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AUSTRALIAN OPEN

Andrey Rublev, il tennista che dice sempre sì

Tanto “sensibile e tenero” fuori dal campo, quanto irritabile durante le partite. Andrey Rublev ha lottato con i suoi demoni per uscire dal baratro contro Seyboth Wild. Per minimizzare i rischi, ha creato un team che cerca di tenerlo a bada. Tra la voglia di pace e un brand tutto suo (in perdita), sogna di raggiungere finalmente una semifinale Slam. Ma a Melbourne dovrebbe farlo a scapito di Sinner...

Riccardo Bisti
15 gennaio 2024

Ci sono tanti atleti a cui è possibile ispirarsi. È più difficile trovarne qualcuno in cui ci si può rispecchiare. Per questo, il caso di Andrey Rublev è doppiamente affascinante. Numeri alla mano, è il principale avversario di Jannik Sinner nel percorso verso la semifinale. Eppure ha rischiato di uscire al primo turno contro l'imprevedibile Thiago Seyboth Wild, che allo scorso Roland Garros aveva fatto uno scherzetto simile al suo amico Daniil Medvedev. Due set di routine (“Anche se non stavo giocando benissimo”), poi l'inopinato rilassamento e il brasiliano che inizia a giocare alla grande. Talmente bene da domandarsi come abbia fatto a non entrare mai tra i primi 70. E Rublev è caduto in una spirale di nervosismo e frustrazione. Urla belluine, discussioni con l'arbitro per futili motivi, esclamazioni non sense verso il suo angolo. Nel super tie-break si è trovato in svantaggio 4-1 (con due mini-break di ritardo), poi si è ripreso appena in tempo. Ha vinto nove degl ultimi undici punti e si è salvato.

“In quel momento mi ero quasi arreso, lui giocava troppo bene e allora ho pensato. 'Ok, perdi,ma almeno fallo senza dire nulla'. Paradossalmente, quel pensiero mi ha aiutato”. Rublev è la massima espressione di quanto sia complicato il tennis sul piano mentale. Vuole vincere, possiede enormi ambizioni, ma c'è un demone nella sua testa che lo trasforma. Medvedev (che lo ha scelto come padrino di sua figlia) l'ha definito il più gentile, sensibile, tenero. “Andrey ha un problema: dice sempre sì” sostiene Fernando Vicente, suo coach da quasi otto anni. Va bene essere gentili, ma non fino al punto di sprecare troppe energie. Ma Andrey è così ed è difficile sperare che cambi: una generosità che lo consuma e che si vede nel suo aspetto. Alzi la mano chi – senza saperlo – direbbe che è nato il 20 ottobre 1997, dunque ha compito da poco 26 anni. Sembra molto più grande. “Non sono quello che appaio durante le partite – dice il diretto interessato – se fossi davvero così, mi troverei meno a disagio. Quando è stanco e le cose girano male, si infila in un circolo vizioso: si arrabbia con se stesso, poi si rende conto che sbaglia... e si arrabbia per essersi arrabbiato con se stesso.

«“È un tennista, non un politico. Il suo sentimento è quello di ogni ragazzo di 26 anni: vorrebbe la pace» 
Galo Blanco

“Nella sua testa è ancora un ragazzino, deve maturare” dice l'ex coach Galo Blanco, che oggi gli fa da manager. Fu lui a consigliarlo a Vicente, anni fa. Non riusciva a seguire più Rublev e Khachanov, scelse di concentrarsi su quest'ultimo e propose un Rublev diciottenne al suo vecchio amico, che aveva appena terminato la collaborazione con Marcel Granollers. L'approccio fu soft, oggi sono una coppia indissolubile. E il team si è allargato con il preparatore atletico Marcos Borderias, il fisioterapista e un mental coach. Senza dimenticare Alberto Martin, altro ex ottimo giocatore che fa le veci del super-coach, dall'alto della sua laurea in psicologia. Gli hanno insegnato alcuni esercizi di respirazione e controllo dell'energia, ma non sempre lui esegue. Come durante le ATP Finals, quando si è preso a racchettate sulle ginocchia fino a sbucciarsele. Autolesionismo puro. Eppure Andrey è l'amico che tutti vorrebbero, che nasconde un cuore grande dietro l'aspetto naif e apparentemente disinteressato. Non solo è un grande lavoratore e si “innervosisce” se ha troppo tempo libero, ma perché si è esposto – sia pure con prudenza – sulla guerra Russia-Ucraina.

