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LA STORIA

Entrava tra i top-50 e accumulava debiti col poker

La difficile storia di Thiemo De Bakker. Da giovane ha vinto tutto, compreso Wimbledon junior. Ma i fantasmi dell'infanzia, culminati nel difficile rapporto con il padre, lo hanno investito durante la carriera. Si è dato all'alcol e al gioco d'azzardo, bruciando decine di migliaia di euro. Ad alti livelli è durato solo un anno, poi ha sempre veleggiato nelle retrovie. Ha vinto l'ultimo torneo giocato, ma è fermo da oltre un anno.

Riccardo Bisti
20 novembre 2020

L'ultima partita l'ha giocata in Italia. E l'ha pure vinta. Magra consolazione. Per trovare il nome di Thiemo De Bakker nella classifica mondiale bisogna scendere fino al numero 674, in mezzo ai carneadi. Agli scarti del sistema. Ci si è infilato con le sue mani, bruciando un talento che prometteva un gran futuro, magari da erede di Richard Krajicek. L'accostamento non è casuale, poiché si è aggiudicato la prova junior di Wimbledon nel 2006, dieci anni dopo il trionfo del connazionale nel torneo dei grandi. Quell'anno è stato numero 1 del mondo tra i giovani. I numeri raccontano che tra i professionisti si è affacciato su buoni livelli. Come puoi definire fallito uno che è stato numero 40 ATP? Uno che ha raggiunto per tre volte il terzo turno di uno Slam? Che ha vinto 22 tornei, equamente divisi tra Challenger e Futures? Che ha battuto Tsonga, Verdasco, Berdych, Ferrero e Thiem? Non puoi, infatti. Però avrebbe potuto fare meglio. De Bakker non è il classico talento mancato. Nel suo caso c'è qualcosa di più grave, più profondo. C'è la storia di un ragazzo che si è fiondato nel tunnel degli stravizi, un eroe maledetto che ha corso rischi ben più grandi rispetto a un semplice fallimento agonistico. Roberto Palpacelli si è raccontato in un libro, il serbo Nikola Gnjatovic si è confessato in TV. Chissà quanti altri ce ne sono stati. Paradossalmente, la storia di De Bakker non era così conosciuta. I suoi successi in età giovanile sono stati possibili grazie ad Adidas, che lo aveva messo sotto contratto e gli aveva messo alle calcagna due tecnici (Rohan Goetzke e Mats Merkel) che lo sapevano prendere.

Gli facevano vivere il tennis come un divertimento. Ma quando il loro sostegno è venuto meno, il tennis è diventato improvvisamente un lavoro. “E allora ho preso la direzione sbagliata. Mi sono tuffato nella vita notturna” ha raccontato nell'intervista confessione con il giornale olandese Volkskrant, quando sperava ancora di ritrovare il grande tennis. I tennisti hanno bisogno di una ferrea disciplina. Allenamenti, orari, alimentazione... lui invece rimaneva fuori fino alle 5-6 del mattino. Frequentava i posti peggiori, i pub che gli consentivano di fuggire dalla realtà, dalle preoccupazioni. “Era un semplice sfogo. È difficile sfuggire alla routine, Molti non lo sapevano, riuscivo a mascherare il fatto che bevessi molto”. Pur facendo questa vita, nel 2008 ha vinto un torneo professionistico ad Alkmaar, nella sua Olanda. Come se non bastasse, si è tuffato negli stravizi. Ludopatia. Per un lungo periodo ha giocato a poker online e al casinò. “Mi ha portato via moltissimi soldi per un paio d'anni. Tempo dopo, ho compreso il valore di tutti quei soldi. E di quanto fossi stupido”. Ha bruciato decine di migliaia di euro in questo modo. Pare che altri giocatori olandesi avessero il vizio del tavolo da poker. Uno di questi avrebbe vinto 80.000 euro. “Io giocavo a poker soprattutto online, al casinò non andavo spesso. C'è stato un periodo in cui correvo fuori dal campo da tennis per giocare a poker. Era il mio modo per sfogare il disagio. Inconsciamente, prendevo a calci il mio passato. Non posso negare che il vizio del gioco fosse diventato una dipendenza”.

"C'è stato un periodo in cui correvo fuori dal campo da tennis per giocare a poker. Era il mio modo per sfogare il disagio. Inconsciamente, prendevo a calci il mio passato. Non posso negare che il vizio del gioco fosse diventato una dipendenza"
Thiemo De Bakker
Thiemo De Bakker si è tolto la soddisfazione di battere Roger  Federer: è successo in doppio, in un match di Coppa Davis

Non si è neanche fatto aiutare. Dopo aver toccato il fondo, ha imparato la lezione. Si è reso conto del problema osservando il suo conto in banca, sempre più povero. Il suo vizio gli stava costando una fortuna. Poi sono arrivati ulteriori problemi: nel migliore momento della sua carriera, un manager gli ha suggerito di lavorare con Mario Ancic. Gli è costato 10.000 euro al mese, più le spese. “Poi nel 2011 ho pagato il preparatore atletico e il fisioterapista. Avevo provato a investire sulla mia carriera, ma in realtà è stato uno spreco di denaro perché non vivevo come un professionista”. Per trovare le ragioni della deriva umana di De Bakker, i calci al passato di cui parla, bisogna risalire al 2003, anno in cui i suoi genitori si sono separati. Ne è seguita una battaglia legale durata anni. “Mio padre si era costruito una seconda vita. Lavorava a Den Helder e diceva di trascorrere tutta la settimana in hotel. Mia madre ha scoperto che viveva con un'altra donna”. Come se non bastasse, era travolto dai debiti. “Ero un bambino e non ricordo molto, ma col senno di poi posso dire che si stavano frantumando i pezzi del puzzle della mia vita. Quell'estate sono rimasto con lui in Olanda, mentre il resto della famiglia stava in una roulotte, nel sud della Francia. Mi diceva di andare a giocare con i vicini. In quel modo poteva vedersi con l'altra donna”.

