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MUTUA MADRID OPEN

“Lehecka chi?”

Snobbato da John McEnroe durante una telecronaca, Jiri Lehecka è l'uomo-guida della rinascita ceca. A Madrid ha raggiunto la prima semifinale in un Masters 1000, ma il suo mental coach è convinto che entrerà tra i top-10. E poi c'è l'aiuto di Tomas Berdych, super-coach a tempo perso...

Riccardo Bisti
3 maggio 2024

Jiri Lehecka dice di essere un tipo molto concentrato. “Ma fuori dal campo sono molto divertente, mi piace giocare a carte e parlare di stupidaggini”. Perfetta dicotomia, ben teorizzata da una delle figure più importanti della sua carriera. Non il super-coach Tomas Berdych, l'allenatore di lunga data Michal Navratil e nemmeno il preparatore atletico Radek Stepanek (soltanto omonimo dell'ex leggenda del tennis ceco). Tutti fondamentali, ci mancherebbe, ma se oggi Jirka è prossimo all'ingresso tra i top-20 ATP (li raggiungerà se stasera batterà Felix Auger-Aliassime) lo deve anche al minuzioso lavoro con il mental coach Jan Muhlfeit. Un personaggio di altissimo profilo, che per anni ha lavorato con Bill Gates ed è stato presidente della filiale europea di Microsoft. I due lavorano insieme dal 2018, quando furono messi in contatto da Dusan Hajatko, l'allora tecnico di Lehecka. Il primo incontro è avvenuto nel ristorante della stazione ferroviaria di Praga, laddove erano in attesa del treno per Prostejov (città in cui Lehecka si allena sin dall'età di 15 anni). Muhlfeit elaborò un concetto ancora oggi molto prezioso per il suo allievo: tenere la scimmia sotto controllo. A suo dire, nel cervello di ognuno di noi si trovano un professore e una scimmia.

Il professore è la parte logica, il cui obiettivo è che la persona abbia successo. L'obiettivo della scimmia è la sopravvivenza. “Se quest'ultima prende il sopravvento, dopo aver sbagliato una palla inizierai a credere che perderai la partita” dice Muhlfeit. Per far prevalere il professore, Lehecka ha imparato alcune tecniche di respiro per tenere legate mente e corpo. I risultati sono arrivati piuttosto alla svelta, peraltro nel momento giusto. Nel febbraio 2022, la Repubblica Ceca era rimasta senza neanche un top-100 ATP. Inaccettabile per un Paese di così grande tradizione. Curiosamente, proprio quella settimana Lehecka arrivava in semifinale a Rotterdam partendo dalle qualificazioni. Il lunedì successivo è salito al numero 92, dando il via a una fase tutta nuova che oggi comprende anche Tomas Machac e (soprattutto) Jakub Mensik. L'obiettivo è riportare la Repubblica Ceca al periodo d'oro di Berdych e Stepanek, capaci di vincere per due volte di fila la Coppa Davis. In quegli anni Lehecka era un ragazzino che faceva un po' di tutto: sci, tennis, bicicletta e nuoto. Se la cavava soprattutto in piscina, visto che papà Jiri è stato un ottimo nuotatore. Ma alla fine ha prevalso la spinta della madre e del nonno, i primi a mettergli una racchetta in mano nella natia Knezmost, sobborgo di Mlada Boleslav.

Lo sapevi che...

Lehecka parla spesso delle difficoltà economiche per un tennista. "La gente pensa che siamo tutti miliardari, ma non è così. Per poterti permettere un team di più persone devi essere almeno tra i primi 50. Personalmente spendo 85.000 euro all'anno soltanto di voli, ma poi bisogna aggiungere gli stipendi e gli hotel... Prima del Covid, un volo da Praga a Melbourne costava 3.500 euro, adesso supera i 7.000. Ma per un viaggio così lungo la business class è d'obbligo".

In un Paese così piccolo, con appena 10 milioni di abitanti e una profonda cultura sportiva, è difficile che un talento passi inosservato. Nel caso di Lehecka fu il manager Miroslav Cernosek a intuirne le potenzialità e a portarlo a Prostejov, uno dei cuori pulsanti del tennis ceco. Per un po' ha fatto il pendolare, poi si è trasferito definitivamente quando ha iniziato a studiare presso il Ginnasio Jiri Walker. I genitori ci tenevano molto. “Il diploma era l'obiettivo minimo. Nella mia famiglia sono tutti andati all'università, per adesso sono l'unico a non averlo fatto. Ma sapete, con il tennis...” dice Jiri, che però vive di riflesso la vita accademica della fidanzata Viktoria, tennista-studentessa negli Stati Uniti. Frequenta la facoltà di psicologia all'Università di Atlanta, ma il loro legame resiste anche alla lontananza e si danno reciprocamente forza. La crescita è stata lenta ma costante: prima i Futures, poi i Challenger, infine il circuito ATP.

