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IL CASO

Amanda Anisimova e i pericoli dei social media

Amanda Anisimova si ferma a tempo indeterminato: dice di essere in burnout dalla scorsa estate. “Partecipare ai tornei è diventato insopportabile”. Poche ore prima era stata vittima di body shaming su Instagram. Da quando i social sono diventati di uso comune è cresciuto a dismisura il numero di atleti con difficoltà mentali. 

Riccardo Bisti
7 maggio 2023

Lei ha utilizzato il termine burnout, ormai universale, che una rapida traduzione definisce come “sindrome da esaurimento”. Quello di Amanda Anisimova è l'ultimo caso di un tennis troppo stressante, che conduce i propri protagonisti all'esaurimento psicofisico, costringendoli a fermarsi. È proprio quello che farà la 21enne americana, ex potenziale stellina, incapace di dare continuità ai risultati di inizio carriera. È paradossale che abbia scelto Instagram per comunicare la sua sofferenza, visto che la costruzione della sua immagine partiva proprio da un attento utilizzo dei social media. Seguita da Max Eisenbud, storico manager di Maria Sharapova, le avevano preparato un piano social per renderla un personaggio appetibile per gli sponsor di prima fascia.

Era stato lui a educarla a un attento utilizzo dei social: quanti aggiornamenti pubblicare, e di che tipo. “Sembra strano, ma la gente è interessata a sapere cosa mangi a colazione e quando ti alleni. Al contrario, un post stupido può rovinare tutto” diceva Eisenbud. Non si può certo definire stupido quanto ha scritto venerdì, anzi, ma non è certo in linea con l'immagine impeccabile che bisogna far arrivare al pubblico. “Ho pensato di fare un post per spiegare cosa sta succedendo e i miei progetti – ha scritto la Anisimova, che quest'anno ha un bilancio di 3 vittorie e 8 sconfitte – dall'estate 2022 sono alle prese con la mia salute e con un burnout. È diventato insopportabile partecipare ai tornei di tennis. A questo punto, la mia priorità è il mio benessere mentale, dunque devo prendermi una pausa. Ho lavorato più duramente possibile per superare le difficoltà. Mi mancherà stare sul campo”.

«Partecipare ai tornei di tennis è diventato insopportabile» 
Amanda Anisimova

A stretto giro di posta sono arrivati messaggi di solidarietà di diverse colleghe: Paula Badosa, Madison Keys, Ons Jabeur, Arina Rodionova, la nostra Martina Trevisan, Coco Gauff, Harriet Dart e molte altre. Diverse di loro hanno avuto problemi di questo tipo lungo la loro carriera, dunque possono capire meglio di altri il momento dell'americana, nata nel New Jersey ma trasferitasi con la famiglia in Florida, quando aveva appena tre anni. Una famiglia di immigrati russi: papà Konstantin e mamma Olga, i quali scelsero gli Stati Uniti per la capacità di accoglienza, superiore a diverse destinazioni europee. Abbandonarono la Russia nel 1998 perchè volevano provare a dare un futuro tennistico alla primogenita Maria. Giocava bene, ma non è riuscita ad andare oltre un buon livello college, con l'Università della Pennsylvania.

Era più brava tra i libri che con la racchetta, al punto da laurearsi in economia aziendale e trovare un bel posto di lavoro presso la banca Merril Lynch. E allora le ambizioni tennistiche si sono spostate su Amanda: si narra che la madre abbia avvertito le prime contrazioni mentre si trovava su un campo da tennis. Normale provarci, specie dopo aver ottenuto la benedizione di Nick Saviano, già scopritore di Eugenie Bouchard. Ancor di più dopo il successo allo Us Open junior. Era il 2017 e battè in finale Coco Gauff, in quella che sembrava l'origine di una bella rivalità, anche simbolica, vista la diversa provenienza culturale delle due famiglie. Semifinalista al Roland Garros 2019 e capace di avvicinarsi alle top-20 appena maggiorenne, Amanda ha visto crollare il suo mondo con l'improvvisa scomparsa di papà Konstantin, morto ad appena 52 anni. “La cosa più difficile che mi sia capitata” ha detto.

Nata il 31 agosto 2001, Amanda Anisimova è stata al massimo numero 21 WTA

Eppure aveva vissuto un buon 2022, in cui aveva saputo ricostruire la classifica a suon di buoni risultati: quarti a Madrid, a Roma e a Wimbledon (con tanto di altra vittoria proprio sulla Gauff). Poi è successo qualcosa, al punto da stoppare l'attività subito dopo la sconfitta al primo turno dello Us Open. È rientrata nel 2023, ma i risultati l'hanno bocciata, portando alla luce un disagio interiore che pure – dando un'occhiata al suo profilo Instagram – era riuscita a nascondere molto bene. Tra l'altro, nelle ore successive all'annuncio dello stop a tempo indeterminato, ha usufruito delle funzione delle stories per pubblicare una foto di sé in costume da bagno, una per ringraziare dei tanti messaggi ricevuti, e un'altra in cui la si vede un po' arrossata a causa del sole. “Eppure ci sono rimasta soltanto per quattro ore”. Va detto che poco prima del suo annuncio era stata vittima di body shaming: dopo aver pubblicato una foto di sé davanti allo specchio, ha poi reso pubblica la reazione di un'internauta.

“Il corpo meno atletico che abbia mai visto: spalle strette e seno enorme”. Lei l'aveva ironicamente ringraziata, salvo poi aggiungere: “La quantità di persone che commentano il mio corpo non sanno cosa sia l'iperfissazione”. Insomma, viene da pensare che i social media – quegli stessi social che servivano a costruirne l'immagine – siano tra le ragioni del disagio interiore della Anisimova. E viene da domandarsi se siano proprio i social tra le ragioni che hanno aumentato a dismisura le crisi interiori – talvolta molto profonde – di tanti sportivi. Da Rebecca Marino a Naomi Osaka, passando per diversi altri casi, anche fuori dal mondo del tennis: pensate al nuotatore Adam Peaty e alla ginnasta Simone Biles. Tutti in piena epoca digitale, in cui il numero di followers e la gestione dei propri profili virtuali diventa una parte importante del lavoro di ogni personaggio pubblico, sportivi compresi. Una volta, il manager di un giocatore giustificò con l'enorme numero di followers le altissime richieste economiche per ogni tipo di collaborazione. Ok, ma viene da domandarsi: a quale costo?