Babolat Pure Drive VS
Test Palle

Wilson Triniti

Una palla senza pressione, dal packaging ecosostenibile e riciclabile al 100% che offre un rimbalzo vivo e una durata decisamente maggiore. Però il feltro tende comunque a consumarsi e il rimbalzo a diventare più irregolare: ideale per il giocatore occasionale o di club che vuole una palla consistente e di lunga durata

di Staff Tennis Magazine
8 giugno 2020

Il progetto è ammirevole, quello di creare una palla ecosostenibile, che duri più a lungo, con il 5% dei profitti che vengono destinati alla sostenibilità a livello mondiale e il tentativo concreto di ridurre i 125.000.000 di tubi di palle che ogni anno finiscono nelle discariche. Per questo, la confezione è stata realizzata in materiale 100% ecosostenibile e la palla con un mix che dovrebbe consentire una durata maggiore rispetto alle abitudini, addirittura quattro volte superiore, secondo i dati Wilson.

Si tratta di una palla senza pressione, quindi niente tubo da stappare. La prima domanda che si pone qualsiasi appassionato, almeno tra gli over 30, è in relazione alle vecchie Tretorn, brand animato da spirito meno ecosostenibile ma che di fatto produceva palle senza pressione che duravano a lungo ma spesso venivano definite dei veri e propri sassi. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. La Triniti (che deve il suo nome al mantra che la accompagna: sostenibile, ad alta performance e durevole) non è dura come una Tretorn. È certamente più dura all’impatto di una palla tradizionale e pressurizzata ma niente di inaccessibile. Almeno per le prime due ore di gioco. La palla fila via veloce, il rimbalzo è piuttosto accentuato, il controllo accettabile. Non è proprio da arrotini e non si avverte una sensibilità estrema, ma la giocabilità non è affatto male.

Il nucleo della palla resta consistente grazie all’aggiunta di plastomero a bassa densità nel composto di gomma, studiato dalla Dow Chemical Company; di fatto il core è più spesso (la US Open Extra Duty ha un nucleo di 3.4 mm, quello della Trinti misura 4.8 mm, circa il 40% in più) ma ha una struttura piuttosto leggera, visto che il peso della palla deve restare all’interno di misure molto restrittive. Per quanto la durata sia la sua principale caratteristica, e senza chiaramente subire quella perdita di pressione che sgonfia la palla, resta comunque un progressivo decadimento della prestazione perché se la consistenza del nucleo si mantiene costante, il consumo del feltro (per quanto creato in materiale molto flessibile per migliorare le sensazioni all’impatto) fa perdere controllo, con la palla che assume rimbalzi molto alti e traiettorie non perfettamente regolari. Inoltre, il feltro si sporca dando la sensazione visiva di una palla usurata.

È dunque una palla che si adatta certamente a un pubblico occasionale, che non richiede un controllo di palla e una resa dello spin straordinari (il fatto che il rimbalzo resti vivo è già qualità sufficiente). Oppure al giocatore di club di livello medio che non gioca troppo assiduamente, che potrebbe necessitare di una palla reattiva e un po’ veloce. Oltre, of course, a chi cerca in ogni ambito di salvaguardare l’ecosostenibilità dell’ambiente e vuole testare un prodotto diverso da tutti gli altri. In questi casi, si può utilizzarle anche 8-10 ore. Più complicato che ad apprezzarla sia il giocatore agonista o anche di livello club che cerca sensazioni e feeling tradizionali ed è disposto a cambiare le palle in media ogni tre ore.

Lo sapevi che...

Americani ed europei hanno abitudini ben differenti nell’utilizzo delle palle da tennis. Negli States spesso si preferisce il tubo da tre, con le palle che vengono usate per un solo incontro (e talvolta riciclate con appositi programmi), aiutati dal costo contenuto (circa 3,50 euro). In Europa invece usiamo tubi da quattro palle (circa 8 euro) per un uso medio compreso tra 3 e 5 ore.