a rintracciare Werner Fischer, oggi ultra-ottantenne, e realizzò un bel lavoro, attirando addirittura l'interesse della BBC. Ma i costi dei diritti d'archivio erano troppo elevati, così ha lanciato una campagna di crowfunding. Chiese una cifra intorno ai 90.000 euro, ma ne raccolse appena 10.000. Il progetto, dunque, non è andato a buon fine. Sul web è rimasto giusto qualche spezzone, come il video che vi mostriamo qui sopra.

Era il novembre 1976 quando approfittò di un torneo internazionale a Colonia, a 500 km da casa. Ci provò con le prime due teste di serie: Jimmy Connors e Harold Solomon. Il primo – fedele alla Wilson T2000 – non ne volle sapere. Il secondo sembrava interessato, ma lasciò perdere perché aveva paura di infortuni. Riuscì a convincere soltanto alcuni giocatori di secondo piano: un gruppo di francesi (Eric Deblicker, Georges Goven e Cristophe Roger Vasselin), oltre all'australiano Barry Philips-Moore. Qui la storia diventa leggenda: l'americano Michael Fishbach vide quella strana racchetta tra le mani di Philips-Moore e gli chiese di poterci dare un'occhiata. Niente da fare. Il destino, tuttavia, gli diede una mano: si narra che ne abbia notato un esemplare, esposto nella vetrina di un negozio di fotografia a Gstaad, in Svizzera. Il telaio non era in vendita, ma gli permisero di analizzarlo. Al rientro a casa, si chiuse in cantina insieme al fratello. 30 ore di lavoro furono sufficienti a creare una racchetta artigianale grazie a nylon, tubi di plastica e nastri adesivi.

Si presentò allo Us Open e giocò il torneo della vita, piazzandosi negli ottavi dopo aver superato le qualificazioni, peraltro con una netta vittoria su Stan Smith. Per poco non batteva John Feaver, il quale descrisse così l'esperienza: “Quando le corde impattano la palla non si sente niente, mentre è in volo sembra un uovo impazzito e rimbalza da tutte le parti”. Era scoppiata una sorta di Spaghetti Mania, al punto che persino Sports Illustrated e il New York Times vi dedicarono alcuni articoli. Tra le vittime di quella racchetta ci fu anche Ilie Nastase. Nella settimana successiva allo Us Open, perse contro Georges Goven e si infuriò. “Non utilizzerò mai una racchetta del genere, perché andrei contro la mia dignità”. Ma il buon vecchio Ilie ama bluffare. Era capace di presentarsi in campo con un gatto nero per intimorire gli avversari più superstiziosi, figurarsi se si fosse fatto problemi per una racchetta a doppia incordatura. Cambiò idea in fretta e chiamò Fischer per farsi preparare un attrezzo in vista del torneo di Aix-en-Provence.

Col suo curioso schema d'incordatura, la racchetta spaghetti generava rotazioni incontrollabili per gli avversari

Georges Goven è ancora in possesso di un paio di racchette dell'epoca

Il tedesco pensò che fosse la svolta: preparò una Head in alluminio e la portò personalmente in Costa Azzurra. Sul campo, la faccenda era divetata insostenibile: tre dei quattro semifinalisti utilizzavano la Racchetta Spaghetti, certificandone l'innegabile vantaggio rispetto ai telai tradizionali: Nastase, Goven e Deblicker. Il quarto era il giocatore del momento, Guillermo Vilas, reduce dal trionfo allo Us Open e imbattuto da tempo immemore sulla terra battuta. Lottò cinque set per battere Goven, poi ci fu lo scatto d'ira in finale. “Non ho perso contro un giocatore, ma contro una racchetta” tuonò. Quella sconfitta interruppe una striscia vincente di 46 partite sul mattone tritato. Dopo quella parentesi (e la messa al bando della Racchetta Spaghetti) ne avrebbe vinte altre 29. E allora è legittimo domandarsi fino a dove si sarebbe spinto senza quella trovata (che lui stesso utilizzava, ma soltanto in allenamento). E magari per Rafael Nadal sarebbe stato più difficile battere il suo record (numeri alla mano, ce l'avrebbe fatta comunque: 81 vittorie “rosse” di fila tra il 2005 e il 2007). Fu un altro schiaffo del destino al Poeta della Pampa, che sempre in quel 1977 si vide negare la leadership ATP. Nemmeno il commovente lavoro posticcio del giornalista Eduardo Puppo sarebbe servito a dargli giustizia.

E la Racchetta Spaghetti? Velocemente come si era diffusa, altrettanto velocemente sparì. La messa al bando ITF spedì Fischer nella più cupa disperazione: aveva preparato circa 2.000 telai, pronti alla commercializzazione. Sarebbe diventato miliardario, anche perché alcuni brand di racchette si erano interessati al modello (Prince, Donnay, Gauthier, Lacoste, persino Adidas). “Se solo il divieto fosse arrivato un anno dopo...” sussurrò, prima di entrare in depressione e avere più di un problema economico. Ma non c'era niente da fare, anche perché arrivò la pietra tombale: una perizia dell'Università di Brunswich dimostrò che la palla rimaneva troppo tempo sul telaio, come se fosse stata colpita due volte. “E questo è contrario allo spirito del gioco”. A quel punto era inutile anche soltanto chiedere il brevetto, poiché la Spaghetti Racquet era diventata un oggetto da collezione, da museo del tennis. Georges Goven (che sarebbe stato capitano della BJK Cup francese) ne conserva ancora un paio di telai, ma non è impossibile trovare ancora qualche esemplare in giro per il mondo. Se cercate su Ebay si trova qualcosa, peraltro a prezzi non inaccessibili. Su un altro sito, si possono addirittura fare offerte libere. Povero Fischer, nemmeno la soddisfazione di vedere la sua creatura in vendita a prezzi esorbitanti. Chissà se in questa storia ci ha rimesso più lui o Guillermo Vilas. Forse dovrebbero incontrarsi.