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CASO DJOKOVIC

Parla Djokovic: “C'è stata disinformazione”. Insomma...

Il serbo ricostruisce i suoi movimenti nei giorni della positività al COVID, provando ad argomentarli. A suo dire, non sapeva di essere positivo quando ha premiato i bambini. "Il giorno dopo sì, ma ho voluto rispettare l'impegno con L'Equipe perché lo avevo preso da tempo. Ammetto che è stato un errore”

Riccardo Bisti
12 gennaio 2022

Non era mai accaduto che l'avvicinamento a uno Slam fosse monopolizzato da un solo giocatore, ma la saga legata alla presenza di Novak Djokovic in Australia è un continuo colpo di scena. In attesa che il Ministro dell'Immigrazione decida il suo destino, il serbo ha rilasciato una dichiarazione pubblica per provare a chiarire – almeno dal suo punto di vista – una delle questioni più delicate dell'intera faccenda: le attività nei giorni immediatamente successivi al test COVID del 16 dicembre, a cui sarebbe risultato positivo. Prima che lo facesse, tuttavia, c'è stato un ulteriore sviluppo. Nel tardo pomeriggio di martedì, il Der Spiegel ha messo in dubbio la veridicità del tampone molecolare risultato positivo, o meglio, la sua tempistica. Basandosi sui codici QR resi disponibili dalle carte processuali, si sono resi conto che i risultati del test sono stati inseriti nel database pertinente soltanto il 26 dicembre alle ore 14.21, dunque dieci giorni rispetto alla data del test. Visto che il timestamp del test del 22 dicembre (negativo) coincide con quanto dichiarato, è stato sollevato il sospetto che il tampone non sia stato effettuato il 16, bensì il 26. È stato poi evidenziato come il numero di identificazione (7320919) del test del 22 abbia un numero progressivo inferiore rispetto a quello del 16 (7371999), alimentando dubbi sul reale ordine di svolgimento. Tra i due c'è una differenza di circa 50.000 numeri, il che coinciderebbe col numero complessivo di tamponi effettuati in Serbia tra il 22 e il 26 dicembre (al contrario, tra il 16 e il 22 ne sono stati effettuati circa 75.000).

L'eventuale manipolazione avrebbe fatto gioco al tennista, perché le norme australiane impediscono a chi è risultato positivo da meno di 14 giorni di entrare nel suolo australiano, indipendentemente dallo stato vaccinale (qualcuno ha ricordato che lo stesso Rafael Nadal sarebbe incappato nella violazione, visto che sono passati circa 12 giorni dal suo test positivo e l'arrivo a Melbourne). Con un contagio del 26 dicembre, è chiaro che Djokovic non avrebbe potuto mettere piede in Australia prima del 9-10 gennaio (al netto di tutte le questioni emerse in questi giorni). L'articolo ha avuto rapida risonanza internazionale, e sono subito piovute alcune critiche. Per esempio, qualcuno sostiene che l'inserimento nei database non avvenga secondo l'ordine cronologico dello svolgimento dei test, bensì in base al momento in cui il test viene scaricato dai server. Secondo il centro ingegneristico Zerfoschung, che ha collaborato con il Der Spiegel allo svolgimento dell'articolo, tale spiegazione vale solo per la generazione del timestamp (un numero nuovo ogni volta che il singolo test viene scaricato), mentre il codice identificativo dei test rimarrebbe lo stesso, evidenziando l'anomalia della numerazione progressiva.

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"Mi sono sentito in obbligo di svolgere l'intervista con L'Equipe perché non volevo deludere il giornalista, ma ho garantito il distanziamento sociale e ho indossato la mascherina tranne quando è stato realizzato il servizio fotografico"
Novak Djokovic
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Il comunicato di Novak Djokovic, diffuso nella notte italiana

Non sappiamo se Djokovic o il suo team daranno una spiegazione su questo punto. Nel frattempo, nella notte italiana, Nole ha diffuso un comunicato sui suoi canali social in cui ha ricostruito i suoi spostamenti e le sue attività nel periodo tra il 16 e il 18 dicembre. Ecco la sua testimonianza.

Voglio affrontare continua disinformazione sulle mie attività e presenze ad eventi svolti a dicembre a seguito della mia positività a un test PCR. Questa disinformazione deve essere corretta, per alleviare la più ampia preoccupazione della comunità sulla mia presenza in Australia, e per affrontare questioni che sono molto dolorose e riguardano la mia famiglia. Vorrei sottolineare che ho dedicato grande attenzione a garantire la sicurezza di ognuno, oltre al rispetto dei miei obblighi legati ai test. Ho assistito a una partita di basket a Belgrado il 14 dicembre, al cui termine ci sono state alcune positività. Nonostante non avessi sintomi, ho realizzato un test antigenico rapido il 16 dicembre, risultato negativo. Per abbondanza di cautela, nello stesso giorno ho svolto anche un test molecolare ufficiale e approvato. Il giorno successivo ho partecipato a un evento tennistico a Belgrado per premiare dei ragazzi: ho svolto un test antigenico rapido prima di andare all'evento, ed è risultato negativo. Non avevo sintomi, stavo bene e non avevo ricevuto la notifica della positività al test molecolare fino alla fine di quell'evento. Il giorno dopo, il 18 dicembre, ero al mio Centro Tennis a Belgrado per adempiere a un impegno di lunga data per un'intervista e un servizio fotografico con L'Equipe. Ho cancellato tutti gli altri impegni, salvo l'intervista con L'Equipe. Mi sono sentito in obbligo di svolgere l'intervista con L'Equipe perché non volevo deludere il giornalista, ma ho garantito il distanziamento sociale e ho indossato la mascherina tranne quando è stato realizzato il servizio fotografico. Mentre tornavo a casa dopo l'intervista per isolarmi per il periodo richiesto, riflettendo, è stato un errore di valutazione e concordo sul fatto che avrei dovuto riprogrammare questo impegno.

