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LA STORIA

Il bluff di Monique Viele, la tennista di Donald Trump

Nel 1999, una giovane tennista seguita dal rampante manager Donald Trump, avrebbe dovuto sbaragliare ogni avversaria. È finita in un desolante nulla di fatto: oggi Monique Viele sta bene, è mamma e insegna tennis in Arizona.

Riccardo Bisti
25 ottobre 2020

Prima di ogni finale che si rispetti, si canta l'inno nazionale. La tradizione esiste da tempo anche al Miami Open, sin da quando si chiamava The Lipton Championships. Molti ricordano l'esecuzione dell'inno americano prima della finale del 1999. Sul Campo Centrale di Crandon Park mise piede una ragazzina di 14 anni. Lunghi capelli castani, occhi verdi...tutti immaginavano che sarebbe diventata una bella ragazza, magari un sex symbol. E, soprattutto, una campionessa. Monique Viele era il baby fenomeno che tutti aspettavano. Qualche anno prima, persino Discovery Channel le aveva dedicato un documentario. Ne abbiamo visti tanti, di questo genere: il ragazzo in questione elenca i suoi sogni, i genitori ne decantano le lodi e un manipolo di esperti dicono che sì, sicuramente ce la farà. Nel filmato di cinque minuti e mezzo, Nick Bollettieri sostiene che non aveva mai visto un'undicenne così forte, pur mettendo in guardia per la possibile influenza dei genitori. “Il confine tra sostegno e ossessione è molto labile – diceva – solitamente, l'ingerenza di un genitori è più dannosa che benefica. Però Monique porta con sé un bagaglio talmente grande che ci vuole un van per contenerlo tutto”. Le immagini raccontavano di una bambina felice, mentre le parole descrivevano una realtà molto pericolosa: pur di darle una chance e portarla in Florida, La Mecca del tennis americano, i genitori avevano venduto tutto in Colorado. Una scelta di vita in nome della racchetta. Ben presto, Monique finì sotto l'ala protettrice di IMG, colosso del management che ancora oggi rappresenta diversi giocatori. In quella domenica di marzo l'avevano già soprannominata Unique Monique, mostrando al mondo la sua voce con intento polemico: cantava bene, ci mancherebbe, ma loro volevano già farla giocare nel tour.

La WTA di allora, già scottata dal caso di Jennifer Capriati, aveva attuato norme molto restrittive per le lolite del tennis. Le ultime a sfangarla furono Martina Hingis e Venus Williams, nel 1994. Da allora, dopo aver consultato la bellezza di 91 esperti, partirono severi sbarramenti: prima di compiere 15 anni, le ragazze potevano giocare al massimo 4 tornei ITF. Niente WTA, niente Slam. Secondo i genitori, Rick e Bernardette, era come tenere ferma ai box la vettura più veloce di tutte. Minacciavano azioni legali contro la WTA per i veti nei confronti della figlia. Argomentazione? “lei è unica”. Bart McGuire era stato tra i fautori della norma nel 1995, poi era diventato il capo della WTA. “E' curioso che i Viele dicano che la regola sia OK, ma che per la loro figlia andrebbe fatta un'eccezione”. Qualche tempo prima, aveva provato a infrangerla Mirjana Lucic: respinta con perdite. Dopo essere transitata da Bollettieri, Monique si trasferì di qualche miglio per accedere alla corte di Rick Macci, lo stesso che aveva forgiato le sorelle Williams e che l'aveva respinta qualche anno prima: era troppo impegnato con Venus e Serena. “Credo di essere un creatore di fenomeni – disse, gonfiando il petto – Monique è incredibile, unica. Possiede un rovescio a due mani e la capacità di coprire il campo degna delle migliori giocatrici. La sua capacità di colpire in corsa rasenta la grandezza”. A 14 anni e cinque mesi, quando tutti ti dicono che sei un fenomeno, diventa semplice crederci. E diventa semplice spararla grossa. Intervistata dai tutti i media più importanti, disse: “Non mi pongo limiti, posso fare quello che voglio. Potrei battere Hingis e Kournikova già oggi. Se non ci riuscissi, sarebbe soltanto un passo di avvicinamento per batterle in futuro. Non voglio essere soltanto la numero 1 del mondo, voglio essere la più grande di tutti i tempi, uomini compresi. Voglio diventare più grande di Pete Sampras”. All'epoca, Pistol Pete aveva 11 Slam in cascina e tutti pensavano che avrebbe superato Roy Emerson, all'epoca il più titolato. Lui ce l'avrebbe fatta.
"Questa ragazza ha messo sul tavolo un pacchetto complessivo che non avevo mai visto. Non solo ha qualità atletiche incredibili, ma la sue determinazione è incredibile: sarà più forte di Jennifer Capriati e delle sorelle Williams"
Rick Macci, 1999
Il servizio di Discovery Channel su una giovanissima Monique Viele. Nick Bollettieri era convinto delle sue qualità
Ma torniamo alla Viele. Si narrava, a margine di quell'esibizione canora, che avesse iniziato a giocare a tennis picchiando duro sul garage di casa, all'età di 7 anni, mettendo da parte la prematura ambizione di diventare veterinario. Il baby fenomeno avrebbe tirato la pallina contro il muro per 100 volte, senza sbagliare. Al posto delle pupille, negli occhi di papà Rick comparve il simbolo del dollaro. E così addio normalità, addio casa, addio tutto: famiglia in Florida, a Coral Springs. A supportare il delirio di onnipotenza, le parole dello stesso Macci: “Sei mesi fa è diventato chiaro che Monique sarebbe diventata la più forte che io abbia mai allenato. Questa ragazza ha messo sul tavolo un pacchetto complessivo che non avevo mai visto. Non solo ha qualità atletiche incredibili, ma la sue determinazione è incredibile: sarà più forte di Jennifer Capriati e delle sorelle Williams”. Boom. Fatecelo ripetere: Boom. Oltre a farla allenare cinque ore al giorno, le facevano prendere lezioni di canto. Ovviamente, era “di livello mondiale” anche lì. All'epoca, la sua specialità era My Heart Will Go On, famosa canzone di Celine Dion, colonna sonora del film Titanic. I risultati facevano pensare che si trattasse di un fenomeno mediatico, ma l'esaltazione collettiva fece perdere di vista la realtà. Non era mai andata oltre il sesto posto nella sua categoria d'età, eppure si arrampicavano sugli specchi. Pur ammettendo che non aveva la stessa potenza di Venus Williams e che il dritto era un colpo così così, “sicuramente” avrebbe compensato tutto con la coordinazione occhio-mano e un rovescio che le permetteva di colpire qualsiasi angolo. Parola di un misterioso ex giocatore che preferì restare anonimo.

