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IL CASO

Il limite di mandati era incostituzionale... a metà

Pur svuotata di significato dopo il blitz salva-poltrone, la sentenza della Corte Costituzionale dà ragione a metà alle rimostranze dei presidenti federali: la Legge Lotti superava il limite della “proporzionalità”. Con ogni probabilità, il legislatore avrebbe inserito il limite dei mandati consecutivi, impedendo ai “boiardi” l'eleggibilità nel 2024. Ma ci aveva già pensato la politica ad accontentarli.

Riccardo Bisti (la foto in home è di Felice Calabrò)
30 settembre 2023

L'attesa si era azzerata ad agosto, quando era entrata in vigore la Legge 112-2023, che con un colpo di spugna (l'accoglimento di un emendamento notturno di un deputato di Forza Italia) aveva approvato il Decreto Legge 75-2023, cancellando la regola sul limite dei tre mandati per i presidenti delle federazioni sportive (art. 39-bis). La Legge è consultabile in Gazzetta Ufficiale ed è entrata in vigore lo scorso 17 agosto. La Sentenza 184 della Corte Costituzionale, dunque, diventa poco più che accessoria perché non avrà alcuna influenza sulla normativa attuale. Ma è giusto commentarla, per almeno due motivi: in primis, perché vi avevamo relazionato passo passo sulla faccenda. In secundis, per capire cosa sarebbe successo se il blitz estivo non avesse salvato la poltrona agli habituèe della poltrona federale. La storia è nota: le prossime elezioni avrebbero segnato la fine dell'esperienza dirigenziale per molti presidenti in carica. E allora si sono ingegnati in vari modi per provare a modificare la norma (la Legge 8-2018, che peraltro già conteneva un omaggio: la norma transitoria che permetteva di svolgere un ulteriore mandato per chi fosse già in carica. Manco a dirlo, è stata sfruttata in massa).

Oltre alle pressioni sulla politica – poi giunte a buon fine – avevano intrapreso la via giuridica, provando a far dichiarare incostituzionale la legge promossa dall'ex ministro Luca Lotti. Il grimaldello per arrivare alla Corte Costituzionale (dopo quasi tre anni di passaggi intermedi: Tribunale Federale, Corte Federale di Appello, Collegio di Garanzia CONI, TAR del Lazio) è stata proprio la FITP, grazie ai ricorsi di due dirigenti di vecchi(ssim)a data: Roberto Pellegrini e Carlo Capodaglio, ai quali – in virtù della legge – era stato impedito di candidarsi alle elezioni dei rispettivi comitati regionali: Toscana e Marche. Con una tenacia processuale – a nostro avviso – sproporzionata rispetto all'importanza dell'incarico, da entrambi ricoperto per quasi mezzo secolo complessivo (dal 1981 al 2008 Pellegrini, dal 1981 al 2000 Capodaglio) sono arrivati alla Consulta, ponendo una serie di dubbi di legittimità costituzionale. L'obiettivo è parso chiaro sin da subito: ottenere l'incostituzionalità, in modo che la norma fosse stracciata e consentire un beneficio a cascata per tutti i dirigenti federali. Detto che l'obiettivo è stato raggiunto con la scorciatoia già descritta, con la Corte Costituzionale avrebbero... vinto a metà.

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Lo sapevi che...

Il Ministro dello Sport Andrea Abodi, oltre ad augurarsi che lo sport sia in grado di auto-riformarsi, ha detto che "La modifica operata dal Parlamento è stata assolutamente coerente con la pronuncia della Corte Costituzionale". Tale tesi è avvalorata dai titoli di alcune testate, secondo cui la sentenza della Consulta garantisce il via libera alle presidenze eterne. In realtà non è così, come spieghiamo in questo pezzo. La Corte ha semplicemente sostenuto che la vecchia norma era troppo restrittiva ma ha ammesso la legittimità di porre dei limiti, suggerendo (sia pure in modo indiretto) una limitazione ai mandati consecutivi. L'unico a sottolineare questo aspetto è stato Lorenzo Vendemiale sul Fatto Quotidiano. Ci domandiamo in quanti abbiano letto la sentenza nella sua interezza...

La Consulta ha dichiarato inammissibili due dei tre motivi di ricorso, ma ha accolto quello che poneva l'accento sull'articolo 18 della Costituzione, quello che garantisce la libertà di associazione. Secondo i ricorrenti (i cui nomi sono stati curiosamente censurati nella sentenza, riportati con le sole iniziali), il limite dei tre mandati avrebbe determinato “Una rilevante compressione della libertà di associazione dell’individuo, che, in maniera sproporzionata ed irragionevole, verrebbe «escluso definitivamente dalla vita attiva dell’associazione di riferimento». Inoltre, la norma de qua renderebbe difficile reperire candidati per ricoprire le cariche elettive, con conseguente rischio per il funzionamento stesso dell’associazione”. Tra i punti sottolineati, gli avvocati di Pellegrini riconoscevano come la ratio della legge (evitare rendite di posizione e favorire il ricambio) fosse astrattamente ammissibile, ma sottolineavano la disparità di trattamento rispetto alle cariche pubbliche, per le quali è previsto un limite ai soli mandati consecutivi. Detto che la FITP si era costituita in giudizio il 28 marzo, chiedendo il pieno accoglimento del ricorso (e incassando il diniego della Corte: “non può essere condivisa la tesi sostenuta dalla FITP nel suo atto di costituzione, secondo cui la norma censurata sarebbe costituzionalmente illegittima per il solo fatto di imporre un limite ai mandati direttivi nelle associazioni private, a prescindere dalla concreta configurazione del limite stesso” scrivono i giudici), la presidente Silvana Sciarra e gli altri giudici si sono trovati a dover bilanciare due principi corretti ma in contrasto tra loro.

