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CASO DJOKOVIC

Il tribunale delle opinioni ha condannato Djokovic. E i fatti?

L'esenzione medica concessa a Novak Djokovic per partecipare all'Australian Open ha scatenato una vivace isteria collettiva. Chiunque ha espresso la propria opinione. Ma si tratta, appunto, di opinioni. Prima di arrivare a pesanti condanne morali, è opportuno osservare i fatti.

Riccardo Bisti
5 gennaio 2022

Uno dei princìpi cardine del giornalismo è una corretta separazione tra fatti e opinioni. Da qualche decennio, tuttavia, si assiste a una pericolosa deriva. Troppo spesso, i fatti hanno lasciato spazio alle opinioni. Sono quelle a contare, a formare l'opinione pubblica. Sta accadendo anche nel caso di Novak Djokovic: il serbo potrà partecipare all'Australian Open in virtù di un'esenzione concessagli per aver soddisfatto le linee guida dell'Australian Technical Advisory Group on Immunization (ATAGI). Ne ha dato notizia lo stesso Djokovic con un messaggio social, pubblicato a mezzogiorno di martedì, corredato da una foto che lo ritrae, sorridente, nella pista di un aeroporto. Da allora è stato vittima di una mitragliata mediatica che lo etichetta come impostore, truffatore, un furbetto incapace di rispettare le regole per interessi personali e l'egoismo – unito all'arroganza – di chi sfrutta il proprio status per ottenere privilegi negati ad altri. Abbiamo letto di tutto, dalle reazioni di pancia degli australiani (comprensibilmente sfibrati dalle restrizioni che hanno dovuto sopportare negli ultimi due anni) all'immenso tribunale morale dei social media. Chiunque si è sentito in diritto di dire la sua, dal semplice appassionato fino a personaggi che sono stati investiti da inattesa popolarità durante la pandemia, come Roberto Burioni e Nino Cartabellotta. Come è noto, nel rispetto delle norme locali, l'Australian Open ha stabilito l'obbligo vaccinale per ogni atleta (salvo esenzioni, comunicate nel dettaglio diverse settimane fa).

Viste alcune esternazioni passate di Djokovic, e la riluttanza a rivelare il suo stato vaccinale, il 2+2 è stato automatico: “Novak Djokovic non è vaccinato. Però è il numero 1 del mondo, dunque ha sfruttato la sua posizione per ottenere un privilegio e sputacchiare sulle regole”. Conclusione: bang bang bang, giustizialismo da tastiera. “Vergogna Djokovic”, “Per il campione le regole COVID non valgono”, “Così non si fa”, “La furbata no vax” “Tutti sono uguali, ma Nole è più uguale di tutti”, “Lo smash No Vax di Djokovic sui diritti altrui” sono solo alcuni dei titoli pubblicati in queste ore. Qualcuno ha già invocato un'immediata revoca dell'esenzione, altri auspicano che gli avversari si rifiutino di affrontarlo. Titoli e frasi dettati da opinioni. Legittime, ma pur sempre opinioni. Per adesso, i fatti (almeno quelli a disposizione fino a ora) invitano alla prudenza. E noi ci atteniamo a quelli, pur condividendo l'invito di Tennis Australia e del Governo del Victoria, già formalizzato: sarebbe opportuno che Djokovic spiegasse, nel dettaglio e con la dovuta trasparenza, le ragioni di questa esenzione. Non è tenuto a farlo, ma trincerarsi dietro al filo spinato della privacy è decisamente inopportuno, oltre a causargli gravi danni d'immagine. Il bang bang bang delle ultime 24 ore ne è la prova. Il serbo è troppo famoso, troppo esposto, troppo importante per limitarsi a scrivere sui social che potrà partecipare al torneo in virtù di un'esenzione, senza spiegare perché. Ma i fatti disponibili fino a ora non giustificano la sparatoria virtuale.

