La storia di Vincenzo Minutolo, ex manager tennistico accusato di molestie da tre giocatrici del suo team (una era minorenne all'epoca dei fatti). In primo grado, i giudici hanno creduto a due delle tre ragazze, condannandolo a tre anni. Un eterno iter processuale ha ribaltato il verdetto e gli ha garantito la piena assoluzione per l'insussistenza del fatto. Oggi ha diversi crediti nei confronti delle ragazze, ma non ha ancora ottenuto niente.
Riccardo Bisti | 2 novembre 2020 |
Talvolta Google può essere crudele. Vincenzo Minutolo ha 63 anni e nella vita ha svolto diverse attività. Se si cerca il suo nome associandolo al tennis, tuttavia, i risultati sono inquietanti: “Violenze sessuali, condannato maestro di tennis di Como”; “Condannato a tre anni l'allenatore che abusava delle tenniste”; “Roma, maestro di tennis violenta allieve”.
Sono solo alcuni dei titoli di articoli che nel dicembre 2012 raccontavano, a grandi linee e con errori grossolani, la faccenda che gli ha rovinato gli ultimi dieci anni di vita. In punta di piedi, se ne era occupato anche chi scrive. Oggi si può affermare che la verità era un'altra: Vincenzo Minutolo era innocente.
L'iter giudiziario si è definitivamente chiuso il 23 ottobre 2018, ribaltando quanto fu sentenziato dalla Seconda Sezione del Tribunale Penale di Roma, il 26 novembre 2012. Minutolo è stato scagionato perché il fatto non sussiste. Eppure, non lo sapeva quasi nessuno.
Pur avendo un carattere gioviale, l'ex team manager (che non si è mai dichiarato maestro) dello Sporting Club Vergosa di San Fermo della Battaglia (Como) non ha cercato visibilità, né ha sbraitato con chi lo aveva accusato ingiustamente. Lo abbiamo dovuto cercare noi, anni dopo, per ripescare la storia dal dimenticatoio.
Una storia molto diversa da come era stata raccontata.
“Vengo dal mondo del management sportivo – racconta Minutolo –; diversi anni fa decisi di acquistare un club polisportivo a San Fermo della Battaglia (Como), insieme ad alcuni amici. Dopo un po' di tempo ho creato un progetto molto interessante nell'area tennis e vincemmo anche un Campionato Italiano. Per migliorare ulteriormente, chiesi aiuto a Fabio Della Vida: grazie a lui abbiamo messo in piedi un ottimo team. Ci eravamo fatti conoscere e avevamo avuto richieste importanti: tra le giocatrici transitate al club ricordo Polona Hercog, Agnes Szavay e la stessa Camila Giorgi”.
Nell'estate 2007, tramite una ex giocatrice, ci fu la possibilità di inserire nel team una giovane professionista che stava cercando di recuperare posizioni nel circuito.
“Accettai di provare, facemmo un contratto di 4 mesi e la feci lavorare con alcuni maestri e con un valido preparatore atletico per cercare di capire che tipo di ragazza fosse – continua Minutolo – ed in un paio di mesi colse alcune belle vittorie nel circuito internazionale: stava crescendo e il progetto mi dava qualche soddisfazione. Purtroppo successero cose poco simpatiche sul piano personale. Non condividevo alcune sue scelte, inoltre per me era cruciale che si iscrivesse a scuola. Si poteva andare avanti soltanto a certe condizioni, ma non fu possibile. Così, dopo aver scritto e comunicato dettagliatamente tutto in una relazione, interruppi il rapporto”. Qualche mese dopo, Minutolo vendette il club all'ex calciatore Gianluca Zambrotta.
Ma l'incubo era dietro l'angolo.
“A inizio 2009 ricevetti una convocazione della Questura di Como. Quando mi presentai scoprii che ero stato denunciato per molestie sessuali. All'inizio la presi sul ridere”. Ma l'incredulità si è rapidamente trasformata in un iter giudiziario lungo dieci anni.
