L'addio di “cenerentolo” Willis. Adesso fa l'operaio

L'ADDIO
5 marzo 2021
Riccardo Bisti

Eroe per caso a Wimbledon 2016, quando arrivò a sfidare Roger Federer, il britannico si ritira per ragioni economiche. “Mi servirebbero due anni per arrivare dove vorrei”. Per adesso lavora nell'azienda edile del cugino, ma farà il coach. E racconta di quando si era perso in Romania...

Le ultime foto lo ritraggono al lavoro in un cantiere, come un operaio qualsiasi. Foto che non lasciano spazio a dubbi: Marcus Willis è un ex giocatore. L'eroe di Wimbledon 2016, improbabile protagonista fino a sfidare Roger Federer, ha appeso la racchetta al chiodo. Le sue speranze sono state sradicate dal COVID. O meglio, dalle conseguenze economiche del COVID. Willis lascia senza rimpianti, ma teme che possano esserci decine di giocatori come lui, costretti all'addio per ragioni economiche. Il tennis è un business: se i conti con tornano, è impossibile andare avanti. Era già complicato prima, ma oggi c'è un mix letale tra riduzione dei premi e aumento dei costi di viaggio. Mentre trascina mattoni per l'impresa edile del cugino, ha informato il Daily Mail che i doppi giocati qualche mese fa in Grecia resteranno le sue ultime partite.

Ho avuto un po' di tempo per pensarci e mi sono reso conto che il tennis mi sarebbe costato troppo, anche se avevo qualche offerta di sponsorizzazione – dice Willis, 30 anni – i tornei di fascia più bassa offrono troppo poco, e tra le donne la situazione è ancora peggiore. Se anche avessi giocato bene, avrei avuto bisogno di due anni per arrivare dove volevo”. E pensare che aveva optato per la via più semplice, scelta da diversi giocatori per non staccare il cordone ombelicale con il gioco: il doppio. “Pensa a un ottimo giocatore come Lloyd Glasspool: ha giocato otto finali Challenger in cinque mesi, ma è ancora lontano dai top-100, laddove girano i soldi – riflette Willis – io ho una famiglia a cui badare e sono più anziano di lui, ma temo che diversi giocatori di tutte le età dovranno lasciare il tennis”. Willis ha vinto 29 titoli ITF in doppio, 12 dei quali con Lewis Burton (l'anno scorso diventato famoso per la sua relazione con Caroline Flack), ma non è un incentivo sufficiente per andare avanti.

La cavalcata a Wimbledon gli ha dato una certa popolarità, eppure Marcus Willis non è mai andato oltre la 322esima posizione del ranking ATP

Secondo Willis, un fattore importante è la riduzione di tornei organizzati in Gran Bretagna. Nonostante sia una delle federazioni più ricche, non ha mantenuto i ritmi del passato. C'erano una ventina di eventi all'anno, peraltro con un bonus per chi otteneva risultati. “Infatti c'erano diversi giocatori britannici in ascesa”. A suo dire, la LTA non si concentra nel modo giusto sugli allenatori. Willis si era trovato bene con lo svedese Magnus Tideman, ma poi il progetto non è andato avanti. “Capisco di non essere stato abbastanza disciplinato: probabilmente era un incubo avere a che fare con me, che fossi o meno in forma”. A parte il lavoro nell'azienda del cugino, buono soprattutto per fare qualche foto suggestiva, proverà a restare nell'ambiente come coach. Da giocatore, il suo nome rimarrà legato all'incredibile percorso a Wimbledon.

Da perfetto sconosciuto passò le qualificazioni, batté Medvedev e Rublev (allora giovanissimi) prima di arrivare a sfidare Federer. “La partita contro Roger è stata fantastica, ma forse il momento più bello è stato il ritiro del badge come giocatore del main draw dopo aver superato le qualificazioni. È stato molto emozionante”. Ma Wimbledon è stata la perla di una carriera vissuta principalmente nei bassifondi. L'episodio più curioso riguarda una trasferta in Romania: “Dovevo giocare in un luogo chiamato Brasov e ho consegnato un biglietto che avrebbe dovuto essere chiaro sulla destinazione – racconta – dunque sono salito su un treno, e dopo qualche ora ho avuto la sensazione che fosse quello sbagliato. Mi sono reso conto che avevo preso un treno per Bascov, che non è neanche vicino. Non sarò entrato tra i top-100, ma queste sono state belle lezioni di vita”.

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