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MASTERS 1000 MADRID

L'uomo che ha frantumato i luoghi comuni

In Spagna si diceva che l'erba “fosse buona solo per le vacche”, e che una vivace vita privata danneggiasse le carriere: in oltre 25 anni, Feliciano Lopez ha dimostrato che non è vero. Giocherà il suo ultimo torneo a breve, oggi dirige il torneo di Madrid e vorrebbe restituire un po' di cultura sportiva al suo Paese. “Se non sei il n.1, sei una m....”

Riccardo Bisti
4 maggio 2023

L'immagine di Feliciano Lopez è cambiata: non è più un tennista, bensì un fascinoso quarantenne che che oggi dirige il Mutua Madrid Open dopo aver resistito al terremoto dirigenziale che un paio d'anni fa ha portato il torneo dalle mani di Ion Tiriac a quelle del colosso IMG. Lui è rimasto in sella e dovrebbe resistere almeno fino al 2031, anno fino a cui il torneo ha la certezza di giocarsi a Madrid. Dopo, si vedrà. La carriera di Feliciano non è ancora formalmente terminata: giocherà la sua ultima partita tra qualche settimana a Maiorca, sull'amata erba. Ha anche chiesto una wild card per Wimbledon e una per il Queen's. Quest'ultimo è il suo torneo del cuore, vinto due volte in singolare e una in doppio. Non è dato sapere se lo accoglieranno, dunque – per adesso – la parola fine è fissata nell'isola che ha dato i natali a Rafael Nadal. Ha parlato anche di Rafa nell'intervista-confessione realizzata con El Pais, uno dei rari attimi di libertà durante un torneo che lo vede impegnatissimo. “In particolare nella prima settimana. Il telefono non smetteva mai di squillare, ho dormito per tre ore a notte, ma l'importante è che vada tutto bene”.

Feliciano Lopez è un unicum nel ricco microcosmo del tennis spagnolo. Motivo? In oltre 25 anni di carriera, ha cancellato alcuni luoghi comuni. E – udite udite – combatte per eliminarne altri. Per esempio, l'assenza di una corretta cultura sportiva. Il primo mito ad essere sfatato riguarda un'antica affermazione dei latinos: l'erba è buona solo per farci pascolare le mucche. Fino agli anni '90, in assenza di forti spinte economiche, gli specialisti della terra battuta non andavano neanche a Wimbledon, trincerandosi dietro alla famosa frase, resa nota da Marcelo Rios. Feliciano no: lui ha sviluppato una mentalità diversa e ha sempre amato i prati, forte di un gioco così diverso dai suoi connazionali. Gran servizio, riflessi e ottima copertura della rete. È finita che ha vinto quattro dei suoi sette titoli ATP sull'erba (oltre ai due titoli al Queen's, ne ha raccolti altrettanti a Eastbourne). A Wimbledon è arrivato per tre volte nei quarti di finale, e il suo grande rimpianto riguarda proprio i Championships. Non tanto per le semifinali mancate (2005, 2008 e 2011, rispettivamente contro Hewitt, Safin e Murray), quanto per l'ottavo perso nel 2002 contro Andre Sa. Era l'edizione della finale Hewitt-Nalbandian, in cui tutti – davvero tutti – avevano la loro chance. Ma lui era un ventenne senza esperienza, numero 103 ATP, si fece prendere dall'emozione e si arrese in quattro set.

«Ho il diritto di dire quello che penso: sembra che gli atleti non ce l'abbiano. Se affronti certi argomenti sembra che non sei credibile solo perché sei ricco e famoso. Certi luoghi comuni dovrebbero scomparire»
Feliciano Lopez

Anno dopo anno, i colpi più spettacolari giocati da Feliciano Lopez

“Sono comunque soddisfatto, perché mi posso ritirare come e quando voglio – racconta – avrebbero potuto esserci infortuni e mille altre cose, invece sono stato fortunato. Lo scorso anno, a partire da Wimbledon, ho inizato a pensare al mio futuro e ho deciso che quest'anno mi sarei ritirato”. L'altro luogo comune sfatato riguarda la sua condotta fuori dal campo. Forte di aspetto da fotomodello, è sempre stato sensibile al mondo dello spettacolo, alla bella vita, alle passerelle, alle frequentazioni glamour. Ma ha dimostrato che la vita extra-campo non influisce sul rendmento se non si perde la professionalità. Lo dicono i numeri: ha trascorso 971 settimane tra i top-100 ATP e detiene un record difficilmente battibile: ha giocato 79 Slam di fila, dal 2002 al 2022. La striscia si è interrotta allo scorso Roland Garros, quando ha perso nelle qualificazioni contro Gian Marco Moroni. Nessun rimpianto, nessun rimorso. Come se non bastasse, è il giocatore ad aver partecipato a più Masters 1000: ben 139, uno in più di Federer, con quattro semifinali (curiosamente, tre sono arrivate a Shanghai). Questo primato potrebbe essere traballante: Rafael Nadal è ancora attivo ed è a quota 128. Non si raggiungono certi numeri senza una condotta rigorosa e professionale, oltre a una corretta prevenzione degli infortuni. Queste cose valgono di più del gossip e delle vicende extra-campo, come il burrascoso divorzio con l'ex moglie Alba Carrillo, che lo portò in tribunale chiedendogli un sostanzioso risarcimento per il periodo in cui erano stati in comunione di beni. La vicenda è poi terminata con un accordo extra-giudiziale, mentre la vita privata di Feliciano si è poi sistemata con il secondo matrimonio con Sandra Gago, da cui ha avuto un figlio (Dario, nato nel 2021).