Dieci anni necessari per riabilitare la sua immagine.
Ma quali erano, esattamente, le accuse?
Le denunce arrivarono da parte di tre ragazze, che per comodità chiameremo A, B e C.
A rivolgersi alle autorità fu la ragazza A, unica delle tre a non aver avuto particolari ambizioni da professionista. Minorenne all'epoca dei fatti, era molto legata a Minutolo in virtù dell'ottimo rapporto che quest'ultimo aveva anche con i suoi genitori. Aveva ripreso a giocare nel 2006 e, nel gennaio 2008, chiese ed ottenne di recarsi con lui a Roma per effettuare qualche giorno di allenamenti presso un club della capitale. In virtù della lunga conoscenza (e in accordo con i genitori) preferì pernottare nello stesso appartamento di Minutolo, ovviamente in camere separate. “Questo nonostante avesse una zia a Roma – racconta Minutolo –; le ho anche offerto vitto e alloggio. Un pomeriggio, la sua maestra di Como mi chiamò dicendomi che la ragazza era delusa perché non le stavo dando la giusta attenzione e considerazione. In effetti ero molto impegnato con la mia nuova attività: non avendo mai avuto un ruolo tecnico, non compresi il significato di questo sfogo. Ad ogni modo, quella sera la chiamai per parlare e venne nel mio letto, sistemandosi alla mia destra e appoggiando la testa sulla mia spalla. Io l'abbracciai, parlammo per 4-5 minuti e forse le diedi un buffetto quando la mandai a dormire, proprio perché era tornata serena. Questa è l'unica realtà dei fatti”.
Negli interrogatori, la ragazza ha sostenuto che Minutolo avesse portato la discussione su argomenti più personali, e da lì avrebbe infilato la mano destra sulle parti intime, dicendo qualcosa del tipo: “Vedi, non c'è niente di male...”.
“Questa parte del racconto non è vera, e poi come avrei potuto toccarla nelle parti intime con la mano destra? Non era possibile anche dal punto di vista meccanico, a meno che non avessi un braccio lungo il doppio.”
La ragazza è poi tornata nella stessa abitazione romana qualche mese dopo, sempre ospitata, e ha ammesso che in 15 giorni di permanenza non è successo nulla. Tuttavia, ha poi raccontato alla madre quanto accaduto in una terza occasione: si sarebbe svegliata nel cuore della notte, sudata e in pieno stato di agitazione, trovando Minutolo in pigiama, seduto sopra le coperte del suo letto e che se ne andò poco dopo. Non avrebbe avuto il coraggio di raccontarlo, almeno fino a quando non si sarebbe confrontata con le altre due, presunte vittime di situazioni simili. Da lì, la scelta di parlarne con i genitori e sporgere denuncia.
La ragazza B è quella seguita da Minutolo nei quattro mesi del 2007.
Nel suo caso, la molestia sarebbe avvenuta presso la foresteria dell'Acqua Acetosa a Roma, in occasione di un torneo internazionale nell'estate 2007. Ecco la versione di Minutolo: “Mi arrabbiai molto perché perse una partita che a mio avviso avrebbe dovuto vincere. La sgridai per il suo comportamento poco professionale e la lasciai al Club, da sola e con le sue amiche, mentre io andai a cena con amici, rientrando tardi in camera d’albergo. La mattina del giorno dopo, presto, me ne tornai a Como prima che lei giocasse il doppio il giorno successivo. Fu un periodo duro tra noi, perché rimanemmo circa 15 giorni senza parlarci. Poi le cose si sistemarono, con un netto miglioramento anche nei risultati”. A Roma, Minutolo e la giocatrice condividevano la medesima stanza, pur dormendo in letti separati. Il racconto messo a verbale dalla ragazza – peraltro raccontato con due diverse modalità oggettivamente inconciliabili (la Corte di Appello, nella sentenza definitiva, scrive che in un interrogatorio disse che la molestia avvenne sul suo letto, dove il Minutolo si sarebbe recato; in un altro disse invece che la molestia avvenne sul letto del Minutolo, dove lei si era recata) – raccontava di una molestia sessuale che non ha trovato riscontri. Per oltre un anno l'unica a conoscere il racconto è stata la ragazza C.