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«Gli esaminatori non sapevano nemmeno se le richieste fossero di giocatori o di membri dei vari staff. La documentazione era completamente anonima: erano oscurati anche il Paese di provenienza e l'età del richiedente, salvi i casi in cui era un dettaglio importante» 
Carolyn Broderyck, responsabile medico di Tennis Australia

Il post con cui Novak Djokovic ha annunciato la sua presenza all'Australian Open

Da tempo, l'Australian Open ha condiviso le linee guida dell'ATAGI, che ha individuato una serie di ragioni secondo cui il programma sanitario nazionale può garantire un'esenzione temporanea dal programma di vaccinazione nel territorio australiano nel gennaio 2022. Vale la pena riportarle.
1) (Valida solo per i vaccini mRNA): Aver sofferto negli ultimi tre mesi di una malattia cardiaca infiammatoria. Miocardite, pericardite, febbre reumatica, cardiopatia reumatica acuta, insufficienza cardiaca acuta scompensata.
2) Essere vittima di una grave condizione medica acuta, che ha comportato – per esempio – un importante intervento chirurgico. In questo caso è necessario esibire il rapporto del chirurgo e quello di dimissione dall'ospedale.
3) Essere risultato positivo al COVID dopo l'1 agosto 2021. Questa condizione può ritardare il vaccino fino a sei mesi dopo l'infezione.
4) Aver subito gravi conseguenze fisiche dopo una precedente dose di vaccino, senza altre cause apparenti e in assenza di alternative.
5) Rappresentare un rischio per sé e per gli altri durante il processo di vaccinazione. Per esempio, disabilità fisica e mentale.
È chiaro che alcuni punti sono impossibili da associare a Djokovic. Il più verosimile sembra il terzo, anche se il serbo aveva già contratto il COVID nell'estate 2020, a seguito del discusso Adria Tour (esibizione giocata nel rispetto delle leggi locali, erroneamente permissive, che poi si rivelò un focolaio). Tuttavia, ci sono diversi casi di positività ripetute. Anche nel tennis: Benoit Paire, per esempio, si è lamentato di essere risultato positivo per 250 volte. Qualche piccolo indizio sembra spingere in questa direzione. Per esempio, Djokovic non ha giocato per quasi due mesi, dalla finale dello Us Open (12 settembre) al primo turno di Parigi Bercy (2 novembre). 51 giorni di stop che lo hanno spinto a saltare un evento importante come Indian Wells. In quel periodo non ha effettuato apparizioni pubbliche, restando in silenzio su Instagram dal 13 settembre al 31 ottobre, e limitandosi a qualche tweet di servizio, senza mai mostrarsi.

È poi opportuno valutare la correttezza del processo che lo ha portato a ottenere l'esenzione. In un comunicato ufficiale, Tennis Australia ha spiegato che l'iter prevedeva due passaggi. Le richieste di esenzione medica (ne hanno ricevute 26, pare ne siano state accolte cinque) sono state esaminate dal Dipartimento della Salute del Victoria secondo le linee guida ATAGI. Dopodiché, sono state inviate a un altro team medico, stabilito dal governo, denominato Independent Medical Exemption Review Panel. L'unico modo per ottenere l'agognata esenzione, dunque, è il superamento dei due scogli medici. “Non commento il caso specifico, ma posso dire che la maggior parte delle richieste di esenzione sono arrivate da chi ha avuto il COVID di recente – ha spiegato Carolyn Broderyck, responsabile medico di Tennis Australia – è normale, vista la diffusione della variante omicron”. Ha poi spiegato che gli esaminatori non hanno avuto contatti con i medici dei Paesi da cui provenivano le richieste. “In alcuni casi hanno richiesto ulteriori informazioni, ma non ci sono stati contatti diretti. Osservavano i sigilli ufficiali sui documenti, ma non facevano attività di intelligence. Alcuni documenti erano formali rapporti di laboratorio”. La Broderyck ha sottolineato ancora una volta la piena correttezza e integrità del processo, anche perché avevano ipotizzato di trovarsi in una situazione del genere. “Per questo abbiano nominato esperti di immunologia, malattie infettive e medicina generale. Gli esaminatori non sapevano nemmeno se le richieste fossero di giocatori o di membri dei vari staff. La documentazione era completamente anonima: erano oscurati anche il Paese di provenienza e l'età del richiedente, salvi i casi in cui era un dettaglio importante”. Soltanto dopo la decisione, i nomi degli esentati sono stati svelati perché dovevano essere inseriti nell'Australian Immunization Register. In sintesi, il processo sarebbe stato questo: una volta ricevute le 26 richieste, una prima commissione le ha valutate. Dopodiché, sono state inviate a una seconda commissione, chiamata a decidere sull'eventuale via libera. Nessuna delle due conosceva l'identità dei richiedenti.

