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LA STORIA

Il tennista DJ che ha rischiato di morire

L'incredibile vicenda di Alexander Ritschard: un'arteria intasata non riusciva a a far affluire il sangue al braccio destro. “Sono stato a 5 minuti dall'amputazione”. Gli hanno salvato il braccio, ma nel frattempo si era costruito una carriera come deejay e produttore. Oggi è tornato a giocare per la Svizzera e punta deciso ai top-100 ATP.

Riccardo Bisti
18 aprile 2023

“Cosa avresti fatto se non fossi diventato un tennista?”. Abbiamo letto e ascoltato questa domanda mille volte, ma nessuno avrebbe una risposta chiara come Alexander Ritschard. Numero 209 ATP, lo svizzero sta timidamente mettendo il naso nel tennis che conta. Ha vinto il suo primo Challenger ad Amburgo e si è qualificato a Wimbledon e Us Open, togliendosi lo sfizio di affrontare Stefanos Tsitsipas e Felix Auger-Aliassime. Ha compiuto 29 anni da un mesetto e benedice il tennis attuale, che permette di ottenere buoni risultati anche in età avanzata. È un buon tennista, ma – se vi va – potete chiamarlo anche Lost Ray, pseudonimo che usa nelle vesti di deejay e produttore. Quando ha rischiato di smettere con il tennis per un gravissimo problema a un braccio, che è stato a un passo dall'amputazione, si era inventato una carriera nella musica. Studiava arte presso l'Università della Virginia: quando aveva sdoganato l'idea di chudere col tennis si è messo in società con un compagno di college, e per un anno ha preso a mettere i dischi dappertutto. “Siamo diventati piuttosto noti: suonavamo nei night club, nei festival, producendo musica elettronica o dance, a volte hype o techno.

Ero entrato nella rabbit hole”. Che non è la buca di un coniglio, ma un modo di dire che rappresenta un interesse talmente grande da volerlo approfondire sempre di più. Una sorta di fissazione, insomma. Non tutti sanno che la passione gli è rimasta e che è ancora attivo come produttore e DJ, sia pure nel rispetto delle giuste priorità: oggi la racchetta da tennis viene prima della console. Le sue ultime produzioni risalgono alla scorsa estate e, se vi va, potete ascoltare tutto su Spotify. “Una delle mie canzoni è stata cliccata quasi 15.000 volte su Spotify” ha detto con orgoglio. Oggi le canzoni ad aver superato quella soglia sono due (Respec e Raindrop) e chissà che dopo il tennis non possa tornare a fare sul serio. Ma il tennista-deejay è anche molto altro, a partire da un problema congenito che lo ha portato – parole sue – a cinque minuti dall'amputazione del braccio destro. Il dramma non sarebbe stato solo tennistico, ma totale. Figlio di un ex professionista (papà Hans è stato numero 390 ATP negli anni '80) e di Heidi, una ballerina americana, Ritschard è nato a Zurigo e ha sempre avuto il doppio passaporto.

«I medici dissero che dovevano prendere una decisione entro cinque minuti sull'amputazione del braccio, perché l'arteria non si stava aprendo» 
Alexander Ritschard

Ritschard racconta la sua passione per la musica e svela le tre cose da non perdere in Svizzera

Quando aveva 12 anni lo hanno spedito ad allenarsi in diverse accademie americane, poi è tornato in Svizzera. Giusto il tempo di farsi notare in occasione di una tappa del Senior Tour presso la Saalsporthalle di Zurigo. C'erano Sampras, Lendl, Edberg... e un torneo junior a corredo, in cui fece una gran bella figura. Come se non bastasse, vinse il titolo svizzero Under 18. Dopo il diploma è tornato negli Stati Uniti e ha dato una grossa mano ai Virginia Cavaliers, con i quali ha vinto per tre volte di fila il titolo NCAA (dal 2015 al 2017). Un anno rimase quasi imbattuto in doppio, vincendo 25 partite su 26 in coppia con Thai-Son Kwiatkowski. Il percorso sembrava segnato: tennis e studi con finestra sul professionismo, come fanno sempre più giocatori. Ma un giorno di una decina d'anni fa è cambiato tutto. “Mentre mi trovavo in palestra ho sentito come una puntura alla spalla destra – racconta – pensai che si fosse stirato un muscolo. Invece si era intasata l'arteria e non c'era più flusso di sangue al braccio”. Una doccia gelata che poteva avere risvolti tragici. Fino ad allora non aveva avuto particolari segnali, salvo l'incapacità di allungare perfettamento il braccio destro sopra la testa. Ma poteva giocare a tennis, quindi... “Il problema era a una costola, che bloccava l'arteria principale e creava una trombosi: il mio braccio stava marcendo.

