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IL CASO

Il mistero di Hyeon Chung

Il vincitore delle prime Next Gen Finals non gioca da settembre 2020. Si è operato alla schiena a inizio anno ed è circondato da un silenzio inquietante, degno della... Corea del Nord. Non dovesse tornare, il tennis gli ha comunque salvato la salute ed evitato il servizio militare.

Riccardo Bisti
10 novembre 2021

L'attesa per le ATP Finals ha un po' fatto scemare l'interesse per le Next Gen Finals. Eppure il Masters Under 21 si gioca a Milano, c'è un giocatore italiano (Lorenzo Musetti, qualificato per meriti propri e senza bisogno di una wild card) e lo ospiteremo anche l'anno prossimo. In futuro, chissà. Nato per lanciare nuovi personaggi in vista di un delicato ricambio generazionale, oggi è diventato soprattutto un laboratorio di nuove regole, non sempre apprezzate, nemmeno dai protagonisti. Si gioca al meglio dei cinque set, con i set ai 4 game e il tie-break sull'eventuale 3-3. E ogni game prevede il punto secco sul 40-40. Il sistema di punteggio non è entrato nell'immaginario collettivo, al punto che gli otto protagonisti del 2021 hanno avuto bisogno di una riunione per farsi ricordare ogni dettaglio. La novità di questa edizione è un sostanziale azzeramento del palleggio di riscaldamento, ridotto a un minuto. Non sappiamo cosa bolle in pentola nella stanza dei bottoni, ma per ora non ci sono particolari avvisaglie dell'estensione di certe regole nel circuito normale.

Non c'è dubbio, tuttavia, che il torneo porti generalmente fortuna. L'ultimo vincitore è stato Jannik Sinner, oggi 20enne e già top-10 ATP. L'anno prima si impose Stefanos Tsitsipas, capace di spingersi in terza posizione e raggiungere la finale al Roland Garros. La prima edizione lanciò personaggi come Daniil Medvedev e Andrey Rublev. Tuttavia, le Next Gen Finals non hanno portato bene proprio a tutti. Nelle prime due edizioni, l'Italia schierò un giocatore grazie a una wild card. Non vincemmo neanche una partita, ma ciò che impressiona è che entrambi i protagonisti hanno già smesso: Gianluigi Quinzi ha mollato qualche mese fa, travolto dal peso di aspettative non mantenute, mentre Liam Caruana ha preso a fare l'agente immobiliare in Texas. Ma c'è un caso ancora più drammatico: la prima edizione andò a Hyeon Chung, coreano che fino ad allora era noto per aver perso contro Quinzi la finale di Wimbledon junior nel 2013. Il successo a Milano (iniziato con un profondo imbarazzo durante la cerimonia inaugurale, in mezzo a sexy-modelle, e chiuso con la vittoria su Rublev in finale) sembrava poter essere l'inizio di una carriera spettacolare.

ASICS ROMA
“Mi sono operato alla schiena. Le cose sono andate molto bene, non vedo l'ora di tornare in campo. Ho già iniziato la riabilitazione, sono determinato a rientrare il prima possibile"
Hyeon Chung, 19 gennaio 2021

Hyeon Chung è uno dei pochi ad aver battuto Novak Djokovic sul centrale dell'Australian Open

Due mesi dopo centrava una clamorosa semifinale all'Australian Open con tanto di vittorie su Alexander Zverev e – udite udite – Novak Djokovic. Il percorso terminò contro Federer, anche a causa di fastidiose vesciche sotto ai piedi. Poco male: Chung era entrato tra i top-20 e puntava ancora più in alto, forte di una polivalenza che lo rende competitivo su ogni superficie. Poi, però, sono arrivati i problemi fisici. Un infortunio alla caviglia destra gli ha fatto perdere quasi tre mesi nel 2018, poi l'anno dopo è iniziato un calvario. Un dolore alla schiena lo ha bloccato da febbraio a luglio. Al rientro ha vinto subito un Challenger a Chengdu, poi ha giocato un ottimo Us Open, partendo dalle qualificazioni e arrivando a sfidare Nadal al terzo turno. Il dolore non è mai scomparso e lo ha costretto a un altro stop, allungato dalla pandemia. Nel 2020 ha giocato appena cinque partite, vincendone una, e il suo ultimo match rimane il secondo turno delle qualificazioni al Roland Garros. Perse in due set contro Renzo Olivo. Da allora sono passati oltre 400 giorni e di Chung non c'è traccia, se non al numero 491 del ranking ATP. Il fatto è clamoroso: nell'epoca digitale, in cui i social media ci espongono a un costante Grande Fratello, è molto difficile preservare l'anonimato.