Dalle carte processuali si apprende che la ragazza B non ha mai denunciato l'accaduto, raccontandolo solo dopo essersi confrontata con la ragazza A durante le vacanze invernali che le tre passarono insieme nel 2008. Da parte sua, Minutolo ha sempre negato totalmente anche questo racconto.
La terza denuncia è arrivata dalla ragazza C, l'unica ad aver parlato di un rapporto sessuale completo e l'unica a non essere mai stata creduta, neanche in primo grado.
L'episodio sarebbe avvenuto al rientro anticipato di Minutolo da una trasferta all'estero con la ragazza B, molto amica della ragazza C “…che è stata causa di alcune mie frizioni con la ragazza B, come si evince anche dalla numerosa documentazione telematica depositata agli atti.” dice Minutolo. Durante il viaggio in auto, con lei che aveva voluto andare a prenderlo all’aeroporto ed era al volante, la ragazza ha raccontato di aver subito molestie che sarebbero continuate anche al club, peraltro pieno di tesserati. Ha infatti raccontato di aver ricevuto altre avances nell'ufficio di Minutolo e poi, in piscina, si sarebbe addirittura consumato un rapporto sessuale dopo che l'uomo le avrebbe offerto 3-4 bicchieri di vodka. Minutolo ha sempre contestato il racconto, definendolo totalmente inventato. A supporto della sua tesi, ha prodotto una mail ricevuta appena due giorni dopo dalla stessa ragazza, il cui contenuto pare evidentemente scagionatorio. Il racconto, dunque, non è stato accettato sia perché definito generico e poco coerente, sia perché in fase dibattimentale la ragazza è parsa poco serena ed estremamente polemica, al punto da essere richiamata più volte dal Presidente del Tribunale a un comportamento più adeguato al contesto e alle responsabilità che si stavano valutando.
Il Tribunale di Primo Grado ha creduto ai racconti delle ragazze A e B, condannando Minutolo a 3 anni di reclusione, con interdizione da tutti gli uffici frequentati da minorenni e al pagamento di un anticipo sui danni richiesti: 12.000 euro per la ragazza A (ne aveva chiesti 50.000) e 9.000 per la ragazza B (ne aveva chiesti 40.000), oltre alle spese legali.
È corretto ricordare che la Procura, organo inquirente che aveva coordinato le indagini e gli interrogatori, chiese l’assoluzione per insussistenza del fatto. È infatti abbastanza raro che la Procura stessa chieda il proscioglimento: insomma, l'impianto accusatorio pareva traballante sin da subito. La richiesta, tuttavia, rimase inascoltata.
Partendo dal presupposto che in casi del genere la testimonianza delle vittime – sia pur attentamente valutata – ha valore di prova, il Tribunale ha creduto ai racconti di due delle ragazze, definendoli pacati, sereni, mai contraddittori e per nulla animati da intento rancoroso.
“Non possono nutrirsi dubbi in ordine all'attendibilità intrinseca ed estrinseca del racconto” hanno scritto i giudici, liquidando le obiezioni della difesa, che aveva sottolineato le incoerenze logiche sia nei fatti raccontati che nel comportamento successivo tenuto delle ragazze.
