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THE COACH

De Witt, il coach senza paura: “Se mi licenziano, no problem”

Alla scoperta di Jan de Witt, tecnico dal carattere particolare, ma in grado di ottenere buoni risultati con tutti i giocatori allenati. Scrupoloso fino all'eccesso, ha conquistato tutti con un'onestà che a volte sfocia nell'eccessiva durezza. A 55 anni, non si stanca di aggiornarsi. Anche fuori dal tennis.

Riccardo Bisti
25 febbraio 2020

Burbero, esigente e brutalmente onesto. Nell'epoca del buonismo dilagante, le caratteristiche di Jan de Witt possono sembrare fuori moda, addirittura controproducenti. Eppure, nonostante un carattere un po' così, ha conservato buoni rapporti con tutti i giocatori allenati in oltre 20 anni di carriera. L'attuale coach di Nikoloz Basilashvili ha seguito tennisti importanti come Gilles Simon, Gael Monfils e il giapponese Tatsuma Ito. Senza dimenticare Vasek Pospisil e Viktor Troicki, seguito negli anni d'oro. Era al suo fianco quando è stato numero 13 del mondo e vinse il match decisivo per il trionfo serbo in Coppa Davis. Troicki è gestito dall'italiano Corrado Tschabuschnig, che con la sua Topseed Management ha messo sotto contratto diversi giocatori di ottimo livello. Proprio Tschabuschnig delinea il personaggio: “Se sente che il giocatore ci sta provando, lo spingerà con pazienza. Ma se pensa il contrario, allora non scenderà in alcun modo a compromessi. Non gli interessano né i soldi e nemmeno la fama”. Secondo Jarkko Nieminen, possiede la qualità di essere sempre molto chiaro. Dice cose che possono non piacere, ma non mente mai. “Anche dopo una vittoria, mi diceva che il modo in cui aveva giocato non mi avrebbe aiutato a raggiungere i miei obiettivi. Al contrario, era più contento dopo alcune sconfitte per quello che avevo cercato di fare. Insomma, era interessato alla mia crescita sul lungo termine”. La sua ultima impresa è stata quella di portare Nikoloz Basilashvili tra i top-20 ATP. Un capolavoro, perché prima di lui il georgiano non aveva mai avuto un coach a tempo pieno. Semplicemente, non si fidava di chi gli è stato a fianco. “Un coach può distruggere tutto con una semplice frase, ma di lui mi fido ciecamente”. In fondo, la sua filosofia è semplice: evitare gli errori ai propri giocatori, e spingerli a fare la cosa giusta. A differenza di molti tecnici, un po' “schiavi” dei capricci dei giocatori, il tecnico tedesco non ha paura di essere licenziato. Anzi, si fa rispettare. Nel 2017 ha dato una mano a Dmitry Tursunov: al primo allenamento lo ha rispedito a casa perché si era presentato in ritardo. In questo modo, tuttavia, si è guadagnato il suo rispetto.

“Un coach può distruggere tutto con una semplice frase, ma di lui mi fido ciecamente”
Nikoloz Basilashvili