- Non è in discussione che si debba garantire un ricambio, ponendo dei limiti che possano evitare rendite di posizione (monarchie assolute, per dirla con il deputato Mauro Berruto)
- Però non si può limitare la libertà di associazione garantita dall'Articolo 18 della Costituzione, anche perché le federazioni sportive sono enti di diritto privato (pur avendo evidenti funzioni pubblicistiche).
In virtù di questo, i limiti devono esserci ma non devono superare il limite della proporzionalità e della ragionevolezza. Nel caso di specie, visto che Pellegrini e Capodaglio non ricoprivano cariche nei rispettivi comitati da parecchi anni, la loro candidatura era da ritenersi ammissibile. Più in generale, il principio a cui il legislatore dovrebbe fare riferimento è quello di adottare sì dei limiti, ma percorrendo la via meno restrittiva. In altre parole, OK ai limiti ma con maggiore elasticità. La Legge 8-2018 – secondo i giudici – supera il principio costituzionale di proporzionalità, dunque è stata ritenuta incostituzionale nel punto in cui pone il limite tassativo di tre mandati. È molto interessante un punto della sentenza, che riportiamo testualmente. Spetta al legislatore: “Individuare la misura più idonea a contemperare gli interessi in gioco in modo che nessuno di essi sia sacrificato oltre il necessario. Così, per esempio, il bilanciamento operato con la previsione del divieto del terzo mandato consecutivo per i consiglieri dei consigli circondariali forensi è stato ritenuto da questa Corte non irragionevole, per il carattere temporaneo dell’impedimento diretto a perseguire una finalità legittima (sentenza n. 173 del 2019)”.

Il Ministro dello Sport Andrea Abodi sostiene che la sentenza della Corte Costituzionale sia in linea con l'emendamento approvato due mesi fa

L'indignazione di Mauro Berruto ai tempi dell'approvazione dell'emendamento Nevi

È un passaggio cruciale: sia pure in modo indiretto, la Consulta suggerisce al legislatore di porre un limite di mandati consecutivi, come già fatto in occasione di una sentenza ampiamente richiamata durante il dibattimento. C'è da credere, dunque, che in assenza del blitz del 26 luglio, la legge sarebbe stata modificata ponendo il limite della consecutività. In concreto, Angelo Binaghi e la quindicina di presidenti in carica da tre o più mandati non avrebbero potuto candidarsi nel 2024, ma avrebbero avuto facoltà di ripresentarsi nel 2028. Non entriamo nel merito della prospettiva (ormai superata) e delle conseguenze che avrebbe avuto (per esempio, la prospettiva di presidenti fantoccio in attesa del ritorno dello storico presidente), ma è chiaro che avrebbe garantito uno scenario diverso alla prossima tornata elettorale.
Insomma, il ricorso alla Corte Costituzionale avrebbe garantito una vittoria a metà per i boiardi dello sport italiano. Ma il problema era già risolto: con l'approvazione dell'emendamento Nevi, hanno ottenuto vittoria piena, al punto che adesso i dubbi di costituzionalità potrebbero esserci al contrario. Intanto si stanno organizzando: in queste settimane è stato nominato un comitato di saggi che dovrà riscrivere gli statuti delle varie federazioni, in modo da recepire gli sbarramenti (minimi) imposti dalla nuova legge.

- Il presidente oltre il terzo mandato dovrà ottenere il 66,66% delle preferenze (non è chiaro se dei voti validamente espressi o sul totale degli aventi diritto: sarebbe una differenza sostanziale)
- Garantire una più ampia partecipazione. Non si capisce cosa si intenda, forse un abbassamento degli sbarramenti per accedere alle elezioni (quelli del tennis sono i più rigidi: sono richieste 300 sottoscrizioni di affiliati, 200 di atleti e 20 di tecnici)
Tra i saggi chiamati al compito ci sono gli stessi presidenti federali, compresi alcuni in carica da molto tempo: Gianni Petrucci (basket) e il recordman Luciano Rossi (tiro a volo, in carica dal 1993). L'operazione deve svolgersi in fretta, poiché gli statuti non possono subire modifiche nell'anno elettorale. Ergo, la riforma va completata entro il 31 dicembre. Comunque vada, per i presidenti in carica è un successo: senza il blitz estivo, con ogni probabilità avrebbero dovuto mettersi da parte (almeno temporaneamente). Invece ci proveranno anche nel 2024, peraltro in forza a statuti scritti da loro stessi (sia pure nel rispetto della nuova legge).
Ci piacerebbe sapere qual è stata la loro reazione alla lettura della sentenza della Corte Costituzionale: ghigno perché hanno vinto su tutta la linea o sospiro di sollievo perché non dovranno prendersi nemmeno un mandato di pausa?