“Mi piace pensare di essere ricordato come una persona educata e corretta, al di là del tennis. La persona viene prima del tennista e mi sembra di essere apprezzato. Non da tutti, certo, ma nel mondo del tennis mi pare che sia così. Significa che forse ho fatto qualcosa di buono”. A 41 anni e mezzo (ne compirà 42 il 20 settembre), la prossima battaglia di Lopez è forse la più difficile, perchè non riguarda solo lui. Vorrebbe contribuire a migliorare la cultura sportiva in Spagna. Per esempio, gli scoccia che gli atleti non siano considerati validi interlocutori quando si tratta di parlare di argomenti seri. Se ne è accorto utilizzando Twitter, laddove non tutti sono teneri nei suoi confronti. “Per me è un intrattenimento, ma può essere un circo pericoloso. Una giungla. Se ti fai influenzare da quello che dicono di te, è meglio lasciar perdere. Se mi insultano ci rido, ma mi dispiace. In fondo ho il diritto di dire quello che penso: sembra che gli atleti non ce l'abbiano. Se affronti certi argomenti non sei credible solo perché sei ricco e famoso. Certi luoghi comuni dovrebbero scomparire”. D'altra parte, i social media sono uno specchio abbastanza fedele della società. E lui non apprezza – e non accetta – la mancanza di cultura sportiva in Spagna. Da qui, la frase che hanno scelto come titolo: Se non sei numero 1, sei una m.... “A parte Nadal, Casillas, Gasol e Alonso quando vinceva, il resto non esiste. Nei paesi anglosassoni non accade. Sei un buon professionista, negli USA vieni riconosciuto come tale. Qui se non sei il numero 1 non vali niente. Prendi Fernando Alonso: era sparito, adesso ha di nuovo un'auto competitiva e sembra che Carlos Sainz non esista più”.

Feliciano Lopez è convinto: se Nadal fosse stato americano, avrebbe avuto un riconoscimento ancora maggiore

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Un recente spot in cui Feliciano Lopez racconta la sua storia a scopo motivazionale

Secondo Lopez, lo spagnolo è mediamente meno informato degli altri. “Qui ti conoscono solo se la tua fidanzata conduce un programma in TV. Gli anziani ti rispettano, ma gli altri riconoscono solo chi vince e dimenticano tutto il resto. Sembra che il numero 15 al mondo non valga niente. Se Ferrer fosse nato altrove, sarebbe stato un idolo nazionale”. Ok, ma il problema per qualsiasi tennista spagnolo degli ultimi vent'anni ha avuto un nome e un cognome: Rafael Nadal. “Se fosse stato americano, sarebbe stato ancora più grande – ammonisce Lopez – da noi è stato una leggenda, ma non così tanto. Se fosse stato americano avrebbe avuto maggiori riconoscimenti e valore pubblicitario. Per esempio, Lebron James non esce mai dagli Stati Uniti, però è una superstar perché se lo è guadagnato”. Anche a costo di sembrare... boomer, il toledano ha poi espresso un po' di nostalgia per il passato. A suo dire, la società di un tempo era migliore. “Non lo dico così per dire, ci credo davvero. Il comportamento delle persone, la società, il mondo era più libero... Oggi abbiamo più cose a disposizione, ma 20 anni fa era meglio. Ci siamo impegnati molto ad arrivare fino a qui, e non vorrei che molte cose fossero date per scontate”. Per esempio, i montepremi: a suo dire, guadagnare 70.000 euro al primo turno di uno Slam è folle, mentre a lui è capitato di intascarne 11.000. “E non è che giocassi ai tempi di Bjorn Borg. Ad ogni modo non voglio giudicare, perché ognuno nasce nell'ambiente che gli tocca. Però oggi tutto funziona diversamente”.

Si può essere d'accordo o meno, ma bisogna riconoscergli una certa onestà. Le sue riflessioni sono sincere, perché non dimentica mai di sottolineare la sua fortuna. Ammette di essere un privilegiato anche nel mondo attuale. E continuerà a lavorare: intanto fa parte del team di Tennium, società che organizza diversi tornei ATP-WTA e darà una mano all'ITF alle prossime Davis Cup Finals, e vuole dedicare ancora più tempo al torneo di Madrid. A suo dire, la capitale spagnola deve tenersi stretta un evento che fu reso possibile grazie ai soldi di Ion Tiriac, certo, ma con la decisiva intercessione di Manolo Santana. “Fu lui a convincere il sindaco di allora che si trattava di un'opportunità incredibile. Fu difficile perché in Spagna non siamo abituati ad ospitare eventi di questo tipo: c'è la Formula 1 al Montmelò e poco altro”. Il suo primissimo obiettivo? Tenere il tennis lontano dalla politica, evitando le diatribe degli ultimi anni, che avevano messo a rischio la permanenza del torneo a Madrd. “Il torneo non è di un partito o di un altro: appartiene a tutti i madrileni”. Per almeno altri otto anni può stare tranquillo, anche perché c'è un certo Carlos Alcaraz pronto a mettersi sulle spalle la passione dei madrileni. Quanto al resto, tra social media malandrini e cultura sportiva... Non dipende tutto da lui. Feliciano ha lanciato il suo appello: chissà se qualcunogli darà retta.