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US OPEN

Baby Boom

Vincendo il suo primo Slam, Carlos Alcaraz diventa il più giovane numero 1 nella storia del tennis. Ha sconfitto la stanchezza con 45 discese a rete, comprese le due decisive sui setpoint per Casper Ruud nel terzo set. E coach Juan Carlos Ferrero avvisa: “È soltanto al 60% del suo potenziale”

Riccardo Bisti
12 settembre 2022

Per essere bravi a gestire le vittorie, bisogna saper vivere nel modo giusto le sconfitte. E Carlos Alcaraz è un fantastico perdente, uno dei migliori della storia recente. Ricordate il suo atteggiamento dopo le finali di Amburgo e Umago? Aveva lasciato strada a Lorenzo Musetti e Jannik Sinner, aveva ottime ragioni per essere deluso, invece nelle foto ricordo il sorriso più radioso era il suo. Come Venus Williams, che a 42 anni non ha perso l'abitudine di donare un sorriso all'avversaria dopo ogni sconfitta. O come Novak Djokovic, forse il più bravo nel dare merito all'avversario anche dopo la sconfitta più bruciante. Magari non lo pensa, ma tant'è. In Carlos Alcaraz si vede ancora l'ingenuità del bambino che sta diventando uomo. C'è da credere che la premiazione dopo il trionfo allo Us Open sia stato il momento più duro del suo torneo, costretto a parlare in una lingua che non padroneggia ancora troppo bene, imbarazzato dalla personalità della presentatrice Chris McKendry e dal peso (metaforico, sia chiaro) dell'assegno di 2,6 milioni di dollari che gli è stato consegnato prima del trofeo. In mezzo alle banalità dette a favore del pubblico, ce n'è una che colpisce: “Quando sono andato ad abbracciare il mio clan, pensavo a mia mamma e a mio nonno che non sono potuti essere qui. Tanti familiari mi hanno sostenuto, ma non erano fisicamente presenti”.

Sarà pure il nuovo numero 1 del mondo, il più giovane della storia, ma è ancora un ragazzino di 19 anni che non è in grado di prendere troppe decisioni in autonomia. Per sua fortuna, accanto a sé c'è un team di persone che gli vogliono bene e non lo hanno preso per un bancomat. A partire da coach Juan Carlos Ferrero, che grazie a lui ha vinto quello Us Open che gli era sfuggito da giocatore, diciannove anni fa. Perse contro Roddick ma festeggiò ugualmente il numero 1 ATP. Stavolta il trionfo sul campo ha fatto compagnia ai verdetti del computer, e c'è stata anche parecchia commozione. Alcaraz è una sorta di figlioccio per lui. Un orgoglio, perché – almeno fino a oggi – è riuscito (con il supporto della famiglia, sia chiaro) a tenerlo sufficientemente lontano dalle tentazioni dello star system. Sarà pure retorica, ma è bello ricordare che il nuovo leader del tennis mondiale vive in un appartamento di 90 metri quadrati dentro l'Accademia Equelite, peraltro già frequentato da altri giocatori meno forti di lui. Una differenza enorme con chi ha ceduto alle sirene della bella vita ancora prima di vincere qualcosa di davvero importante. Non c'è nulla di male, ma la storia di Alcaraz intenerisce. Così come le immagini provenienti da Murcia, laddove hanno allestito un maxi-schermo per permettere ai suoi concittadini di seguire il match in piazza, in un senso di collettività che solitamente viene risvegliato solo dal calcio.

«Credo che Alcaraz e Sinner possano dominare il circuito per i prossimi 10 anni, specie dopo quello che hanno mostrato nei quarti»
Juan Carlos Ferrero
ASICS ROMA

Carlos Alcaraz è parso pù imbarazzato durante la premiazione che sul campo...

Al nono tentativo, Carlitos si è preso il suo primo titolo Slam: ha impiegato un po' di più di Nadal (che ha fatto centro alla sesta partecipazione), ma meno di Djokovic (dodicesima) e Federer (diciannovesima). Inutile lanciarsi in congetture su quanto potrà vincere, e fino a dove si potrà spingere. Ha davanti a sé una carriera lunghissima, ma una strada densa di ostacoli e grandi avversari. Adesso è il suo momento d'oro ed è giusto che se lo goda con gli occhi un po' incantati e l'ingenuità di chi ha 19 anni ed è costretto a crescere in fretta. “Non è tempo per essere stanco” aveva detto dopo gli ultimi match, tre battaglie di cinque set contro Marin Cilic, Jannik Sinner (con tanto di matchpoint annullato) e Frances Tiafoe. È stato di parola, anche se le gambe hanno dato chiari segni di cedimento nelle tre ore e mezza di lotta contro Casper Ruud, chiuse col punteggio di 6-4 2-6 7-6 6-3. Di là c'era un giocatore più fresco e molto regolare. Il norvegese sa di essere meno forte, ma gli ha inviato un segnale forte e chiaro: non gli avrebbe regalato la partita. Per vincere, Alcaraz avrebbe dovuto prendersela. E dare il meglio.
Lo ha fatto in un terzo set giocato in apnea, quando non riusciva più a sostenere con continuità le botte da fondocampo. E allora ha provato ad accorciare lo scambio, cercando il colpo vincente entro il quinto colpo e adottando spesso la tattica del serve and volley. Lo fa bene, ma non è esattamente il suo stile.

