Polemica Wozniacki-Halep: “Chi ha barato non dovrebbe avere wild card”

MIAMI OPEN

20 marzo 2024

Riccardo Bisti

Caroline Wozniacki ritiene che la wild card concessa a Simona Halep  non sia corretta, visto che rientra da una squalifica per doping. “Capisco che voglia rientrare, ma dovrebbe farlo dal basso”. La replica: “Non ho mai barato. La cosa migliore è leggere la sentenza”

Il dibattito non si placherà mai. Ogni volta che un/una tennista rientra da una sospensione per doping, l'opinione pubblica si divide in due. C'è chi vorrebbe una certa severità, così come chi sostiene che – una volta scontata la pena – il diretto interessato abbia gli stessi diritti-doveri degli altri giocatori, compreso l'ottenimento di wild card. Il rientro lampo di Simona Halep non poteva passare inosservato, visto che ha giocato il WTA 1000 di Miami a pochi giorni dalla (forte) riduzione della squalifica per il caso Roxadustat. Prima o poi una voce critica avrebbe dovuto esserci, e sorprende che arrivi da una giocatrice che con la Halep ha sempre avuto un buon rapporto: Caroline Wozniacki. Tra l'altro, le due si erano affrontate in finale all'Australian Open 2018 e vinse la danese al termine di una partita molto fisica. La Wozniacki è contraria alle agevolazioni per chi rientra da una squalifica.

“Sono sempre stata molto schietta sul doping – ha detto – voglio uno sport pulito e giusto per tutti. Non voglio attaccare Simona, ma se qualcuno ha barato di proposito, risultando positiva a un test... Capisco che un torneo voglia le stelle, ma io la penso diversamente. Senza voler offendere nessuno, non penso che debba essere assegnata una wild card dopo una cosa del genere. Se vuoi tornare dopo un errore lo capisco, ma dovresti ripartire dal basso. Questa è la mia opinione”. Sia pure con parole più delicate, è esattamente quanto detto da Ivan Ljubicic quando Guillermo Canas tornò dopo dodici mesi di stop nel 2006. A suo dire, assegnare wild card a un giocatore squalificato per doping equivaleva a consegnare una pistola a un uomo appena uscito dal carcere. Anche Eugenie Bouchard la pensava così ai tempi della squalifica di Maria Sharapova, anzi, fu ancora più severa: a suo dire, chi viene squalificato non dovrebbe più avere il diritto a giocare.

La combattutissima finale dell'Australian Open 2018 tra Caroline Wozniacki e Simona Halep

PLAY IT BOX

“La situazione della Halep si trascina da tempo, ha ricevuto uno sconto ma non è stata un'assoluzione – ha aggiunto la danese - Io spero solo in uno sport pulito, vorrei che i giovani abbiano dei buoni modelli da seguire. Il tennis mette in palio molti soldi, quindi la lotta deve essere leale. Sono sempre stata onesta e attenta a quello che prendo, al punto da controllare 2-3 volte ogni singolo farmaco”. Posizione comprensibile, ma che denota scarsa conoscenza dei regolamenti e delle dinamiche processuali, in particolare il concetto di “volontarietà” che può cambiare tutto. Ed è quello che ha lasciato intendere la Halep nella sua replica. Sconfitta da Paula Badosa al primo turno, ha replicato in conferenza stampa: “Non capisco perché abbia detto così, non ho fatto niente di male, non ho barato e non ho preso farmaci. La cosa migliore da fare è leggere la decisione del CAS, in cui si spiega che tutto è stato dovuto a un integratore contaminato, dunque non è stato doping”.

“Ho sempre sostenuto lo sport pulito e sono stata esplicita su questi temi: consiglierei ai giovani di prestare massima attenzione a quello che mangiano, perché a volte può succedere una cosa del genere, lo stress ti porta a certe situazioni. Il pensiero che un giovane possa passare quello che è successo a me è terribile. Sono grata al torneo per avermi invitato, e in questo momento non è importante che ci sia una persona con opinioni negative, visto che ho ricevuto centinaia di dimostrazioni di affetto”. Al di là di come la si pensi, è chiaro che – in assenza di regolamenti specifici – i tornei hanno il sacrosanto diritto di invitare chi vogliono, ed è chiaro che la presenza della Halep ha ulteriormente aumentato l'interesse sul torneo. Senza dimenticare che la rumena, per ragioni dovute alla lunghezza del processo, ha scontato una pena quasi doppia rispetto a quella poi passata in giudicato (oltre 15 mesi anziché 9).