La Corea del Sud non adotta la censura dei vicini del Nord, ma nel caso di Chung viviamo qualcosa di simile. Il coreano non possiede un sito ufficiale e i suoi canali social non sono aggiornati da una vita. Facebook e Twitter glieli hanno messi un po' a forza, perché un personaggio pubblico non può restare senza. Il primo non è aggiornato dal 21 giugno 2020, quando pubblicò un video di ripresa degli allenamenti. Il secondo addirittura dal 25 marzo 2020, all'alba della pandemia. D'altra parte Hyeon è un timidone, come quando cercarono di metterlo in imbarazzo dopo la vittoria contro Zverev in Australia. Gli chiesero se era fidanzato, se era in cerca... e poi gli fecero una battuta infelice sulla preparazione invernale in Thailandia. “Da quelle parti fanno ottimi massaggi”. L'unico social che utilizzava prima di diventare famoso è Instagram, ed è anche l'ultimo ad essere stato aggionato. Lo scorso 19 gennaio ha pubblicato un post in cui annunciava di essersi operato alla schiena. “Le cose sono andate molto bene, non vedo l'ora di tornare in campo. Ho già iniziato la riabilitazione, sono determinato a rientrare il prima possibile”.

Classe 1996, Hyeon Chung è stato numero 19 ATP il 2 aprile 2018

La vittoria di Chung alla prima edizione delle Next Gen Finals

Osservando la foto, si evince che era stata scattata un paio di settimane prima, il 6 gennaio, presunto giorno dell'intervento. Una decina di giorni dopo (il 30 gennaio) ha scritto un altro post per celebrare l'arrivo della sua nuova auto, la Genesis GV80. Aggiornamento poco significativo, perché il marchio di lusso del gruppo Hyundai-KIA è uno dei suoi sponsor e quindi aveva un obbligo da assolvere. Non a caso l'intervista più patinata della sua carriera (con tanto di servizio fotografico), concessa a Esquire Corea, fu realizzata in collaborazione con Genesis. Da allora non si sa più nulla di lui. Silenzio assoluto, una nube quasi nordcoreana. Le distanze linguistiche non aiutano, ma nemmeno i media coreani hanno pubblicato aggiornamenti su di lui. D'altra parte, il tennis non è troppo popolare nel suo Paese. Quando vinse le Next Gen Finals trovò un capannello di persone ad attenderlo all'aeroporto, ma le cose sono tornate rapidamente alla normalità. “Non mi fermano per strada, semmai qualcuno mi chiede di scattare qualche foto in più quando sono in campo” diceva durante la cavalcata australiana del 2018. In effetti la sua assenza non sembra destare l'interesse dei media coreani. Da quelle parti si fa un giornalismo molto diverso dal nostro. Il rispetto della privacy è sacro e non esiste (o quasi) il concetto di gossip. Nessuno va a cercarlo, nessuno sa cosa stia esattamente facendo.

I pochi media che si occupano di tennis hanno celebrato l'ottima stagione di Soonwoo Kwon, che vincendo ad Astana è diventato il primo coreano a vincere un titolo ATP dai tempi di Hyung Taik Lee (il successo a Milano di Chung non vale come competizione ufficiale). Soltanto qualche allusione ai risultati di Hyeon, ma nessun accenno alle sue attuali condizioni. E allora è legittimo nutrire qualche preoccupazione. Sono trascorsi 10 mesi dall'intervento e quasi 14 dalla sua ultima apparizione, e non c'è più traccia di lui. Hyeon si è rifiugiato in un silenzio che non lascia presagire nulla di buono. Per questo, ogni scenario è plausibile. E non è da escludere un prematuro addio al tennis per ragioni fisiche, Sarebbe clamoroso perché il coreano ha compiuto 25 anni lo scorso maggio e la sua carriera era ancora in rampa di lancio. Comunque vada, il tennis è stato preziosissimo per lui: gli ha permesso di aprirsi al mondo, combattere i problemi alla vista (gli consigliarono di guardare il verde, per questo iniziò) e migliorare le sua capacità relazionali (oltre alla padronanza dell'inglese), oltre a evitargli il duro servizio militare coreano. Grazie al successo ai doppio agli Asian Games del 2014 ha evitato i due anni previsti, cavandosela con un addestramento di quattro settimane. Insomma, valeva la pena intraprendere questo viaggio. Nella speranza che non sia ancora terminato.