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US OPEN

L'impresa di un bravo ragazzo senza sponsor

Se è un tennista, Pedro Cachin lo deve ad Alex Corretja. Lo ha accolto a casa sua e ha investito sulla sua carriera senza chiedere nulla in cambio. Dopo tante tribolazioni, è entrato tra i top-100 ed è al terzo turno dello Us Open. Anche se deve ancora comprarsi l'abbigliamento. 

Riccardo Bisti
1 settembre 2022

“No quiero hablar sin saber”. Non voglio esprimere opinioni senza conoscere bene le cose. In 27 minuti di intervista, Pedro Cachin ha ripetuto questo concetto 4-5 volte. Eravamo nella Sala Wimbledon dell'ASPRIA Harbour Club di Milano, durante il torneo Challenger del capoluogo lombardo. L'argentino si era rivelato un ottimo interlocutore, quello che si può definire bravo ragazzo. Dopo aver raccontato la sua curiosa storia, esprimeva la sua opinione sulla piaga delle partite truccate, sui montepremi da fame nei tornei minori, sul modo in cui è gestito il tennis. Opinioni argomentate, ma con umiltà. “No quiero hablar sin saber”, appunto.
Oggi il 27enne di Bell Ville, provincia di Cordoba (stessa città dell'ex calciatore Mario Kempes) è al terzo turno dello Us Open. Dopo una carriera di sofferenze, non poteva che arrivarci al termine di due battaglie di cinque set. Via Aljaz Bedene, via Brandon Holt, reduce da un notevole battage mediatico perché figlio di Tracy Austin. C'era anche lei, in tribuna, ad assistere a questo folle 2-6 1-6 6-1 7-6 7-6 con cui il figlio ha conosciuto gli arditi sentieri dei match al meglio dei cinque set. Era il match più importante della vita per entrambi, con in palio un maxi-assegno di 188.000 dollari. Holt ha dominato i primi due set, si preso una vacanza nel terzo, ma nel quarto è volato fino al 4-2. A quel punto il match è diventato un mix tra battaglia agonistica e lotta per la sopravvivenza.

Cachin ha vinto il quarto al tie-break e nel quinto aveva più benzina, con l'avversario che si limitava a rimandare la palla dall'altra parte. Il suo cervello si è inquinato e non è riuscito a brekkare, anzi, è stato a due punti dalla sconfitta sul 5-6. Ma al super tie-break l'ha spuntata, gettandosi per terra sotto il sole e i 30 gradi di New York. Qualche ora dopo, si è concesso un lunghissimo abbraccio con Alex Corretja a favore delle telecamere di Eurosport. E allora è necessario un corposo rewind, perché la storia di Cachin è di quelle da raccontare.
Per quanto Cordoba abbia un'ottima tradizione tennistica (David Nalbandian, l'attuale presidente AAT Agustin Calleri), è dura diventare professionista da quelle parti. Cachin ha iniziato a giocare nella sua Bell Ville con il maestro Alejandro Orselli, poi si è spostato a Villa Maria, a 60 km da casa. Prima ha fatto il pendolare, poi si è trasferito nella nuova città. “Ma lì era impossibile svilupparsi, però a Villa Maria c'era una persona che conosceva Alex Corretja. Gli abbiamo chiesto se potesse metterci in contatto con lui, anche solo per allenarci un po' in Spagna”. Detto, fatto. Quando è arrivato a Barcellona, Cachin non trovò l'ex numero 2 del mondo. È spesso in giro, ha mille impegni... Ma poi, finalmente, il 6 maggio 2014 i due si sono conosciuti.

«Corretja è stato numero 2 del mondo e avrebbe potuto montarsi la testa, invece ha investito sulla carriera di un ragazzo della provincia argentina»
Pedro Cachin
ASICS ROMA

L'emozionante vittoria di Pedro Cachin contro Brandon Holt

Un allenamento in cui Corretja rimase colpito da un ragazzo educato e determinato. La settimana successiva lo ha seguito in un torneo Futures e ha scelto di investire su di lui. Senza chiedere nulla in cambio. Papà Cachin è tornato in Argentina, mentre Pedro è stato ospitato per qualche mese a casa di Corretja, salvo poi stabilirsi a Barcellona. “Non è in campo 365 giorni all'anno – dice Cachin – ma parliamo tutti i giorni, di tennis e di vita. Lui è stato numero 2 del mondo e avrebbe potuto montarsi la testa, invece ha investito sulla carriera di un ragazzo della provincia argentina”. Cachin è stato una giovane promessa: numero 8 tra gli Under 18, nei tornei di categoria batté anche Andrey Rublev. E quando vinse il suo primo Challenger a Siviglia, nel 2015, battendo in finale Pablo Carreno Busta, tutto sembrava pronto per una grande carriera. Invece si è perso, travolto dagli infortuni e i dubbi che prima o poi si insinuano nella mente di un ragazzo così cerebrale. Nel 2016 si è fatto male alle vertebre, nel 2019 alla caviglia, poi nel 2020 c'è stata la pandemia.

