The Club: Bola Padel Roma
LA STORIA

Bad Luck Award: Renata Voracova

Ci fosse un premio per la giocatrice più sfortunata, vincerebbe Renata Voracova. Deportata due anni fa dall'Australia perché finita nel calderone Djokovic (poi ammisero l'errore), quest'anno è stata vittima di un incidente a Merida: ha sbattuto la testa per la guida irresponsabile di un driver ed è ancora in attesa di risarcimento. Sogna una wild card a Melbourne: gliel'avevano mezza promessa...

Riccardo Bisti
18 dicembre 2023

Agli Oscar della sfortuna, Renata Voracova non avrebbe rivali. È come se una forza superiore si sia accanita contro di lei, che dopo un'onesta carriera ha avuto un'improvvisa (e indesiderata) impennata di popolarità nel gennaio 2022, quando è stata presa per le orecchie dalle autorità australiane, condotta nel famigerato Park Hotel (centro di detenzione per immigrati) e poi espulsa prima di poter giocare l'Australian Open. Motivo: non era vaccinata contro il Covid-19. Fu una vittima collaterale dell'Affaire Djokovic, che in quei giorni monopolizzò l'attenzione. Per giustificare il pugno duro contro il serbo, scovarono un'anonima doppista ceca che era entrata nel Paese con un'esenzione analoga e la cacciarono senza complimenti. Senza la forza mediatica ed economica del serbo, accettò le conseguenze. E poco importa se un tribunale australiano – qualche mese dopo – le avrebbe dato ragione, restituendole il visto per l'Australia (inizialmente sospeso per tre anni): ormai il danno era fatto. Ammisero che la sua presenza in Australia era più che lecita: aveva reali motivi clinici per evitare la vaccinazione e aveva seguito le procedure.

Ma quanto accaduto in Australia, nel gennaio 2022, sfuggì alla ragionevolezza. Da allora sono passati quasi due anni e la quarantenne di Zlin vorrebbe chiudere il cerchio giocando un'ultima volta in Australia, in modo da cancellare i ricordi di allora e chiudere la carriera con serenità. La sua attuale classifica WTA di doppio (n.188) le impedisce l'ammissione diretta. E allora ha chiesto una wild card, ricordo di una mezza promessa che le fecero gli organizzatori dell'Australian Open, una sorta di risarcimento non scritto per i fatti di allora. Per adesso non le hanno ancora risposto. Sfortuna, dicevamo. Tutti conoscono il suo calvario australiano, mentre è meno nota una storia di cui è stata involontaria protagonista lo scorso febbraio, e su cui non è ancora stata fatta chiarezza. La Voracova si trovava a Merida, Messico, per il locale torneo WTA. Se date un'occhiata al tabellone (di doppio, s'intende), tuttavia, non troverete il suo nome. Motivo? Era stata vittima di un incidente con la transportation del torneo. Da allora sono passati dieci mesi e non ha ancora avuto nessun risarcimento.

«Vorrei chiudere la mia esperienza in Australia in modo migliore rispetto alla disgrazia di due anni fa, chiusa in un centro di detenzione e poi espulsa senza poter giocare» 
Renata Voracova

“Dopo la colazione in hotel, come sempre, abbiamo preso un mezzo dell'organizzazione per recarci nella sede del torneo – racconta la Voracova – eravamo in un furgone sovraffollato, pieno di giocatrici e allenatori. Ci saranno state circa 17 persone”. La ceca si trovava in ultima fila inseme al suo allenatore Libor Subert e al coach di Rebecca Peterson. Secondo la sua ricostruzione, l'autista avrebbe guidato in modo pericoloso, senza accorgersi della presenza di un dissuasore. A seguito dell'impatto, i tre hanno battuto violentemente la testa contro il soffitto del veicolo. Renata è finita in ospedale. “Temevo ci fosse qualcosa di rotto. Gli organizzatori mi dissero che la visita sarebbe stata gratuita, invece ho dovuto pagare per conoscere l'esito. Ma in quel momento non mi importava: speravo solo che non ci fossero complicazioni”. Se l'è cavata con un collare e un mese di stop. Tuttavia, non accetta l'insipienza del torneo e della WTA stessa. “L'autista ha detto che andava a 20 km/h: posso dire che è un'assurdità. Ci sono le testimonianze di altre persone, secondo cui guidava in modo molto pericoloso”.

