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IL PERSONAGGIO

Dalila Setti: «Il mio personal best? Stare bene con me stessa. E il tennis aiuta...»

A personal best is not a number. It’s a feeling. Asics lancia la sua nuova campagna dove lo sport non è solo ricerca della vittoria a ogni costo, ma anche uno strumento che può aiutare il benessere psico-fisico. Come ci ha spiegato Dalila Setti, volto di Sky Sport e tra le testimonial di questo messaggio

di Lorenzo Cazzaniga
10 ottobre 2023

Una vita dedicata allo sport. Dalila Setti non è solo uno dei volti più conosciuti di Sky Sport ma è un’assidua praticante, con un passato agonistico nel tennis e la ferma convinzione che lo sport può aiutare a raggiungere il proprio benessere fisico e mentale. L’abbiamo incontrata alla presentazione della nuova campagna di Asics che pone l’accento proprio sulla capacità di vivere lo sport nella maniera più sana e adeguata, con un sentimento che va ben oltre il risultato della prestazione. Come suggerisce il claim: a personal best is not a number. It’s a feeling.

Cosa vuol dire per te raggiungere il tuo personal best?
Ogni giorno racconto lo sport attraverso le straordinarie prestazioni dei migliori atleti del mondo ma anche giudicando un risultato che può essere positivo o negativo. Sono abituata allo sport di vertice dove chiaramente l’esito di una gara è determinante. Però quando divento io la protagonista, che sia un match di tennis o un percorso di running, tutto questo scompare. In quel momento mi sento bene, indipendentemente da quanto possa esprimere un punteggio o un cronometro.

Anche quando scendi su un campo da tennis, sport individuale dove non è sempre facile controllare l’aspetto competitivo?
È lo sport del diavolo e capisco benissimo quando una persona lo vive molto intensamente. Però io non lo vivo più in questa maniera: da ragazzina giocavo a livello agonistico ed ero la classica giocatrice che rendeva di più in allenamento che in torneo. Ho ancora ben inciso quelle sensazioni, mentre adesso riesco a godermi il momento. Basta osservare l’immagine che mi ritrae nella campagna Asics: mi scappa un sorriso anche se quella volée è certamente finita sui pini. Non è un fastidio, mi rimane solo l’aspetto positivo del gioco.

Quindi se ti vedessi uscire dal campo non capirei se hai vinto o perso?
Molto probabile.

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Sei stata avviata al tennis dai tuoi genitori da bambina, lavori da tanti anni nel mondo dello sport e hai sposato un maestro di tennis: non rischi un’overdose di sport?
Non credo perché riesco a dargli il giusto spazio quotidiano. E poi non mi annoia mai, anzi diventa un argomento di condivisione anche in famiglia.

Nel tennis si parla tanto di salute mentale dopo alcuni casi emblematici, a partire da quello di Naomi Osaka, ex numero uno del mondo che ha scelto di allontanarsi dal tennis oltre un anno fa: quanto l’aspetto mentale è ancora materia oscura?
Tanto anche perché spesso arrivano al successo in età molto giovane e devono sopportare pressioni molto forti. Ho sempre considerato un limite non riuscirci da parte di un atleta professionista, in realtà è un aspetto da affrontare seriamente e con l’aiuto di persone preparate. Non è un caso che tanti si avvalgano di un mental coach, figura divenuta fondamentale. E tra le donne la situazione è ancora più delicata perché una ragazzina in fase di crescita vive tante fasi della sua vita che non sono semplici da gestire quando devi competere tutti i giorni ai massimi livelli.

«L’agonismo va bene, ma bisogna insegnare che il proprio personal best può anche essere una sensazione, quella di star bene con se stessi» Dalila Setti

Dalila Setti davanti all'immagine della campagna Asics di cui è testimonial

Sei stata avviata al tennis dai tuoi genitori, figure che spesso aggiungono pressione ai ragazzini: come si gestiscono?
Mi confronto spesso per capire se esiste una via di mezzo tra chi, come la sottoscritta, è convinta che la famiglia debba seguire da vicino la carriera del proprio figlio ma restando fuori dalle decisioni tecniche, e chi pensa che invece un genitore con sufficienti conoscenze del gioco sia la persona più indicata ad allenare il proprio figlio perché nessuno conosce meglio le sue esigenze. Va detto che non ho figli e forse questo discrimina il mio pensiero.

Quindi come si trova un punto di incontro tra la volontà agonistica tipica dei ragazzi e l’idea dello sport come percorso formativo e di benessere psico-fisico?
È complesso perché è più facile da capire quando si è persone mature, con un passato ben definito alle spalle. Per un ragazzino, il risultato è uno stimolo imprescindibile che però può trasformarsi in ostacolo. L’agonismo va bene, ma bisogna insegnare che il proprio personal best può anche essere una sensazione, quella di star bene con se stessi. Così imparano a crescere in un ambiente di sana competitività.

Cosa hai imparato da tuo marito che ogni giorno deve trasmettere questi concetti a ragazzi e genitori?
Che non puoi farlo senza essere guidato da una grande passione e che è necessario essere sinceri. Anche se la verità talvolta può essere scomoda. Se un ragazzo non ha le qualità per diventare un professionista, bisogna essere chiari e non creare false illusioni che possono avere conseguenze molto negative.

Cosa risponderesti a Vince Lombardi, il celebre coach di football americano che sosteneva: «Vincere non è la cosa più importante, è la sola cosa importante»
Che per metà si sbagliava. Solo per metà, perché tutti vogliamo vincere nello sport e nella vita. Ma la vittoria non è solo un numero, può anche essere un bel sentimento.

«Adesso riesco a godermi il momento. Basta osservare l’immagine che mi ritrae nella campagna Asics: mi scappa un sorriso anche se quella volée è certamente finita sui pini» Dalila Setti