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INDIAN WELLS

Sorrisi e dritti vincenti: Alcaraz è tornato

La vittoria contro Sinner era un indicatore troppo forte: Carlos Alcaraz batte anche Medvedev e si aggiudica il quinto Masters 1000. Aiutato dalle condizioni, domina alla distanza grazie a un dritto fulminante. “Ho capito che si può superare qualsiasi ostacolo”. Iga Swiatek vince il torneo femminile. 

Riccardo Bisti
18 marzo 2024

Carlos Alcaraz non possiede ancora grande padronanza dell'inglese. Per questo, non sempre riesce a esprimere concetti troppo arditi. Però sul campo esprime un linguaggio universale che gli ha permesso di conquistare moltissimi tifosi. Energia, entusiasmo e tanto talento sono gli ingredienti che lo rendono speciale. E poi ci sono messaggi che non richiedono chissà quali competenze linguistiche: quando gli hanno chiesto quale sia stata la principale lezione appresa a Indian Wells, laddove ha intascato il 13esimo titolo in carriera, non ha avuto dubbi: “Ho imparato che puoi superare qualsiasi problema, non importa quanto sia grave. Se credi in te, hai un buon team e lavori duro, puoi riuscirci”. La chiave della sua rinascita è tutta qui. Il bello di avere 20 anni è che si impara in fretta: sono passati appena 53 giorni dal quarto di finale dell'Australian Open, perso contro Alexander Zverev. Senza correre il rischio di esagerare, nei primi due set mostrò una delle peggiori prestazioni di un top-5 in uno Slam. Si risollevò, ma perse ugualmente la partita.

Ripensando ad allora (e a quello che c'è stato in mezzo, con l'infelice trasferta in Sudamerica) è ancora più sorprendente il livello espresso all'Indian Wells Tennis Garden, in cui ha messo in fila due dei tre avversari più forti del momento (Sinner in semifinale e Medvedev in finale, KO col punteggio di 7-6 6-1), oltre ad aver rifilato una batosta a Zverev, come a volergli dimostrare che a Melbourne non c'era il vero Carlitos. Non è entrato nello specifico, ma ha detto di aver avuto diversi problemi. Ha parlato di questioni di testa e faccende fisiche, problemi che gli avevano tolto la cosa più importante: la gioia di scendere in campo, divertirsi nel giocare a tennis. “Il problema non era tanto l'assenza di titoli dopo Wimbledon – ha detto – per me l'importante è divertirsi e c'è stato un periodo in cui non mi piaceva entrare in campo”. La storta alla caviglia patita a Rio de Janeiro sembrava precludere a un torneo di sofferenza. Al Netflix Slam contro Nadal ha giocato quasi senza muoversi, e una volta arrivato a Indian Wells il primo allenamento è durato mezz'ora. Ma a 20 anni – appunto – le cose cambiano in fretta, nel bene e nel male.

Iga Swiatek domina il torneo femminile

Il torneo WTA si è giocato nella quasi indifferenza generale: basti pensare alle poche centinaia di spettatori che hanno seguito la semifinale tra Coco Gauff (che pure dovrebbe essere l'idolo di casa) e Maria Sakkari. L'esito del torneo non ha poi acceso chissà quale entusiasmo: Iga Swiatek ha letteralmente dominato, perdendo 21 game in tutto il torneo (una media di 3,5 a partita). In finale ha superato 6-4 6-0 la reaparecida Sakkari (subito competitiva da quando si fa allenare da David Witt), confermando l'esito della finale del 2022. Per la polacca è il 19esimo titolo in carriera, il secondo in stagione. “I punteggi fanno pensare che abbia avuto tutto sotto controllo, ma in realtà non è stato così facile” ha detto la n.1 del mondo, il cui prossimo obiettivo è provare a completare il Sunshine Double per la seconda volta, come in passato riuscito alla sola Steffi Graf.