Quando le truppe dei suoi connazionali si schierarono al confine, annunciando l'invasione, lui si trovava a Dubai e dopo un match vinto scrisse sulla telecamera No War, Please. Non esattamente quello che avrebbe voluto Vladimir Putin. Ci è rimasto male quando non hanno fatto giocare i russi a Wimbledon 2022, ma non per i punti ATP o l'occasione persa: avrebbe voluto donare il suo prize money. È comparso nel video-cult in cui Daria Kasatkina esplicita la sua omosessualità ed empatizza con gli ucraini. La protagonista è lei, ma lui si dice d'accordo. Non esattamente la cosa più conveniente, specie se buona parte della famiglia risiede ancora in Russia. È andato a trovarli durante la pausa invernale, non li vedeva da quasi due anni. Nessun problema, ma per evitarne altri non parla più di guerra. “È un tennista, non un politico. Il suo sentimento è quello di ogni ragazzo di 26 anni: vorrebbe la pace” dice Galo Blanco, che gli è rimasto accanto nonostante si sia sentito dire una delle cose peggiori per un manager: quando gli stava per scadere il contratto con Nike, gli disse che non avrebbe firmato per nessuna casa di abbigliamento, indipendentemente dalla cifra offerta.

Andrey Rublev si è salvato per un pelo contro Thiago Seyboth Wild

ATP Finals 2023: uno dei tanti scatti d'ira di Andrey Rublev gli è costato una sbucciatura a un ginocchio

Voleva fare qualcosa di suo, anche a costo di rimetterci. Non sapeva come fare, ma da questa idea è nato Rublo, un marchio che gli è costato circa 250.000 dollari (che si aggiungono al paio di milioni di guadagni persi). Adesso stanno cercando di trovare un modo per venderlo in Australia, magari per ripianare parte delle perdite. Uno dei disegni di Rublo assomiglia a un battito cardiaco sotto stress, perfetto per descrivere il personaggio. Da inizio 2023, Fernando Vicente non è più l'unico responsabile della sua carriera, ma hanno messo in piedi un team al completo. L'idea è evitare che arrivino momenti come quelli vissuti durante il match contro Seyboth Wild. Se un giocatore è stanco, è più probabile che si innervosisca. E allora stanno cercando di migliorare il suo fisico, renderlo sempre più forte e resistente. Nel 2023 è andata benissimo, perché ha vinto il suo primo Masters 1000 (Monte-Carlo), e si è riportato al numero 5. Per il quarto anno di fila si è qualificato per le ATP Finals: mica male, in un'epoca di fenomeni. Il dritto fa paura, quando mette i piedi dentro il campo è il quarto migliore del circuito (70,6% di punti vinti: soltanto Djokovic, Tsitsipas e Safiullin hanno fatto meglio di lui nel 2023), ma adesso deve conquistare più punti a rete e migliorare in difesa.

Altrimenti rischia di piombare in partite come quella di domenica, in cui si è fatto irretire da un avversario che ha improvvisamente trovato lo stato di grazia. Se ce la faranno, allora, saranno arrivati i tempi per conquistare la prima semifinale Slam. Fino a oggi ha raggiunto per nove volte i quarti, perdendoli tutti. Nessun giocatore nella storia ha fatto tanto (il record precedente apparteneva a Tommy Robredo, con sette apparizioni nei quarti), ma c'è il rischio che questo tabù non venga mai abbattuto. Per farcela, in Australia, dovrebbe farlo a scapito di Jannik Sinner. In tutta onestà, oggi l'azzurro partirebbe favorito. Eppure Andrey continua a crederci, anche se la strada è lunga, a partire dal secondo turno contro il vincente di Eubanks-Daniel e un eventuale terzo contro il pericoloso Sebastian Korda. Forse dovranno convincerlo ad abbandonare uno dei suoi pochi vizi: la Coca Cola. Pare che ne beva troppa, e pensare che durante la pandemia si recava quotidianamente nell'accademia di Vicente con una cassa di bottiglie d'acquia. L'avessero fermato le forze dell'ordine, avrebbe potuto giustificare la sua uscita. Magari il segreto sta tutto lì.