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ROLAND GARROS

Batwoman!

Con le sue umanissime difficoltà, tra limiti tecnici e atletici, Barbora Krejcikova si prende la finale del Roland Garros battendo la superatleta Sakkari. Una storia dai forti connotati emotivi, con un angelo che la guida dall'alto.

Riccardo Bisti
11 giugno 2021

I due famosi eroi dei fumetti hanno una grande differenza. Superman proviene da Krypton ed è in possesso di superpoteri, mentre Batman non li ha: è un essere umano. Nella bella atmosfera del Philippe Chatrier abbiamo visto qualcosa di simile nel tennis: da una parte Maria Sakkari, una sorta di Superwoman dal fisico scolpito, da fare invidia a bodybuilders di professione. Dall'altra Barbora Krejcikova, tantoì normale nelle imperfezioni quanto nelle movenze. Nella seconda semifinale del Roland Garros femminile, uno dei match più belli dell'anno, l'ha spuntata l'essere umano. L'ha spuntata Batwoman dopo 3 ore e 18 minuti ad alta intensità emotiva, deflagrati in un bello spettacolo negli ultimi game. Ogni punto pesava, ogni punto poteva essere il più importante della loro carriera.

Forte di una condizione atletica (molto) migliore, la Sakkari sembrava poter emergere alla distanza: 5-7 6-4 5-3 e 30-40 sul servizio della Krejcikova. La ceca ha annullato un matchpoint con uno schiaffo al volo di rovescio, poi ha sfruttato i tremori della greca quando ha servito per il match (anche le superdonne hanno un cuore, a quanto pare...), infine il match è diventato bagarre, fino al 9-7 finale per la Krejcikova. Ha avuto bisogno di cinque matchpoint, con tanto di giallo. Sul quarto, un dritto della greca era fuori. È stato chiamato lungo, Barbora aveva già le braccia al cielo, ma il giudice di sedia (il francese Pierre Bacchi) ha detto che la palla era buona. Il tutto nonostante Hawk Eye avesse certificato che fosse out, e non di poco: 19 millimetri, sufficienti a coprire anche il margine d'errore della macchina. In piena trance agonistica, la ceca ha evitato ogni insidia mentale e ha chiuso al matchpoint successivo. Lo ha fatto in bellezza, con un rovescio vincente.

ASICS ROMA
"Quando avevo 18 anni ho scoperto che la Novotna abitava a Omice, vicino a Brno, allora sono andata a bussare a casa sua. Non mi conosceva, ma mi presentai con una lettera e le dissi che ero una ragazza di 18 anni che voleva diventare professionista"
Barbora Krejcikova

La splendida semifinale tra Barbora Krejcikova e Maria Sakkari

E così porta avanti il suo sogno, contestualmente al ricordo di Jana Novotna, colei che l'ha aiutata ad orientarsi nel labirinto del professionismo. E l'ha seguita nei piccoli tornei, continuando a darle forza, a dirle di combattere. Non poteva avere un esempio migliore: nel 1993, la ceca perse un'incredibile finale di Wimbledon contro Steffi Graf, finendo per piangere sulle spalle della Duchessa di Kent. Cinque anni dopo, avrebbe sollevato il torneo. “Continuare a combattere, non arrendersi mai”. La sua tenacia fu premiata, e oggi sarebbe orgogliosa della Krejcikova, capace di togliersi di dosso l'etichetta di doppista. Ha vinto tre Slam nella specialità, è ancora in gara in doppio (l'ultima a vincere entrambi i tabelloni fu Mary Pierce nel 2000), ma la storia si fa con il singolare. Dopo che Marion Bartoli le ha ricordato il dato statistico, ha voluto ringraziare il suo angolo.

Non solo coach Ales Kartus, non solo il mitico Jan Kodes (“Mi manda messaggi quasi ogni settimana”), ma soprattutto la Novotna. “Quando avevo 18 anni ho scoperto che abitava a Omice, vicino a Brno, allora sono andata a bussare a casa sua insieme ai miei genitori. Non mi conosceva, ma mi presentai con una lettera e le dissi che ero una ragazza di 18 anni che voleva diventare professionista”. La Novotna accettò di fare una prova, poi decise di allenarla a tempo pieno. Da ex leggenda, si è rimessa in gioco nei tornei più piccoli. Chi la conosceva bene, dice che non voleva allenare a tutti i costi una numero 1 del mondo. Aveva trovato la Krejcikova, si era affezionata e voleva aiutarla, sinceramente. Quando la Krejcikova ha vinto il Roland Garros 2018 di doppio (in coppia con Katerina Siniakova), scoppiò in lacrime durante la premiazione.

La Novotna si era affezionata a tal punto alla Krejcikova da farle da allenatrice a tempo pieno

L'incredibile viaggio di Jana Novotna a Wimbledon, fonte di immensa ispirazione per la Krejcikova

Ha voluto ricordarla anche stavolta, ribadendo che pensa a lei ogni singolo giorno. In fondo, le due hanno qualcosa in comune: Jana voleva vincere Wimbledon a tutti i costi, fino a farne un'ossessione. Barbora non si è mai rassegnata all'etichetta di doppista, voleva dimostrare di essere competitiva anche in singolare nonostante abbia apparenti limiti. In particolare, è molto lenta negli spostamenti. Ma Barbora ha dimostrato che i limiti, talvolta, sono nella nostra testa. Basta lasciarli lì. Lo ha dimostrato nei quarti contro la Gauff, in cui ha cancellato cinque setpoint che avrebbero potuto indirizzare altrove la partita. Per emergere da quei momenti ci vogliono grandi qualità. Un po' le ha apprese della Novotna, un po' sono innate.

Sono cresciuta in una piccola città, senza allenatori di livello – dice la Krejcikova – non pensavo di diventare professionista, giocavo a tennis per divertirmi. Solo intorno ai 16 anni ho capito che forse potevo farcela. Però non avrei mai immaginato di arrivare fino a qui”. Invece ce l'ha fatta ed è una storia difficile da imitare. Una ragazza di periferia, presa a braccetto da una leggenda, senza particolari doti fisiche ma con immensa passione. Sfruttando il suo talento e una mente piena di coraggio, ha colto un risultato inatteso. Meno di un anno fa entrava tra le top-100 WTA, poi nel 2021 ha battuto due top-10, intascato il primo titolo, ha iniziato a farsi notare... Ma nessuno, davvero nessuno, immaginava che sarebbe arrivata fino a qui. “Ma giocare queste partite è quello che ho sempre desiderato”. A volte, volere è davvero potere. Anzi, superpotere.