Jirka è diventato grande nel 2022, chiuso con la partecipazione alle Next Gen Finals di Milano (giunse in finale, persa contro Nakashima), poi si è rivelato al pubblico mainstream con i quarti di finale all'Australian Open 2023. In mezzo, vittorie contro Cameron Norrie e lo stesso Auger-Aliassime. “Lehecka chi?” disse John McEnroe durante la telecronaca della finale, su ESPN, quando gli elencarono gli avversari battuti da Djokovic lungo il suo percorso. Una mancanza di rispetto e considerazione che in Repubblica Ceca hanno preso malissimo. Ogni volta che Jiri ottiene una bella vittoria, la stampa ricorda l'infelice uscita di Mac, come a rendergli pan per focaccia. Negli ultimi mesi hanno avuto diverse occasioni per farlo, a maggior ragione da quando nel team è arrivato Tomas Berdych, super-coach ma anche fratello maggiore. “Sembrava destino che dovessimo lavorare insieme – racconta Lehecka – lui era allenato da Jaroslav Navratil, che è il padre del mio coach. E non dimenticherò mai quando ci diede i biglietti per assistere al suo match contro Nadal a Melbourne, nel 2019. Oltre a essere ancora molto forte, infatti è un valido sparring, mi piace il suo approccio perché vede le cose da giocatore ma le spiega da allenatore”.

L'affermazione di John McEnroe che ha fatto arrabbiare i cechi

Anche se non viaggia con lui ogni settimana, Berdych è in stretto contatto sia con Lehecka che con Navratil. E c'è da credere che gli abbia dato i consigli giusti per battere Nadal nella bolgia del Manolo Santana, in un match ad alto tasso emotivo perché avrebbe potuto essere – e infatti è stato – l'ultimo di Rafa sul Centrale di Madrid. Non mancavano le suggestioni, visto che proprio in questo torneo c'era stata la vivace polemica tra Nadal e lo stesso Berdych, che nel 2006 zittì il pubblico della Madrid Arena dopo la vittoria, scatenando le ire di Rafa. I due hanno ricucito il rapporto, e poi Lehecka non c'entra nulla. All'epoca aveva cinque anni e gliel'avranno giusto raccontato. Ma ha fatto in tempo a rendersi conto della leggenda di Rafa, al punto che si erano allenati insieme proprio alla Caja Magica, alla vigilia del torneo. Una sessione che è servita al ceco per comprendere il gioco di Rafa. Quando si sono ritrovati in torneo, ha trovato il modo per tenere a bada la sua scimmia interiore, anche a costo di sembrare un pochino irrispettoso nelle frasi post-match. Gli hanno chiesto se avrebbe chiesto la maglia a Rafa proprio come Pedro Cachin al turno precedente.

“Forse no. Se stai giocando una partita e stai pensando di chiedere qualcosa al tuo avversario, allora perché sei lì? Per me è un po' strano. Ognuno ha la sua opinione, rispetto totalmente quello che ha fatto Pedro, ma io non farei una cosa del genere. Forse dopo il torneo o in un'altra occasione, come quando gli ho chiesto una foto dopo il nostro allenamento. Allora non sapevo che lo avrei affrontato. Ma in partita è un'altra cosa”. Ragionamento giusto, probabilmente figlio degli insegnamenti di Muhlfeit, che in tempi non sospetti disse che di aver visto in lui le potenzialità di un top-10. Per adesso ne ha battuti quattro, compreso quel Daniil Medvedev costretto al ritiro dopo appena un set per un problema all'anca destra, stessa zona fatale a Sinner. Lui ha ringraziato, intascato e oggi – almeno secondo i bookmakers – parte leggermente favorito contro Felix Auger-Aliassime. In fondo lo ha già battuto in Australia, lo scorso anno. A suon di risultati, magari, potrebbe convincere l'amministrazione della sua città a dedicargli una statua. “L'unica personalità di Knezmost è stato il famoso architetto Alois Zima. Oggi mi sembra difficile, ma in futuro chissà...”