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ASHLEIGH BARTY

La numero 1 del mondo si è ritirata

Con un'intervista-shock, Ashleigh Barty annuncia il ritiro. “Non ho più la spinta fisica e il desiderio di competere. È cambiato tutto dopo la vittoria a Wimbledon”. Solo chi non la conosce resterà sorpreso: la sua vita è stata un costante ondeggiare tra l'amore per il tennis e il desiderio di restare a casa. Che qualche anno fa era sconfinato in farmaci e depressione.

Riccardo Bisti
23 marzo 2022

Non sapeva bene come dircelo, allora ha chiesto aiuto alla sua migliore amica. Con un filmato di sei minuti, pubblicato su Instagram, Ashleigh Barty ha annunciato l'addio al tennis. Un'intervista con Casey Dellacqua, sua ex compagna di doppio che ha enormi meriti per quella che è stata la sua seconda carriera. L'australiana lascia a 25 anni e 11 mesi, da numero 1 WTA. Si era già ritirata nel 2014, travolta dallo stress e dai ritmi frenetici imposti dal tennis. Si era costruita la sua dimensione: lezioni ai ragazzini insieme al suo primo mentore Jim Joyce, tante ore passate sul campo da golf (è lì che ha conosciuto il futuro marito Garry Kissick) e un posto in squadra con le Brisbane Heat, impegnate in Big Bash League (massimo campionato australiano di cricket). Sembrava tutto perfetto, ma un giorno di gennaio 2016 la Dellacqua l'ha quasi presa per mano, durante il torneo di Sydney. L'ha portata su un campo secondario, deserto, al riparo da occhi indiscreti, per riprovare a palleggiare. “Giocai con una delle racchette di Casey e dopo qualche colpo di mi sono detta: 'Questa sono io. È quello che dovrei fare'”. Qualche mese di allenamento, primo torneo nel maggio 2016 (semifinale all'ITF erbivoro di Eastbourne, partendo dalle qualificazioni) e via per un'avventura strabiliante. Ashleigh chiude con tre Slam in bacheca (Roland Garros 2019, Wimbledon 2021 e Australian Open 2022), quindici titoli in singolare e 121 settimane in vetta alla classifica mondiale, le ultime 114 consecutive, quarta striscia più lunga nella storia della WTA.

Sei anni dopo quei palleggi clandestini, è ancora la Dellacqua a condividere con lei un momento importante. “Lascio il tennis. È la prima volta che lo dico ad alta voce, ma sono pronta e felice – dice la Barty – non ho più la spinta fisica, il desiderio emotivo e tutto quello che serve per competere. Sono esausta. So quanto lavoro ci vuole per tirare fuori il meglio, e io non ho più la forza. Non ho più niente da dare sul piano fisico, ho dato quello che avevo”. E pensare che aveva iniziato la stagione alla grande: undici partite, undici vittorie. 25 successi negli ultimi 26 match giocati. Eppure il sentimento covava da tempo, da quando ha sollevato il Rosewater Dish di Wimbledon, prima australiana dopo Evonne Goolagong, aborigena come lei. “Vincere Wimbledon ha cambiato le mie prospettive. Era il mio unico grande sogno nel tennis. Nella seconda parte della mia carriera, la felicità non dipendeva più dai risultati”. Chi le stava vicino sapeva delle sue intenzioni, poi è subentrata una sfida di nome Australian Open. Anche in quel caso, una connazionale non vinceva da oltre 40 anni. Ashleigh ha abbracciato tensione e pressione, dominando dalla prima all'ultima palla. Chissà se sapeva che sarebbe stato il suo ultimo torneo.

«Mi rendo conto che qualcuno possa non capire, ma ho tanti sogni che non prevedono di viaggiare per il mondo o stare lontano dalla mia famiglia. È lì che sono cresciuta, è lì che voglio restare» 
Ashleigh Barty
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Ashleigh Barty ha scelto un'intervista-chiacchierata con Casey Dellacqua per annunciare il ritiro

“Mi sono già ritirata in un'occasione, ma oggi è completamente diverso – continua – allora mi ero fermata perché era arrivato tutto in fretta, ero molto giovane e volevo vivere come un'adolescente qualsiasi, avere esperienze normali”. Adesso si sta formando come donna, a breve coronerà il sogno d'amore con il suo Garry e ha ancora tanti sogni da realizzare. “Mi rendo conto che qualcuno possa non capire la mia scelta, ma ho tanti sogni che non prevedono di viaggiare per il mondo o stare lontano dalla mia famiglia. È lì che sono cresciuta, è lì che voglio restare”. Il ritiro della Barty è scioccante, ma non inedito. Era già accaduto che una numero 1 WTA lasciasse all'improvviso: Justine Henin si ritirò nel maggio 2008 e anche lei aveva 26 anni. Sarebbe tornata un paio d'anni dopo. La storia del tennis è piena di ritiri, pentimenti e ritorni più o meno felici: impossibile prevedere cosa accadrà alla Barty, anche perché è ancora molto giovane. Ma non c'è dubbio che la vita nel tour, o meglio la necessità di trascorrere così tanto tempo lontano da casa, non faccia per lei. Vita troppo impegnativa per chi proviene da Springfield, sobborgo di Ipswich, a ovest di Brisbane. Eppure, sin da piccola ha mostrato una sincera spinta verso la competizione. Le sorelle maggiori Sara e Ali giocavano a netball, ma lei si rifiutò: “Non voleva praticare quello che riteneva un gioco per ragazze” racconta papà Robert. E allora la portarono al West Brisbane Tennis Centre, circoletto con quattro campi in cemento a due passi da casa.