Lo ha ammesso in conferenza stampa: “Ho fatto tanto serve and volley perché ero nervoso – ha detto – a un certo punto ho avuto l'impressione che lui avesse più chance di me nello scambio da fondocampo, per questo ho scelto di andare spesso a rete”. E allora, dopo essere stato avanti di un break, ha sempre dovuto rincorrere. Fino all'undicesimo game, crocevia di tutta la partita. Al servizio sul 5-6, ha dovuto annullare due setpoint e lo ha fatto alla grande, con due volèe vincenti. Ha scelto lui il destino dello scambio, come ha riconosciuto Ruud: “In quel momento ha giocato bene e aggressivo – dice il norvegese – in situazioni del genere è facile pensare di tenere la palla in campo e poi vedere come va. Io sono stato un po' passivo sul primo, ho accorciato e lui è venuto a prendersi il punto a rete. Forse avrei dovuto fare qualcosa di più”. Quel qualcosa, invece, l'ha fatto Alcaraz. Fossimo in Ruud, saremmo delusi per il tie-break. Ha commesso tre errori molto gravi, uno dopo l'altro (due di rovescio, uno di dritto) che hanno portato lo spagnolo dall'1-1 al 4-1. La partita è finita lì, perché nel quarto set Alcaraz ha ritrovato brillantezza atletica e Ruud – anche se non l'ha dato a vedere – si è fatto prendere dallo scoramento. Più che stanchezza, la sua è stata frustrazione per l'esito di un terzo set che ai punti, forse, avrebbe meritato. Un break al sesto game ha fatto la differenza e un servizio vincente ha permesso al murciano di sdraiarsi sul Laykold, commuoversi e fare la tradizionale gita verso il suo angolo, accompagnato da due bodyguard.

HEAD

A 19 anni e 4 mesi, Carlos Alcaraz diventa il più giovane numero 1 nella storia. Il record precedente apparteneva a Lleyton Hewitt

I dieci punti più spettacolari del fantastico Us Open di Carlos Alcaraz

Abbracci per tutti, i più sentiti per Ferrero, per il papà e per il fratello. “Questa vittoria può essere una sorpresa per molti, ma non per me – ha detto il coach – perché lo vedo da anni e in lui ho subito visto qualcosa di speciale. Ero abbastanza sicuro che il titolo Slam sarebbe arrivato presto, se non quest'anno, magari il prossimo”. Ha poi aggiunto di averlo incitato a essere il più possibile aggressivo, perché nei tornei di avvicinamento (Montreal e Cincinnati) lo aveva visto un po' scarico. “Aveva perso la felicità in campo, si preoccupava troppo dei numeri e meno del suo gioco. Allora gli ho consigliato di presentarsi a rete su qualsiasi palla meno profonda. Ci siamo allenati molto su questo punto, lo ha fatto bene e credo che sia una delle chiavi che lo hanno portato a divertirsi di nuovo”. Alcaraz è il 24esimo giocatore a vincere uno Slam dopo aver annullato almeno un matchpoint lungo il percorso, il 15esimo nell'Era Open. L'ultimo era stato Novak Djokovic a Wimbledon 2019, nella storica finale contro Federer. Lui è stato sull'orlo del baratro contro Jannik Sinner.

Un rovescio in corridoio che ha cambiato la storia del torneo e che l'azzurro faticherà a dimenticare. “Ma credo che Carlos e Jannik possano dominare il circuito per i prossimi 10 anni, specie dopo quello che hanno mostrato nei quarti – ha aggiunto Juan Carlos Ferrero – ovviamente ci sono altri giocatori zome Zverev, Thiem, Ruud e Tsitsipas: avranno sicuramente chance di vincere gli Slam, ma con tutto il rispetto... io la penso così”. E c'è un'altra frase, sempre di Ferrero, che può spaventare la concorrenza: a suo dire, Alcaraz è appena al 60% del suo potenziale. “Può migliorare tante cose. Lo sa, e sa che deve lavorarci. Una volta arrivato al numero 1, non è finita. Devi continuare a lavorare e mantenere un certo livello per vincere i tornei. Lo sa, ma gli starò addosso per ricordarglielo”. E via un sorriso, di quelli belli. È stata la notte di Carlos Alcaraz, ma è certamente la prima di tante. La speranza è che rimanga sempre lo stesso, con quel candore che lo rende così apprezzabile. Un candore diverso rispetto a quello dei Big Three quando vinsero il loro primo Slam. Nei loro sguardi c'era una convinzione forte, feroce. Giusta, ma meno poetica.

US OPEN 2022 – FINALE UOMINI
Carlos Alcaraz (SPA) b. Casper Ruud (NOR) 6-4 2-6 7-6(2) 6-3