Viele Senior aveva un solo obiettivo: farla giocare nel tour. Non per i soldi, ma per dimostrare quanto fosse forte la figlia. “Se vogliono, può giocare gratis fino a quando compirà 18 anni”. Tanta ingordigia si sarebbe scontrata con IMG, che invece preferiva evitare lo scontro frontale con la WTA (si parlò anche di un conflitto di interesse, visti i legami della stessa IMG con l'Associazione Giocatrici). E così pensarono bene di abbandonare il colosso per affidarsi a un rampante uomo d'affari: Donald Trump. Ebbene sì, il futuro presidente americano ha rappresentato per un breve periodo la Viele tramite la sua agenzia “T-Management”. La notizia fece il giro delle redazioni americane nel settembre 1999, in pieno Us Open, giusto per avere ancora più visibilità. Qualcuno iniziò a sentire odore di bluff, giacché quell'anno non aveva giocato un solo torneo a livello junior e non aveva una classifica. “Però è carina e ha le gambe lunghe” scriveva il giornalista canadese Tom Tebbutt sul Globe & Mail. Non sappiamo se ci fosse effettivamente lo zampino di Trump: ad ogni modo, qualche settimana dopo Monique avrebbe ricevuto una wild card per il ricco torneo WTA di Tokyo, il Pan Pacific Open. Doveva ancora compiere 15 anni quando scese in campo contro l'americana Jane Chi, numero 69 WTA. Doveva essere un grande evento, un po' come gli esordi della Hingis e di Venus. Perse 6-3 6-1 e sarebbe rimasta la sua unica partecipazione in un torneo WTA.
Monique Viele in compagnia di papà Rick. Nonostante l'assenza di risultati, all'epoca posò per diversi servizi fotografici
La sua carriera sarebbe durata tre anni e ventuno tornei, qualificazioni comprese, con un best ranking al numero 817 WTA. Scorrere i suoi risultati è malinconia pura: soltanto una volta ha raggiunto i quarti in un torneo da 10.000 dollari. Accadde sulla terra verde di Greenvill, in South Carolina. Tra le tante sconfitte, si segnalano un paio di KO contro Sarah Riske (sorella maggiore di Alison) e contro Varvara Lepchenko. Il resto è colore, quasi cabaret. Si dice che il suo clan la incitasse rumorosamente durante ogni partita, al punto da essere una preoccupazione per i giudici di sedia. Tra loro non c'era Rick Macci: sembra che nessuno gli abbia mai chiesto conto delle sue dichiarazioni del 1999. O almeno, nella giungla del web non c'è traccia di rettifiche a quanto detto. È certo che Monique si è fatta male a entrambi i polsi e che abbia sofferto la prematura scomparsa (cancro allo stomaco) di papà Rick. Perso lui, perse tutte le ambizioni.

Da allora, non ha rilasciato interviste e ha cercato la via dell'oblio, come a espiare il peccato di presunzione che qualcuno aveva alimentato qualche anno prima. Come tutte le storie di questo genere, quando le premesse sono pompose, l'epilogo è semplice. Monique ha giocato l'ultimo torneo quando era ancora minorenne, dopodiché ha cercato la sua strada altrove. Ha preso un bel po' di chili, poi ha trovato l'amore in Matt Wisehart, sposato nel 2013. Oggi hanno coronato il sogno di avere un bambino e sono una coppia molto felice. Il tennis ha ancora un ruolo nella sua vita: maternità a parte, insegna presso la sezione tennis del Camelback Village Racquet & Health Club di Phoenix, Arizona. Il clamore di 21 anni fa è scomparso. Se Monique ha cercato e trovato un po' di riservatezza, Donald Trump ha proseguito nella su scalata fino a diventare l'uomo più potente del mondo. Ci si domanda soltanto se lo abbia votato alle ultime presidenziali, e se lo farà ancora alle prossime. Nel 2016, Trump vinse in Arizona per tre punti percentuali su Hillay Clinton. Ma non è un indizio decisivo.