Nikoloz Basilashvili spiega la sua partnership con Jan de Witt

Se il giocatore avverte che hai paura di perdere il lavoro, hai già perso in partenza. Mi sono costruito la reputazione in 20 anni di carriera: se non mi va di allenare un giocatore, beh, mi fermo. Non mi interessa quanto mi costerà”. Parlando dei singoli giocatori, ha elogiato l'intelligenza e lo spirito di Tursunov e Nieminen. A suo dire, erano pronti a tutto pur di migliorare. “E se li avessi allenati prima, avrei potuto aiutarli molto di più. Gilles Simon è esattamente come loro”. Parlando della partnership col francese, ricorda gli obiettivi che si erano prefissati: migliorare nei tornei del Grande Slam e il rendimento in Coppa Davis. “Prima di allora, il suo bilancio in Davis era 1-10. Da allora ha perso solo una partita, contro Murray al Queen's. Quanto agli Slam, aveva fatto buone cose ma il suo approccio era sbagliato. Pensava di sopravvivere per un match alla volta, e questo lo portava a stare in campo troppo tempo contro giocatori che avrebbeo dovuto battere più velocemente. Da quando abbiamo iniziato, la durata media dei suoi match al meglio dei cinque set si è drasticamente abbassata. Per questo, si è presentato più fresco ai match che contano”. Nell'epoca dei social network, la sua metodologia di comunicazione è curiosa: si affida totalmente alle mail, includendo tra i destinatari tutto l'entourage del giocatore. “In effetti è molto organizzato – aggiunge Tschabuschnig – con lui nulla è lasciato al caso. Tutti i membri vengono aggiornati, e lui richiede che si faccia altrettanto”. Ha fatto parte del suo team Jason Stacy, preparatore atletico di Tursunov e Basilashvili. “Mi ha impressionato il suo modo di comunicare su tutte le questioni – racconta – ogni giorno mi spediva una mail con il piano quotidiano, settimanale e a volte annuale. Anche quando non ero sul posto, ero aggiornato su quanto succedeva. E lui chiedeva feedback specifici da ogni membro del team. Di quelle mail ricordo quanto fossero chiare e precise. Tutti sapevano quali fossero le esigenze del giocatore”.

“Se il tennista avverte che hai paura di perdere il lavoro, hai già perso in partenza: se non mi va di allenare un giocatore, mi fermo. Non mi interessa quanto mi costerà”
Jan de Witt

Attualmente, de Witt dirige la “Breakpoint Academy” di Halle, città sede di un ATP 500. “La mia filosofia di allenamento è molto semplice: il giocatore deve essere orientato all'azione, l'unica cosa che funziona. Qual è l'azione che mi permetterà di vincere il prossimo punto? Se non stai pensando alla prossima azione, finirai inevitabilmente a pensare al passato o al futuro. L'unica cosa che aiuta è pensare alle opzioni che hai per vincere il prossimo punto”. Tale filosofia ha funzionato quasi sempre. Il sito ATP ha scritto un interessante articolo sul coach tedesco, da cui ha preso spunto il nostro. L'autore Robert Davis racconta di aver conosciuto de Witt nel 2003, a Tashkent. Dall'aeroporto, condivisero un taxi per sei ore fino ad arrivare al torneo di Namangan. All'epoca, de Witt stava allenando il team maschile dell'Uzbekistan. Poi, a un certo punto, era sparito dal tennis. Si era preso una pausa, riciclandosi in altri ruoli. Per esempio, aveva fatto il consulente per il Werder Brema (la foto in cima risale proprio a quel periodo, ndr). “Stavano ristrutturando il club e volevano una nuova filosofia – racconta – mi hanno preso perché volevano il punto di vista di un allenatore individuale esteso a uno sport di squadra. Ero fiducioso di poterli aiutare, ma mi sono reso conto di conoscere il calcio molto meno di quanto pensassi”. Come se non bastasse, ha dato una mano anche al team australiano di pallavolo. Non c'è da sorprendersi: il suo obiettivo è ampliare costantemente le sue conoscenze per permettere agli atleti di massimizzare il loro potenziale fisico e mentale. La sua filosofia di lavoro si può sintetizzare in tre concetti chiave: comunicazione (basata sull'onestà, talvolta cruda), attenzione ai dettagli (estrema, comprensiva anche degli avversari) ed educazione: anche se gli può costare  una perdita nell'immediato, preferisce continuare a formarsi, continuamente, anche fuori da mondo del tennis. Più lo si conosce, più si finisce con lo stimarlo. Il suo obiettivo è veramente quello di aiutare i suoi giocatori. Mica scontato, al giorno d'oggi.

Tra i vari giocatori allenati da Jan de Witt c'è stato anche Gael Monfils
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