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PROPOSTA SHOCK

“Un super tie-break a 12 al posto del terzo set”

È l'idea di Victoria Azarenka, secondo cui lo spettacolo dovrebbe essere più breve. Ma togliere il terzo set snaturerebbe eccessivamente il gioco, e per cosa? Per risparmiare 20-30 minuti? I match notturni e la bruttezza dei tabelloni a 96: persino i WTA 500 sono più intriganti.

Riccardo Bisti
17 agosto 2023

Possiamo dirlo? Certe cose hanno un po' stufato. Con cadenza (più o meno) regolare, figure (più o meno) qualificate dicono la loro su come cambiare il tennis e renderlo più attraente. E tutti sembrano andare in un'unica direzione: accorciare la durata dello spettacolo, perché – questa sarebbe l'idea principale – il mondo sta andando in una direzione ben precisa. Quella del multitasking, del tutto e subito. Ci ha provato l'ATP con le Next Gen Finals, il cui format di punteggio può andare bene per un'esibizione ma non è mai stato preso seriamente in considerazione per il circuito. E non è un caso che il Masters riservato agli Under 21 non abbia mai assegnato punti ATP. In modo ancora più rivoluzionario (e provocatorio) ci ha provato Patrick Mouratoglou con il suo UTS (Ultimate Tennis Showdown), il cui sistema di punteggio sembra un mix tra basket e pallavolo. Partito dalla sua accademia, l'ha esportato in California e in autunno sbarcherà prima in Germania e poi in Corea. Ma si tratta pur sempre di un'esibizione. L'ultima proposta arriva da Victoria Azarenka in una surreale conferenza stampa a Cincinnati, che è parsa un mix tra uno sfogo e un comizio elettorale. La bielorussa ha toccato diversi temi, non tutti a vanvera, salvo poi gettare un masso nello stagno. Parlando della necessità di avere orari il più possibile certi, ha detto che ci vogliono match più brevi.

“Non so come tutto questo sarebbe accolto, ma la competizione non ne risentirebbe più di tanto – dice – ok, c'è la tradizione, ma non credo che il gioco diventerebbe irriconoscibile. Ci vorrebbe un terzo set a 12 punti. Deve esserci una qualche innovazione”. Boom. Secondo l'ex numero 1 WTA, il singolare dovrebbe seguire le orme del doppio: al posto del terzo set dovrebbe esserci un super tie-break a 12 punti, grossomodo la metà di quanto propone un set tradizionale. Il concetto non è nuovissimo: ormai quindici anni fa, un format simile è stato introdotto nel doppio. Un tie-break a 10 sostituisce il terzo set, peraltro dopo che i primi due si giocano con la formula del no-ad. Ma si tratta di una specialità poco attraente per il pubblico, tenuta in vita più o meno artificialmente. È stato uno stratagemma per evitarne l'estinzione, peraltro riuscito a metà: se l'obiettivo era attirare i più forti singolaristi, non è stato raggiunto. In singolare, il super tie-break si gioca nelle qualificazioni dei tornei ITF. Ma si parla di semi-professionismo, senza alcun interesse mainstream. Portare questo format nel circuito maggiore sarebbe una delle più grandi rivoluzioni della storia. Senza fare i paladini della tradizione, quale utilità potrebbe avere? Ridurre la durata dei match di 20-30 minuti? Vale la pena armarsi di cacciavite e scassinare norme ultrasecolari per risparmiare qualche minuto?

Le donne hanno vinto "la battaglia delle palle"

L'anno scorso avevano fatto scalpore le lamentele di diverse giocatrici, guidate da Iga Swiatek, per le palline utilizzate nei tornei americani sul cemento. Da anni, Wilson produceva modelli diversi per uomini (Extra Duty) e donne (Regular Duty). La numero 1 si lamentò moltissimo, sostenendo che le palle per le donne fossero troppo leggere, poco controllabili e che una differenza del genere poteva avere senso molti anni fa, non certo oggi che le donne sono ben preparate atleticamente. L'ha avuta vinta: nel 2023, anche le donne utilizzano le palle Extra-Duty. “Da quello che scrive Wilson sul tubo, sono palle pensate appositamente per il cemento, dunque ha più senso. Infatti potete vedere che ho giocato meglio a Montreal rispetto a dodici mesi fa a Toronto". Un po' meno entusiastico il commento di Jessica Pegula. “Penso che siano un po' più pesanti, quindi non escono così forte dalla racchetta, o forse non ci siamo abituate”.

