ATTREZZATURA

Wilson Blade 98 V8 (16x19)

La nuova Blade è un ritorno al passato: telaio flessibile ma stabile all’impatto, permette una duttilità di gioco notevole, se il livello di gioco è adeguato. Servono gambe e spinta ma restituisce tutto con gli interessi. Esteticamente è tra i modelli più azzeccati degli ultimi anni

di Staff Padel Magazine

16 settembre 2021


«Severa ma giusta» potrebbe essere il claim pubblicitario della nuova Blade 98 V8 (16x19). Un incipit breve ma esaustivo, che ben riassume le doti della nuova versione di uno dei telai che sul mercato italiano ha sempre riscosso abbondante successo. Trattasi indubbiamente di una fuoriclasse: esteticamente magnifica e tecnicamente ineccepibile, a patto di saperla usare per bene.

È curioso come in Italia la Blade sia un modello particolarmente apprezzato, molto di più che in altri paesi, America docet ad esempio, dove il tennista bada al sodo, e lo scopo è buttarla di là, magari quanto serve per una partita. L’aficionado italiano invece, è edonista per natura, vuole sentirsi (tecnicamente) capace, anche quando pancetta e gambe, per tacer della tecnica, consiglierebbe di guidare una 500, prima di affidarsi a una Ferrari.

Esauriti i convenevoli, veniamo al dunque. Le caratteristiche principali della V8 sono quelle classiche per questa tipologia di attrezzo: piatto di 98 pollici, 21 mm di profilo, 305 grammi di peso, reticolo 16x19 (anche se esiste la severissima versione 18x20). Esteticamente è uno dei telai meglio riusciti degli ultimi anni, lo schema classico di Wilson viene abbandonato per un’innovazione cromatica che porta il verdone del telaio a mutare in un marrone scuro, una volta che il telaio è colpito dai raggi del sole.

lunghezza
68,5 cm
ovale

98 pollici

rigidità

61 RA

peso

305 gr

bilanciamento
32 cm
profilo

21 mm costante

swingweight

297 kg/cmq

schema corde
16 x 19
dati tecnici telaio non incordato

«Severa ma giusta». Ideale per un giocatore agonista ben allenato, performa sempre meglio all’aumentare della velocità: più si alza il ritmo, più rimane salda quasi fosse una pro stock.

Il bilanciamento è stato spostato leggermente indietro, a 32 cm, rendendo il telaio più maneggevole, mentre il flex a 61RA rende il telaio elastico, anche se dinamicamente questa elasticità non viene avvertita in maniera particolare, essendo la Blade stabile all’impatto come una roccia, tanto che dagli esami di laboratorio di Raketpedia, i punti di flessione della racchetta sono più o meno costanti su tutto il telaio, offrendo una sensazione di maggiore rigidezza complessiva. Per intenderci, non abbiamo una testa che svolazza come su altri telai particolarmente flessibili. Una caratteristica figlia dell’innovazione principale, denominata FORTYFIVE e che ha permesso di aumentare la flessibilità e, contemporaneamente, la stabilità del telaio, per una maggior sensibilità all’impatto. 

Venendo alle sensazioni sul campo dei nostri tester, la Blade offre confidenza a chi ha un’ottima tecnica e un bel braccio, con la palla che scorre veloce e performa sempre meglio all’aumentare della velocità: più si alza il ritmo, più rimane salda con una totale assenza di vibrazioni, quasi fosse una pro stock. Rispetto all’ultima versione, che era versata ad aumentare la tolleranza del telaio, la V8 è decisamente severa: un braccio educato e allenato è sufficiente quando si colpisce da fermi e senza affanno, ma appena le gambe girano meno, o sale la distrazione, diventa più complicato trovare velocità e profondità di palla.

È un telaio propositivo, di spinta, di offesa, mentre difendersi è difficile se non si è almeno un buon terza categoria. Il back è forse il colpo migliore, basso, veloce, penetrante, la testa entra benissimo e affetta la palla che è una meraviglia. Lo spin gira bene, la palla esce più pesante che veloce, la precisione è massima, si infila la palla in un fazzoletto. Se invece volete giocare tirando piattoni, serve grande precisione nell’impatto. A rete torna a essere severa e demanding: serve una grande padronanza tecnica e mai accontentarsi di appoggiare la volata, dando il classico colpetto da enneci per metterla di là; bisogna essere molto decisi, pena la palla loffia, morta a metà rete. Sopra la testa è potente e precisa negli smash mentre il servizio si trasforma in un’arma pericolosa. Il cannonball piazzato è micidiale, lo slice gira alla grande mentre il kick, uno dei servizi più faticosi da ottenere, è agevole e basta poco per ottenere delle seconde palle che saltano come impazzite.

Rispetto all’ultima versione, che era versata ad aumentare la tolleranza del telaio, la nuova V8 è più severa: un braccio educato e allenato è sufficiente quando si colpisce senza affanno, ma anche le gambe devono girare bene per trovare velocità e profondità di palla.

Dal punto di vista della maneggevolezza, non è una racchetta particolarmente faticosa, nel senso che ci si può tranquillamente giocare per ore senza stancare troppo il braccio, con un impatto abbastanza confortevole, data l’estrema stabilità (a patto di centrare lo sweet spot con frequenza).

Il target di utenza è vario, nel senso che se il livello di gioco è adeguato (da metà terza categoria a salire è un’indicazione onesta), il telaio è duttile. Si può stare in fondo a pressare, giocare sull’uno-due, appoggiarsi a rete dietro al back micidiale, l’importante è essere decisi e avere gambe che consentano di arrivare bene sulla palla e quindi trovare precisione e spinta nell’impatto.

Dal punto di vista del set up, essendo un 305 grammi di peso, si potrebbe pensare di customizzarla con le usuali aggiunte di peso ma, a nostro parere, fa tutto bene cosi e un eventuale custom dovrebbe essere molto personale. Per quanto concerne le corde, massima duttilità. A chi piace toccare e piazzare la palla sta benissimo anche un multi oppure un mono soft; chi picchia e rompe, può montare un mono senza temere troppo per il braccio, data l’elasticità di base della V8, chi trova la virtù in mezzo, ci metta un bell’ibrido.

In conclusione, una bella racchetta agonistica, moderna, solida, duttile, severa quanto basta, ma con un feeling classico. Un ritorno al passato, verso le sensazioni date da qualche versione di anni fa, coniugata con materiali moderni.