Il tennis avrebbe potuto essere l'ancora di salvezza, un modo per ripulire la mente e fuggire dalla prospettiva di una miseria. La madre lo ha spedito ad allenarsi con Huib Troost, l'uomo che gli ha fatto da secondo padre. Prima si sono allenati a Spijkenisse e poi ad Amstel. Per un anno hanno convissuto. “Devo ringraziarlo, è stato il mio secondo padre e mi ha guidato dai 10 ai 18 anni. Però avevo avevo bisogno di un approccio più rigoroso, una guida più severa. Da junior ho vinto tutto, quindi nessuno mi rimproverava”. Poi restava il problema della famiglia. Si era allontanato dal padre, ma sperava di riavvicinarlo a fine carriera. Non è stato possibile, perché Rob De Bakker è scomparso nel dicembre 2011. “Mi scriveva delle lettere in cui mi chiedeva solo come andasse a tennis, mai come stessi io. Soltanto dopo ho scoperto che era gravemente malato. È morto durante il Masters nazionale a Rotterdam. La notizia mi lasciò quasi indifferente, il giorno dopo ho giocato tranquillamente la finale contro Igor Sijsling. La botta è arrivata dopo. Sono andato al funerale, ma principalmente per stare vicino a mio fratello Kayo”.

Thiemo De Bakker ha vinto Wimbledon junior nel 2006, battendo in finale il polacco Marcin Gawron. Quell'anno ha chiuso la stagione al numero 1 del mondo
Una delle più belle imprese di De Bakker: la vittoria contro Dominic Thiem in cinque set, a Kitzbuhel. All'epoca, l'austriaco era numero 28 ATP

Non pensava che sarebbe stato così doloroso. E non pensava che i fantasmi del passato lo avrebbero accompagnato per tutta la carriera. Per il pubblico del tennis, De Bakker era un buon giocatore, forse un talento inespresso. Pochi conoscevano i suoi dilemmi interiori. “Purtroppo assomigliavo a mio padre più di quanto volessi ammettere. Ed è stato doloroso scoprirlo. Ho tradito la mia ex ragazza, siamo stati insieme per anni, per fortuna abbiamo conservato un buon rapporto. Non pensavo alle conseguenze del mio comportamento. Sono pessimo come lui. Da un lato mi faccio degli scrupoli, ma c'è anche un lato egoista in me che vuole vivere liberamente”. Ma l'ha pagata. Per quanto il sito ATP racconti che ha guadagnato quasi 2 milioni in soli prize money, c'è stato un periodo in cui aveva 100.000 euro di rosso. Nei tornei piccoli non guadagnava nulla e si ritrovò a dover pagare le tasse per quanto guadagnato nel suo anno d'oro, il 2010. “Alcune persone intorno a me hanno cancellato il mio debito. In caso contrario, avrei smesso di giocare a tennis”. Quando gli dicevano che aveva bruciato il suo talento in due anni, rispondeva che c'era ancora tempo per rimediare. In effetti è nato a pochi giorni di distanza da Juan Martin Del Potro e Marin Cilic, entrambi campioni Slam. Ed è più giovane di Djokovic, Murray, Nadal...

In realtà ha provato a rimettersi in carreggiata tra il 2013 e il 2015. Ha anche ritrovato i top-100, ma non ha mai raggiunto la costanza necessaria. Nel 2017 si è ritrovato a giocare i Futures che dieci anni prima vinceva tra un drink e l'altro. Ma pagare l'iscrizione, giocare senza raccattapalle e tutto il resto era davvero pesante per chi aveva giocato sul centrale del Roland Garros, nel giorno in cui L'Equipe gli aveva dedicato un profilo. “Devo separarmi dal passato, ma è facile a dirsi. Il fatto è che mi sono costruito una brutta reputazione. Un reietto, un uomo un po' perso. Quell'immagine non mi abbandonerà mai”. Vero, anche perché sul campo non è più riuscito a emergere dai tornei minori. In Coppa Davis tornava ancora utile, come nel febbraio 2018, quando ha battuto Adrian Mannarino in trasferta. Giocando per la vecchia Insalatiera si è tolto grandi soddisfazioni, come un successo su Federer in doppio e un'impresa contro Thiem, in Austria, sulla terra battuta. Ma nel circuito non ha più avuto costanza e dedizione. Ha giocato il suo ultimo torneo a Santa Margherita di Pula, nell'ottobre 2019. Lo ha vinto, poi è uscito di scena. Anche sui social è poco presente: l'ultima traccia risale a cinque mesi fa, in un post promozionale per campagna Hit the Ball, il cui obiettivo è avvicinare più olandesi possibili al tennis. Per il resto, silenzio. Speriamo che abbia cancellato i suoi fantasmi.