“È stato un periodo utile, in cui mi sono domandato cosa volessi fare della mia vita, se provarci al 100% con il tennis. Ho deciso di farlo”. E così ha assunto come coach a tempo pieno l'ex giocatore Dante Gennaro, alla sua prima esperienza da allenatore, ma con una motivazione infinita. I risultati sono arrivati in fretta. Tante vittorie nei tornei Futures, altrettanti nei Challenger: nel solo 2022 si è imposto a Madrid, Praga, Todi e Santo Domingo. Quest'ultimo successo è arrivato pochi giorni prima dello Us Open e gli ha permesso di salire al numero 66 ATP, classifica con cui sta giocando lo Us Open. Numeri da brivido, per un giocatore che ha fatto il suo ingresso tra i top-100 meno di due mesi fa, l'11 luglio. “Ho giocato sette ore e mezza nei primi due turni, ho qualche dolore ma sto bene. Posso giocare senza problemi” ha detto, già proiettato al match contro il talentino Corentin Moutet. Lo ha affrontato tre mesi fa, in finale al Challenger di Lione. Vinse l'aspirante rapper con un doppio 6-4.

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La commozione di Pedro Cachin

Prima di volare a New York, Pedro Cachin ha vinto il Challenger di Santo Domingo. È in serie positiva da sette partite

“Il suo gioco mi dà fastidio, cambia spesso ritmo e rotazione – dice Cachin – però in quel match non ero a posto, ero reduce da un buon periodo e mi rilassai un po', inoltre faceva molto caldo. E poi sul cemento è diverso. Ammetto che è un buon avversario: partita difficile, ma non è come sfidare Medvedev, Nadal o Alcaraz”. Dotato di un gran fisico (1.85 per 77 kg di peso), Cachin possiede un ottimo servizio e un dritto piatto che può dargli tanti vincenti, anche se ogni tanto gli scappa via. Anche nei momenti peggiori, Corretja gli ha dato fiducia. “Mi allenavo con Albert Ramos Vinolas e non c'erano grosse differenze. Alex mi diceva di aspettarmi negli Slam, perché era convinto che non avessi nulla meno di lui”. Nella nostra conversazione milanese, disse che sognava di ripetere un exploit come quello di Juan Ignacio Londero nel 2019. “Mi ero allenato con lui a Buenos Aires e non riuscivo a stargli dietro. Non aveva ancora vinto un match ATP e gli dissi che era pronto per fare qualcosa di grande. Bene, la settimana dopo ha vinto il torneo di Cordoba. Ecco, io penso di poter fare qualcosa di simile”.

Ha dovuto aspettare un po', ma Pedro ce l'ha fatta, al punto che la federtennis argentina gli fatto firmare le carte necessarie per recarsi a Bologna per il girone delle Davis Cup Finals, qualora ci fossero infortuni e cambiamenti dell'ultim'ora. E gioiscono con lui tutte le persone che lo accompagnano a New York. Un team molto numeroso, composto da 14 persone. “Ci sono tutti: fidanzata, sorella, i miei zii che abitano negli Stati Uniti, i loro figli, il mio padrino e il mio coach. In effetti è dura per i biglietti...”. I 188.000 dollari per il terzo turno sono ancora più preziosi, perché Cachin non ha nessun contratto per l'abbigliamento. Gioca con maglie prive di logo, comprate da Decathlon. “Confermo, non ho uno sponsor per l'abbigliamento. Mi compro tutto da solo, soprattutto in Spagna. Va così da parecchio. Per fortuna ho un contratto per le racchette. Qui sono stato fortunato: mi hanno perso la valigia e con i soldi del rimborso mi sono comprato l'abbigliamento. Ma se qualcuno mi vuole aiutare, è il benvenuto”. C'è da credere che qualcuno busserà alla sua porta. E non ci vorrà troppo tempo. “Non sono un tipo dalla lacrima facile, ma dopo l'ultimo punto stavo per piangere. Mi è passata davanti tutta la mia vita. Ho resistito, ma quando ho visto Alex ci siamo abbracciati. E abbiamo pianto entrambi”. Lacrime di gioia, finalmente.