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“Negli ultimi 15 anni, cosa è cambiato? - si domanda la Azarenka – sono arrivati occhio di falco, la video-rewiew, il coaching e il super tie-break a 10 punti che peraltro non è ovunque. Dobbiamo pensare fuori dagli schemi. Voglio ascoltare l'opinione dei giocatori e quella dei tornei, poi potrebbe nascere un compromesso”. La bielorussa fa parte del Player Council WTA e sembra animata da buone intenzioni. A 34 anni di età e con un figlio di 6, non è troppo distante dal ritiro: si può credere che voglia lasciare il circuito in condizioni migliori rispetto a come l'aveva trovato. Vika ha iniziato il suo monologo ancora prima di sedersi, lamentandosi perché non fanno altro che chiederle delle mancate strette di mano con le giocatrici ucraine. “La scorsa settimana ho tenuto una conferenza stampa a Montreal e ho richiesto la trascrizione. Non si trovava da nessuna parte, e l'unica cosa che è venuta fuori riguardava le strette di mano”. In realtà il transcript si trova facilmente, compresa la parte con gli argomenti a lei più cari. Vika aveva detto che il tennis deve osservare quello che accade in altri sport e agire di conseguenza.

“Non bisogna cambiare il gioco fino a renderlo irriconoscibile, ma intanto Wimbledon ha portato il doppio maschile al meglio dei tre set. I tempi stanno cambiando, la fisicità dello sport sta cambiando – aveva detto – se vogliamo avere eventi di qualità, accorciando le partite, i giocatori sono più sani e ci sono più rivalità”. Aveva poi menzionato l'UTS. “Non dico che debba essere portato nel tour, ma se ripenso ad alcune discussioni avute con i tornei del Grande Slam, l'idea migliore che hanno avuto per aggiungere drammaticità è che le donne giochino al meglio dei cinque set. Mi spiace, ma è stata la cosa più stupida che abbia mai sentito”. Non ha torto: allungare i match femminili durante gli Slam complicherebbe molto la programmazione, oltre a creare decine di match di scarsissimo interesse. Forse potrebbe avere senso dai quarti in poi, ma è un'altra storia. Abolire il terzo set nel circuito è un'idea sbagliata che nasce da un'esigenza giusta: avere una programmazione giornaliera più intelligente. Tutto nasce dai match finiti oltre la mezzanotte. Quest'anno ce ne sono stati diversi, con Rybakina-Kasatkina come punta dell'iceberg.

Dopo le proteste dell'anno scorso, quest'anno le donne stanno utilizzando le stesse palle degli uomini nei tornei americani sul cemento

La tappa californiana dell'UTS è stata molto divertente, ma davvero il tennis ha bisogno di diventare così?

“Il tennis è l'unico sport in cui non sai con il dovuto anticipo quando giochi – ha detto – ieri erano le 23 e non sapevo a che ora avrei giocato. È ridicolo per tutti: per un tennista è inaccettabile, mentre uno spettatore non sa cosa vedrà”. Secondo la bielorussa bisognerebbe intervenire sulla sessione serale. A suo dire dovrebbero esserci due slot orari: le 18 e le 20.30, ma con più campi a disposizione. “Bisognerebbe spendere un po' di più per la produzione televisiva, ma così si giocherebbe in fasce orarie in cui si può fare mercato. Sarebbe più facile e non se ne parlerebbe ogni settimana”. Non ha tutti i torti: rifacendosi a quanto detto dalla Swiatek, i match al via dopo le 23 hanno pochissimo appeal per il pubblico e gli sponsor (reali e potenziali). Giocare in prime time è giusto, e anche gli slot orari proposti dalla Azarenka non sono male. Ma non si può abolire il terzo set per avere la certezza dell'orario d'inizio. Dando due ore e mezzo di spazio tra un match e l'altro ci sono ottime possibilità che i tempi vengano rispettati. Se poi capita il match più lungo, non sarebbe certo un problema iniziare alle 21-21.15. La Azarenka non manca di autostima: “Voglio avere discussioni interessanti perchè sono professionale e le mie risposte sono perspicaci” ha detto, aggiungendo che le sembra di sprecare il suo tempo nel parlare delle mancate strette di mano.

Le diamo atto dell'impegno e della buona fede, così come di alcune frasi condivisibili. Per esempio, ha capito che i tornei di 12-14 giorni e i maxi-tabelloni a 96 non fanno bene ai giocatori e al pubblico. “Sono troppo lunghi: meglio durate di nove giorni, perché se perdi al primo turno non puoi allenarti tredici giorni per la partita successiva. Penso ai nostri WTA 500: ad Adelaide non ero entrata in tabellone nonostante fossi numero 23. Significa che il livello medio è altissimo. Anche qui puoi trovare la numero 11 al primo turno. Puoi vedere grandi match sin dal primo turno, senza dover per forza aspettare le semifinali”. Ha perfettamente ragione, ma l'esigenza si scontra con quelle dei tornei. Più giorni significano più incassi, più visibilità, più diritti TV e più denaro. “Io provo a essere ragionevole, trovare compromessi e creare idee. Dietro le quinte stiamo lavorando a parecchie cose, ma ci si muove troppo lentamente. È giunto il momento di fare qualcosa di concreto”. Va bene, ma non certo inserendo un tie-break a 12. Portare il 3 su 5 nel femminile può essere stupido, ma togliere il terzo set non è certo un'idea molto più intelligente...