WTA 1000 INDIAN WELLS – Finale
Iga Swiatek (POL) b. Maria Sakkari (GRE) 6-4 6-0

Nel Tennis Paradise l'inerzia è rapidamente diventata positiva e la vittoria contro Sinner in semifinale – ancora più importante perché arrivata grazie a un cambio strategico – gli ha dato uno slancio, anzi, un momentum che lo ha reso quasi inavvicinabile in finale. Ok, Medvedev è scattato meglio di lui (break in avvio e 3-0), ma lo ha subito riacchiappato, è stato più bravo nella mezz'oretta di bagarre dal 3-3 fino al tie-break, poi ha preso il largo nel secondo. Va detto che le condizioni di gioco di Indian Wells sembrano cucite addosso alle sue qualità. I dettagli tecnici li ha spiegati Daniil Medvedev, la cui intelligenza è direttamente proporzionale alla tendenza a innervosirsi sul campo. “Per me è un torneo difficile perché il servizio non conta tanto”. Parlava di sé, ma è chiaro che se il servizio non è un fattore... Carlitos esulta.

Le sue difficoltà con il fondamentale sono note: se le condizioni di gioco permettono di mascherarle, tanto meglio. Ancora più interessante la seconda considerazione del russo: a suo dire, la palla tende a fermarsi nell'aria. Anche contro bombardieri come Korda e Paul la palla fila via veloce dopo l'impatto e dopo il rimbalzo, ma quando vola tende a frenare. “Al contrario, la palla di Carlos non perde velocità”. Questo gli ha impedito di esaltare la sua ottima fase difensiva. I numeri confermano le sensazioni: Carlitos ha vinto il 54% degli scambi da fondocampo (41 su 76), percentuale salita al 62% quando Medvedev era costretto a giocare lontano dal campo. Per farlo arretrare, Carlitos si è affidato al suo colpo maggiormente incisivo: il dritto. I numeri evidenziano che è riuscito a tirarlo nel 57% dei colpi totali, mentre Medvedev si è limitato al 48%.

Sembrano statistiche fini a se stesse, ma non è così: si può possedere il miglior rovescio possibile, ma in verità sette vincenti su dieci arrivano con il dritto. Alcaraz lo sa bene, così come lo sa coach Juan Carlos Ferrero, che con quel colpo era letale. Lo hanno ricordato a Medvedev con la risposta fulminante che ha virtualmente chiuso la partita, sulla palla break che ha spedito Alcaraz sul 2-0 nel secondo set. “Forse ho sbagliato qualche colpo qua e là, ma non credo di aver fatto cose troppo sbagliate nel secondo set” ha detto Medvedev, come a sottolineare la superiorità del suo avversario, almeno in queste condizioni. Per intenderci, molto diverse da quelle trovate allo Us Open, quando era riuscito a sgambettarlo in semifinale. Cosa lascia il torneo di Indian Wells? Da una parte i numeri, che confermano la qualità della giovane carriera di Alcaraz: ha vinto 13 titoli, ma la maggioranza assoluta (7) è composta da Slam e Masters 1000, a cui si aggiungono quattro ATP 500.

Significa che gli piace competere quando conta. Ma sono ancora più importanti le sensazioni: acciacchi a parte, l'inerzia pre-torneo era tutta a favore di Jannik Sinner. In virtù delle cambiali in scadenza molti davano per scontato il sorpasso, senza contare che Jannik aveva vinto gli ultimi due scontri diretti. Invece Carlos ha saputo rovesciare ancora una volta la dinamica della loro rivalità, rispedendo a Sinner la responsabilità di ingegnarsi per trovare nuove soluzioni. In attesa che spunti un terzo incomodo, tra loro sembra essersi creato un Effetto Federer-Nadal: la forza dell'avversario è uno stimolante naturale al miglioramento tecnico, fisico, mentale. Jannik e Carlos continueranno a spingersi l'uno con l'altro, creando una bella rivalità. Forse un po' banalotta fuori dal campo, ma entusiasmante quando saranno separati da una rete. D'altra parte, lo diceva Totò oltre sessant'anni fa: chi si ferma è perduto.

MASTERS 1000 INDIAN WELLS – Finale
Carlos Alcaraz (SPA) b. Daniil Medvedev (RUS) 7-6 6-1