Per esempio, la prima ha continuato a recarsi a Roma nello stesso appartamento di Minutolo per ben due volte dopo la presunta molestia subita – nonostante potesse andare a casa della zia - e, mesi dopo, aveva insistito presso la sua maestra affinché premesse per avere Minutolo alla sua festa di compleanno. È forse l'atteggiamento di chi ha subito una molestia e teme che il fatto possa ripetersi? La ragazza B, invece, dopo l'episodio romano, ha effettuato alcune trasferte all'estero sempre accompagnata da Minutolo e continuando a condividere la stanza con lui. La ragazza ha giustificato il fatto dicendo di non voler gravare troppo sui genitori. Tale tesi, accettata nei primi due gradi di giudizio, è stata poi contestata nei seguenti pronunciamenti. Quelli definitivi.
Incassata la prima condanna, Minutolo ha presentato ricorso alla Corte di Appello di Roma.
La sentenza è stata pronunciata ben quattro anni dopo, il 21 novembre 2016, e ha confermato in toto le argomentazioni del primo grado.
A quel punto, gli restava la sola Corte di Cassazione.
In ultima istanza, i fatti sono stati approfonditi ed analizzati da una prospettiva completamente diversa. Le argomentazioni della difesa sono state valutate con maggiore completezza, determinando l’annullamento della condanna ed il rifacimento del processo presso altra sezione della Corte d’Appello di Roma.
In particolare, la Corte non ha accettato che le testimonianze fossero state ritenute credibili in modo quasi acritico. Al contrario, fu messa in evidenza “la debolezza del percorso logico-argomentativo della sentenza di secondo grado, che non riesce a trovare un solido appiglio nella sentenza di primo grado, secondo cui le due ragazze erano attendibili solo perché avevano reso una testimonianza pacata e serena, scevra da ragioni di risentimento o intenti calunniosi nei confronti dell'imputato”.
La Corte di Cassazione, quindi, dopo aver riesaminato interrogatori, deposizioni e documenti, ha individuato ragioni di ostilità che nascevano da un rapporto professionale conflittuale tra il manager e le allieve. In particolare, Minutolo aveva espulso la ragazza A dal suo circolo, mentre la ragazza B aveva nei suoi confronti un debito di 7.500 euro. Scrive sempre la Cassazione: “La prima aveva continuato a recarsi fuori sede, dormendo in camera con il maestro, anche dopo i fatti oggetto del processo – fatti peraltro denunciati solo due anni dopo e confermati dalle due amiche per quanto saputo e per quanto accaduto a loro personalmente con dichiarazioni ritenute per una insufficienti e contraddittorie già in primo grado – mentre con l'altra aveva mantenuto con lui comunque un rapporto”.
Con queste argomentazioni, la Corte ha più volte definito contraddittorie, illogiche e inverosimili le circostanze descritte dalle ragazze.
La Corte ha poi evidenziato le possibili ragioni di rivalsa nei confronti di Minutolo, segnalate dalla difesa dello stesso.
Nel caso della ragazza A, questa si era sentita dire dall'imputato che non doveva fargli perdere tempo e che non avrebbe più dovuto frequentare il circolo, almeno per ragioni agonistiche. Trovandosi in difficoltà con la famiglia, per spiegare le ragioni del suo allontanamento avrebbe scelto di raccontare che la decisione era stata sua, motivata dalle ragioni oggetto nel processo.“E per rafforzare la credibilità del suo racconto avrebbe detto che non era stata l'unica vittima di certe avances”. Gli ermellini continuano, evidenziando l'argomentazione della difesa secondo cui “tutte e tre avevano un motivo di rivalsa nei suoi confronti (omissis), mentre la ragazza di cui al capo d'imputazione B aveva anche motivi di risentimento per ragioni economiche”.
Sulla base di questi elementi, le motivazioni della sentenza impugnata sono state definite con severità: stringate, perplesse e, a più riprese, apodittiche. “La sentenza impugnata non ha preso posizione in modo razionale e convincente sui motivi d'appello, sicché va annullata con rinvio ad altra Sezione della stessa Corte per un nuovo esame”.
Il 30 novembre 2017, a quasi nove anni dalla prima denuncia, si è quindi dovuti ripartire da zero.