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IL CASO

La Guerra Fredda esiste ancora. A suon di dispetti

Anastasia Pavlyuchenkova non ha potuto giocare a Cincinnati perché è ancora in attesa del visto d'ingresso per gli Stati Uniti. Da qualche anno gli atleti russi hanno grosse difficoltà a entrare negli States. E secondo qualcuno è colpa degli americani se Medvedev ha giocato male alle Olimpiadi...

Riccardo Bisti
18 agosto 2021

Il giorno di Natale saranno trascorsi 30 anni dalla nascita della Federazione Russa, frutto dello sgretolamento dell'ex Unione Sovietica in quindici stati post-sovietici. Fu una dissoluzione durata qualche anno, mai del tutto digerita dal popolo, che peraltro si espresse per il “no” a un referendum popolare. Fu una delle conseguenze della fine della Guerra Fredda con gli Stati Uniti, ma a distanza di anni la diffidenza tra i due popoli è ancora evidente. Due anni dopo Svetlana Kuznetsova, un'altra giocatrice russa è costretta a saltare un torneo americano per ragioni burocratiche: a poche ore dal Western & Southern Open di Cincinnati, Anastasia Pavlyuchenkova ha annunciato il forfait perché priva di un regolare visto d'ingresso. “Spero di ottenerlo in tempo e poter partecipare allo Us Open” ha scritto su Twitter la finalista del Roland Garros, reduce dall'oro in doppio misto alle Olimpiadi di Tokyo. Come detto, non è la prima volta che gli atleti russi hanno problemi di questo tipo.

Due anni fa, la Kuznetsova non poté difendere il titolo a Washington perché le fu negato il visto: nei suoi documenti fu trovato qualcosa di strano, almeno secondo quanto riferì l'atleta, citando fonti dei servizi di sicurezza americani. “Ma che tipo di sospetto posso generare se viaggio negli Stati Uniti da 16 anni?” disse la Kuznetsova, che poi risolse il problema e poté giocare i tornei successivi. Tali difficoltà sono dovute alla freddezza diplomatica tra i due Paesi, che hanno impedito alla Russia di far parte del Visa Waiver Program, un sistema che consente l'ingresso negli States con il solo passaporto. Ogni cittadino russo ha bisogno di un visto, che può essere accettato o rifiutato a discrezione del governo americano. Nel caso della Kuznetsova intervennero ITF e WTA, e la fumata bianca arrivò dall'ambasciata americana a Mosca. Più in generale, pare che sia più semplice ottenere il visto rivolgendosi ad ambasciate e consolati americani in altri Paesi.

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Il visto di Daniil Medvedev per gli Stati Uniti è stato emesso il 16 luglio a Bruxelles: per ritirarlo ha saltato il ritiro pre-olimpico a Južno-Sachalinsk.

Anastasia Pavlyuchenkova annuncia il forfait dal torneo di Cincinnati

Il visto per la Pavlyuchenkova è stato rilasciato a Berlino il 13 luglio. Non ha potuto ritirarlo perché era impegnata nel ritiro della nazionale russa in vista delle Olimpiadi, nella remota località di Južno-Sachalinsk, poi si è interessata di nuovo alla faccenda soltanto in agosto. Questa è la versione di Shamil Tarpischev, presidente della federtennis russa, il quale ha rivelato che anche Medvedev ha avuto problemi di questo tipo: il suo visto per gli Stati Uniti è stato emesso il 16 luglio a Bruxelles e per ritirarlo ha saltato il ritiro pre-olimpico. “E forse a Tokyo non ha avuto successo per questo” ha aggiunto Tarpischev, affermando che i tennisti russi hanno tratto grande beneficio dalla preparazione nell'estremo oriente del Paese. Insomma, non ci sarebbe politica ma soltanto pesante burocrazia. In realtà, non è sempre così: da quando i rapporti USA-Russia si suono nuovamente raffreddati, non è semplice ottenere il visto d'ingresso per i cittadini della Federazione Russa.

Nel caso della Pavlyuchenkova, perlomeno, non dovrebbe essere in rischio la partecipazione allo Us Open. Nella giornata di martedì, il noto giornalista Jon Wertheim ha annunciato (sempre via Twitter) che la tennista ha ottenuto l'approvazione per un O-1 Visa, un visto per le persone con “abilità speciali”. La fumata bianca dovrebbe arrivare non appena otterrà un appuntamento con l'ambasciata americana in Canada. Ad alimentare i sospetti che ci sia una sorta di ostruzionismo arrivano le vicende di altri atleti. Sabato prossimo si terrà una tappa della Diamond League di atletica leggera a Eugene (Oregon), e due medagliate di Tokyo (Maria Lasitskene, oro nel salto in alto, e Angelica Sidorova, argento nel salto con l'asta) sono ancora in attesa del responso. Visti i tempi molto stretti, hanno coinvolto il Ministero dello Sport. Tuttavia, la Sidorova si è detta sfiduciata e crede che non farà in tempo a ottenere il lasciapassare.

Argento a Tokyo nel salto con l'asta, la russa Angelica Sidorova teme di non poter partecipare alla prossima tappa di Diamond League: non ha ancora ricevuto il visto per gli Stati Uniti

Lo scorso giugno, Anastasia Pavlyuchenkova ha sfiorato il titolo al Roland Garros

Anche in passato c'erano stati problemi del genere: il più clamoroso riguarda la squadra di calcio dello Spartak Mosca, che dovette saltare la Florida Cup, un torneo pre-campionato a cui era già iscritta. Ovviamente i russi l'hanno presa male, parlando di vera e propria Guerra per i Visti messa in atto dal governo americano. Una situazione di cui non sono vittima solo gli sportivi, ma anche gli operatori dell'arte, della cultura e dello spettacolo. “Spesso i visti non vengono rilasciati, oppure vengono concessi quando l'evento in questione è in corso o è già terminato” sostiene una fonte interpellata dalla stampa russa. Non finisce qui: a fine ottobre ci sarà un importante gara di pattinaggio di figura negli Stati Uniti, ma metà della squadra russa non ha ancora i visti. E non sarà facile ottenerli, perché il percorso burocratico è piuttosto complesso e diverse federazioni non hanno risorse né personale.

E non tutti gli sportivi hanno le possibilità di Pavlyuchenkova e Medvedev, che possono affidarsi alle ambasciate americane di tutto il mondo. Con un po' di stizza, i russi ricordano che gli americani non hanno quasi mai problemi per entrare nel loro territorio, ricordando che qualche giorno fa è stato negato un visto di lavoro al calciatore Yaya Tourè (ivoriano con passaporto britannico). “Ma si tratta di casi rari, e comunque non è certo un invito a imitare la prassi americana”. In verità, il risentimento di alcuni commenti provenienti da Mosca fa pensare a un ritorno – fortunatamente soft – della Guerra Fredda. Ripicche di cui Mikhail Gorbaciov e Ronald Reagan non sarebbero certo fieri. Eppure basterebbe poco: sarebbe sufficiente dare concretezza al luogo comune secondo cui lo sport deve restare fuori dalla politica. Purtroppo, invece, non ci siamo mai liberati del tutto di questo ingombrante intreccio.