Novak Djokovic ha vinto per 9 volte l'Australian Open. Soltanto Rafael Nadal a Parigi ha fatto meglio di lui in un singolo Slam

L'esenzione concessa a Novak Djokovic sta monopolizzando le TV australiane

Qualsiasi altra ricostruzione – in questo momento – è pura supposizione. Come sempre, Craig Tiley (direttore del torneo) ci ha messo la faccia. “Non c'è stato alcun trattamento di favore – ha detto – chi non ha rispettato le linee guida ha visto respingersi la richiesta. Molti non lo hanno fatto, ma se una richiesta rispettava i requisiti... posso aggiungere che siamo andati oltre i normali requisiti australiani per garantire l'ingresso nel Paese ai non vaccinati. Il processo è stato molto chiaro, anche se comprendiamo chi è sconvolto, specie dopo alcune affermazioni passate di Djokovic. Detto questo, sarà lui a dover eventualmente spiegare perché ha ottenuto l'esenzione”.
Questi sono i fatti, almeno quelli disponibili fino a ora.
Vale la pena, oggi più che mai, ricordare le passate affermazioni di Djokovic sulla vaccinazione. Le frasi che gli hanno appiccicato l'etichetta di No Vax risalgono all'aprile 2020, a inizio pandemia. Mentre trascorreva in Spagna il periodo di lockdown, ha partecipato a una chat pubblica su Facebook in cui ha dichiarato: “Personalmente sono contrario al vaccino e non vorrei essere forzato a farne uno per avere la possibilità di viaggiare. Ma quando diventerà obbligatorio, cosa accadrà? Dovrei decidere. Ho le mie idee in merito, e non so se prima o poi queste idee cambieranno”. Tali frasi destarono un certo scalpore, spingendolo a pubblicare un comunicato stampa in cui spiegava di non essere contrario ai vaccini in generale, ma di nutrire perplessità su quelli legati al COVID. All'epoca erano ancora in fase di sviluppo ma si era ipotizzato che fossero necessari per viaggiare.

“Non sono informato, ma vorrei avere la possibilità di decidere la cosa migliore per il mio fisico. Mantengo un pensiero aperto e farò tutte le analisi del caso su questo argomento, perché è importante e avrà conseguenze su tutti noi. A essere sincero, sono un po' confuso come tutti. A parte l'accesso a dati e risorse, non ho sciolto i miei dubbi su quale sarà la cosa giusta da fare”. Il serbo è tornato sull'argomento quattro mesi dopo, in un'intervista con Cristopher Clarey per il New York Times. Ecco le sue parole di allora. “In realtà i media hanno estrapolato la mia frase dal contesto, sostenendo che sono contrario a qualsiasi tipo di vaccino. Il mio problema è se sono obbligato a iniettarmi qualcosa. Questo non mi piace, è inaccettabile. Non sono contrario in assoluto ai vaccini, anche perché non sono nessuno per parlarne. Tanti medici hanno salvato vite in tutto il mondo. Sono convinto che ci siano ottimi vaccini, con pochi effetti collaterali, i quali hanno fermato la diffusione di alcune malattie”. Nella stessa intervista, Djokovic manifestò perplessità sull'efficacia assoluta dei vaccini COVID perché – a suo dire – il virus avrebbe potuto essere oggetto di una continua evoluzione. Su questo punto, i fatti gli hanno dato ragione, vista la progressiva perdita di efficacia contro l'infezione. Da allora, si è rifiutato di esprimersi sul merito. Soltanto un paio di mesi fa aveva espresso il suo disappunto su un certo tipo di giornalismo, salvo poi ribadire la sua nota posizione sulla libertà di scelta.
Rimane la questione legata all'Australian Open, più che mai intricata. Da un lato non c'è stata la necessaria trasparenza di Nole, dall'altra un'informazione che non ha fornito tutti gli strumenti adeguati per formarsi un'idea. Noi ci abbiamo provato, limitandoci ai fatti.
Per noi, contano più delle opinioni.
E se i fatti dimostreranno che Djokovic ha effettivamente violato una regola o fatto il furbetto per il suo interesse, saremo i primi condannarlo.