“Vorrei che emergesse la verità, allora ho scritto alla WTA chiedendo un'indagine e una presa di posizione. L'ultima volta è stato a fine novembre, ma la comunicazione con loro è difficile”. Il caso della Voracova – grave, per carità – apre un'altra breccia sulla discutibile gestione della WTA. A suo dire, non c'è stata alcuna collaborazione. “Mi pare che l'indagine sia stata fatta per non ottenere risultati – racconta – a Merida ho visto incidenti di vario tipo, anche nel parcheggio. Per il ruolo di autista mi aspetterei persone d'esperienza. Non è stata coinvolta la polizia, quindi non sappiamo se la persona in questione fosse totalmente pulita. Il direttore del torneo? Non si è fatto trovare. Mi ha soltanto scritto, dicendomi che avevo la stanza pagata fino al termine della mia permanenza”. A suo dire, gli autisti del torneo di Merida non erano adeguati al ruolo: parlavano al cellulare durante la guida, riempivano i furgoni oltre il lecito... “Potrei dire che ci è andata bene”. La giocatrice racconta di aver effettuato un percorso riabilitativo in Spagna, con le conseguenti spese. “Per un po' non mi sono potuta allenare, ma è andata peggio al mio allenatore. Ha avuto problemi a una mano, gli formicola ancora oggi”.

Vincitrice di undici titoli in doppio, Renata Voracova vanta una semifinale a Wimbledon, colta nel 2017 con la giapponese Makoto Ninomiya

8 gennaio 2022: dopo due giorni di detenzione, Renata Voracova viene portata via dal famigerato Park Hotel di Melbourne

Vorrebbe un risarcimento ma non è troppo ottimista, soprattutto – a suo dire - per la scarsa collaborazione della WTA. “Anche se ho avuto un buon sostegno del Player Council. Sloane Stephens l'ha saputo tre giorni dopo e mi ha subito chiesto cosa fosse successo. Magda Linette è una delle poche a essersi interessata, si informa su come vanno le cose. Ma le giocatrici non hanno influenza: possono segnalare un problema, ma è il vertice a decidere se occuparsene o meno. Io non mi arrendo”. Il concetto di rassegnazione non sembra appartenerle: nonostante abbia varcato la soglia degli “anta” e abbia aperto una sua accademia insieme a coach Subert (progetto inaugurato nel 2020 a Hvodzna, non distante dalla natia Zlin, a due passi dal confine con la Slovacchia), vuole trascorrere almeno un'altra stagione nel circuito. E vorrebbe farlo partendo dall'Australia. Per farsi trovare pronta ha giocato addirittura alcuni eventi UTR a Norwich, in Gran Bretagna, persino in singolare. Tramite alcune conversazioni ufficiose, Tennis Australia le aveva mezzo promesso una wild card.

“Nel 2023 ci avevo fatto un pensierino, ma non ero ancora pronta – ha detto – adesso invece sto bene, sia di fisico che di mente. Sarebbe bello andare un'ultima volta in Australia per chiudere con un bel ricordo”. Ha effettuato richiesta formale, preso contatto con alcune giocatrici come possibili partner e ha già presentato domanda per il visto d'ingresso. “A breve dovrei ricevere una risposta, il fatto è che non hanno scadenze per richieste di questo tipo – racconta – non sarebbe grave se mi scrivessero all'ultimo minuto. Sono in attesa: potessi andare sarei felice, ma in caso contrario non sarebbe un problema. Diciamo che vorrei chiudere la mia esperienza in Australia in modo migliore rispetto alla disgrazia di due anni fa, chiusa in un centro di detenzione e poi espulsa senza poter giocare”. Sarebbe interessante chiederle se preferirebbe una wild card in Australia oppure un risarcimento per i fatti di Merida. Qualunque sia la risposta, questa giocatrice ceca, ex n.74 WTA in singolare e 29 in doppio (nel 2017 è giunta in semifinale a Wimbledon insieme a Makoto Ninomiya), meriterebbe un pizzico di fortuna. Ne ha passate davvero troppe.