In merito alla mia dichiarazione di viaggio, è stata realizzata dal mio team per mio conto - come ho detto agli ufficiali di immigrazione al mio arrivo - e il mio manager si è sinceramente scusato per l'errore amministrativo nel selezionare la spunta scorretta in merito ai miei viaggi prima di recarmi in Australia. È stato un errore umano, certamente non voluto. Viviamo in un momento difficile, in una pandemia globale, e a volte questi errori si possono commettere. Oggi il mio team ha fornito ulteriori informazioni al Governo Australiano per chiarire questo problema. Sentivo che fosse importante affrontare e chiarire la disinformazione, ma adesso non effettuerò ulteriori commenti per il massimo rispetto che nutro per il Governo Australiano, le loro autorità e il procedimento attualmente in corso. È sempre stato un onore e un privilegio giocare l'Australian Open. È un torneo molto amato dai giocatori, dal pubblico e dalla comunità, non solo in Victoria e in Australia, ma in tutto il mondo, e vorrei soltanto avere la possibilità di competere contro i migliori tennisti e giocare davanti a una delle migliori folle del mondo.

Durante l'intervista con L'Equipe dello scorso 18 dicembre, Novak Djokovic ha effettivamente rifiutato di togliersi la mascherina

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Un ritratto di Novak Djokovic effettuato da Etienne Garnier durante lo shooting dello scorso 18 dicembre

La ricostruzione regge bene fino allo svolgimento dei test. Come è noto, Djokovic ha effettivamente assistito a Stella Rossa-Barcellona di Eurolega, e ha posato per una foto con Nigel Hayes-Davis, giocatore del Barcellona che due giorni dopo sarebbe risultato positivo. Per questo è credibile che abbia effettuato due test il 16 dicembre. Meno credibile che nella mattinata del 17 non fosse ancora a conoscenza dell'esito, visto che il risultato era stato reso noto alle 20.19 della sera precedente. Possibile che lo staff del numero 1 del mondo, il tennista più ricco di sempre, non lo abbia avvisato (o lui stesso non si sia informato) di una questione così importante, che peraltro avrebbe influito sulla sua partecipazione all'Australian Open? Djokovic sostiene di aver annullato tutti gli impegni nei giorni successivi (quali? Avrebbe potuto dirlo...) tranne l'intervista con L'Equipe, programmata da tempo, per un senso di correttezza verso gli inviati. Non è insensato, ma non è neanche credibile al 100%. A favore di Djokovic depone lo svolgimento dell'impegno con L'Equipe, intervista + foto. L'intervista è durata 33 minuti: mentre si svolgeva il colloquio, il giornalista Franck Ramella e il fotografo Etienne Garnier gli hanno chiesto di togliersi brevemente la mascherina per scattare una foto durante il dialogo, ma lui ha rifiutato. Al contrario, ha posato senza mascherina per effettuare il servizio fotografico, con pose anche piuttosto aggressive, come evidenziato dalle foto a correde di questo articolo.

Come era chiaro già allora, l'intervista si era svolta sulla base di istruzioni preliminari: nessuna domanda sulla vaccinazione e sulle sue intenzioni per Melbourne. Insomma, l'incrocio delle due ricostruzioni pare coerente: il comportamento di Djokovic sembra quello di chi sa di essere positivo, ma ha certamente corso qualche rischio al momento di effettuare lo shooting, esponendo il fotografo Etienne Garnier a un possibile contagio. Franck Ramella è risultato negativo prima di recarsi a Melbourne per conto del suo giornale; non abbiamo certezze sullo stato di salute di Garnier, ma ha aggiornato il suo profilo Instagram lunedì 10 gennaio. In definitiva, Djokovic ha fornito una ricostruzione auto-assolutoria a cui si può credere o no, con alcuni passaggi credibili e altri meno. Pur avendo citato tre volte la parola disinformazione, in realtà ha confermato quanto già si sapeva, limitandosi a dare una spiegazione e fornire informazioni che era impossibile conoscere senza la sua testimonianza. Ognuno può farsi la propria idea. Nel frattempo, pare che l'unica cosa davvero importante – la decisione del Ministro Alex Hawke – non arriverà neanche oggi. Sembra che i suoi avvocati abbiano presentato ulteriori richieste legali relative alla potenziale cancellazione del suo visto. “E questo influirà sui tempi della decisione” ha detto un portavoce del Ministero. Insomma, la saga va avanti. E mancano poco più di 24 ore al sorteggio del tabellone principale.