Qualcuno lo definirebbe postaccio perché è incastonato tra impianti di imbottigliamenti, magazzini e persino una fattoria. Ad accogliere i Barty c'era il maestro Jim Joyce, responsabile della scuola tennis. Di solito non accetta allievi sotto i 7-8 anni, mentre lei ne aveva 4. Ebbe la tentazione di rispedirla a casa, ma rimase colpito dalla sua impressionante coordinazione occhio-mano, oltre a una capacità di concentrazione fuori dal comune. “Fu uno dei motivi per cui la accettai – confessò Joyce - aveva una capacità di attenzione semplicemente incredibile. Sembrava una bambina di 9-10 anni per come apprendeva facilmente e non si distraeva da quello che dicevo. Negli anni ho visto tanti ragazzi di talento, forse con qualità tennistiche superiori ad Ashleigh, ma nessuno aveva la sua testa”. L'avventura della Barty è iniziata così, tra una lezione con Joyce e migliaia di pallate contro il muro di casa dopo aver trovato una racchetta di legno nel capanno dietro casa. Impediva ai genitori di riposare in pace, ma le favole si costruiscono anche così. Ashleigh aveva 12 anni quando ha iniziato ad allenarsi con gli adulti, e in quel periodo ha preso coscienza delle sue origini. La bisonna faceva parte degli Ngaragu, tribù che stazionava tra il sud del New South Wales e il nord-est del Victoria. Il senso di orgoglio e di appartenenza la spinsero a interessarsi alla sua provenienza, persino a provare a imparare il suo linguaggio. Ci rimase male quando scoprì che era quasi estinto.

La vittoria a Wimbledon, suo unico grande sogno legato al tennis, ha acceso i primi pensieri di ritiro

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Un legame così forte con le proprie radici cozza con la necessità di girare il mondo con un borsone in spalla. L'hanno spedita in giro per il mondo quando aveva 14 anni e iniziò subito il dilemma: da una parte un tennis fantastico, dall'altra la nostalgia di casa. Ogni giorno chiamava i genitori, piangendo. Sul campo dominava, ma dentro di sè stava male. Una volta, durane un torneo in Olanda, le capitò di singhiozzare tra un punto e l'altro. "Torna a casa" la supplicarono mamma e papà, ma lei ebbe la forza di tenere duro. C'è stato un anno in cui ha dormito nel suo letto appena 27 notti su 365. I sacrifici sono serviti a vincere Wimbledon junior, ma dopo il successo scappò via. Saltò persino la cena di gala e il ballo di fine torneo. La lotta tra l'amore per il tennis e il desiderio di restare a casa l'ha accompagnata per tutta la vita: come quando è diventata professionista ed è andata a vivere da sola a Melbourne, muovendo i primi passi nel circuito. Benino in singolare, molto bene in doppio. Ad appena 17 anni giocò tre finali Slam in coppia con la Dellacqua, ma poi nel 2014 il suo cervello è andato in fumo. Non ne poteva più. E così è arrivato lo stop a tempo indeterminato e la vita raccontata qualche riga fa. Ma non molti sanno che in quel periodo ha combattuto anche con la depressione. “Probabilmente l'ha ereditata da me – disse papà Robert – io sono un ossessivo-compulsivo, maniaco-depressivo e bipolare. Resterò in cura per tutta la vita”.

La futura numero 1 del mondo ha trascorso il 2015 in cura da una specialista, mischiando sfoghi a lacrime, un paio di mesi di farmaci antidepressivi e scoperte su di sé. “Ho capito di essere una perfezionista, e per chi fa il mio lavoro può essere un problema”. In questo modo ha ritrovato il suo equilibrio, e tutto sommato le piaceva. Dopo ogni partita con le Brisbane Heat andavano al pub e bevevano birra in compagnia. Sarebbe andata avanti così senza l'insistenza della Dellacqua e quel tardo pomeriggio a Sydney, su un campo deserto, lontano da occhi indiscreti. La seconda carriera della Barty è sotto gli occhi di tutti, con 305 partite vinte e un montepremi di quasi 24 milioni di dollari. A un certo punto dell'intervista-congedo si è commossa, perché il tennis le ha dato molto. Lo ha sempre amato, lo amerà per sempre. Ma a volte i sentieri della vita portano a un bivio, e bisogna fare una scelta. Non è detto che tra qualche anno non le si ripresenti la possibilità di riprendere in mano la sua Head, ma per adesso la strada di Ashleigh Barty è segnata. Certe cose possono accadere anche a 25 anni, non c'è nulla di strano. A noi, egoisticamente, mancherà: il suo tennis così tecnico era un'oasi in un deserto di grezze picchiatrici. Ma Ashleigh ha due privilegi: il coraggio di seguire i propri sogni, e la fortuna di poterlo fare. E dunque non ci resta che augurarle il meglio.