Posso dire quello che hanno riferito i medici: dissero che dovevano prendere una decisione entro cinque minuti sull'amputazione del braccio, perché l'arteria non si stava aprendo. Per fortuna ce l'hanno fatta e il sangue ha ripreso a scorrere”. Gli hanno messo uno stent (un tubicino in rete metallica che permette all'arteria di far affluire il sangue) che è ancora lì, al suo posto. Miracoli della medicina. “È stato un dramma, il dottore mi ha detto che stavano per tagliarmi il braccio perchè altrimenti avrei rischiato di morire. A quanto pare, sono stato fortunato”. Ma non è finita qui: Ritschard si è dovuto sottoporre ad altre due operazioni. Una per risolvere il problema alla costola (che era troppo stretta), un'altra per drenare il sangue fuori dai polmoni, laddove si era depositato perché non riusciva ad arrivare al braccio. Ritrovata la salute, si è domandato se valesse la pena continuare con il tennis. “Non riuscivo ad allenarmi per più di 90 minuti... come avrei potuto diventare un professionista allenandomi così poco? Lo dissi anche ai miei genitori, poi ho pensato che fino ad allora avevo investito tanto sulla mia carriera... era un po' troppo presto per arrendersi”. Una volta intascata la laurea, ha deciso di provarci. Una crescita lenta e costante in un periodo per il quale ha giocato negli Stati Uniti. Se osservate i tabelloni dei tornei tra il 2017 e il 2021, accanto al suo nome troverete la sigla USA.

Appena ha ripreso a giocare per la Svizzera, Alexander Ritschard è entrato nel giro della Coppa Davis

Ritschard racconta il suo primo titolo Challenger. In finale, Henri Laaksonen si è ritirato prima di fronteggiare il matchpoint...

“Per la verità non volevo cambiare – racconta – mi sono sempre sentito più svizzero che americano, ma il mio capitano Brian Boland mi chiese di giocare per gli USA. Mi mise una certa pressione, mi fidavo di lui perché avevo passato quattro anni fantastici a Charlottesville. Poi ho capito che non era la decisione giusta e lui non era la persona che pensavo”. Ritschard non aggiunge altro, salvo dire che non ha più contatti con il suo ex capitano. Nel 2022 ha ripreso a giocare per la Svizzera ed è rapidamente entrato nel giro della Coppa Davis. Lo scorso settembre ha anche vinto la sua prima partita, in Ecuador. Da un paio d'anni ha cambiato staff, ed è cambiato qualcosa dentro di lui. “Il mio nuovo coach ha migliorato la mia professionalità, dandomi una nuova prospettiva di vita. Niente di clamoroso, ma sa farmi vedere le cose da una giusta angolazione”. Lui è Juan Ramirez, tecnico colombiano di appena 31 anni. Aveva frequentato il college e provato a fare il professionista, ma non ce l'aveva fatta. Così si è trovato a fare l'istruttore negli hotel di Dubai quando ha conosciuto il padre di Richard, in vacanza negli Emirati.

ha raccontato del figlio, delle sue esperienze... e così c'è stata qualche settimana di prova. È andata talmente bene che nel novembre del 2021 gli hanno offerto un lavoro a tempo pieno. “Io sono molto impaziente – dice Ritschard - mentre Juan mi ha insegnato a ragionare sul lungo termine, aiutandomi nell'organizzazione fuori dal campo”. La nuova consapevolezza gli ha permesso di salire al numero 163 ATP e di misurarsi anche nel circuito maggiore. Oggi esordirà a Monaco di Baviera contro Jan-Lennard Struff (reduce dai quarti a Monte-Carlo), in quello che sarà il suo terzo main draw ATP dopo Gstaad 2022 e Marsiglia 2023. Lui è convinto di poter mettere il naso tra i top-100. Possibile, visto il modo in cui ha scippato un set a Tsitsipas a Londra e ad Auger-Aliassime a New York. Ma se anche non dovesse farcela, può sorridere per il pericolo scampato. E ha già un lavoro pronto, sotto lo pseudonimo di Lost Ray. Ecco, magari dovrà continuare ad andare in giro senza restare bloccato nella sua casa di Rüschlikon, sul Lago di Zurigo, laddove è quasi vicino di casa di Marc-Andrea Huesler. Non crediamo sarebbe un grosso problema, specie quando hai la certezza di essere un miracolato. E Aleaxander Ritschard lo è.