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MASTERS 1000 MADRID

Zhizhen Zhang, il mutuo non è più un problema

Non era mai successo che un cinese raggiungesse i quarti in un Masters 1000. Ce l'ha fatta Zhizhen Zhang, globetrotter che ha trovato la sua base in Croazia dopo aver girato mezzo mondo, Italia compresa. I successi lo aiuteranno a estinguere un mutuo di 30.000 yuan al mese.

Riccardo Bisti
3 maggio 2023

Pur rappresentando quasi un miliardo e mezzo di persone, Zhizhen Zhang vive un felice paradosso: non avverte alcuna pressione. “Se vinco, i cinesi sono contenti. Ma nessuno ha la pretesa che lo faccia”. In fondo ha avuto bisogno di quasi dieci anni di professionismo per entrare tra i top-100 ATP, primo cinese a riuscirci nell'epoca del computer. “Adesso vorrei entrare tra i primi 50, poi gli obiettivi possono sempre cambiare” raccontava dopo aver centrato l'impresa al torneo ATP di Napoli, e averla festeggiata ordinando tre pizze. “Le più buone che abbia mai mangiato!”. Da allora sono passati sei mesi e quel momento potrebbe essere arrivato: dovesse battere Aslan Karatsev nei quarti di questo folle Mutua Madrid Open, diventerà il primo cinese di sempre ad abbattere il muro dei primi cinquanta, superando la 55esima posizione ottenuta dal suo amico Yibing Wu, con il quale sta conducendo una sfida a distanza per alzare l'asticella del tennis nazionale. “Non sappiamo neanche noi come mai le donne abbiano vinto così tanto e noi no” ci confidava lo scorso novembre, durante il Challenger di Bergamo, fresco della top-100 appena conquistata. “Credo che l'unico modo per creare un movimento sia avere tanti giocatori nel circuito e indicare ai giovani la strada da percorrere”. La sua è ben tracciata, specie dopo l'impresa contro Taylor Fritz: prima vittoria contro un top-10, maturata con un pirotecnico 3-6 7-6 7-6, peraltro con tre matchpoint annullati.

L'esito era scritto nel destino: l'americano è stato avanti di un set e di un break, poi 3-0 nel tie-break del secondo e 6-4 in quello del terzo. Sul primo matchpoint, Zhang ha spinto duro con il dritto. Sul secondo ha mostrato un buon tocco, con una contro-smorzata che ha sorpreso l'americano. Fritz può recriminare sul terzo, nel quale ha sparacchiato un dritto non difficile. “Non pensavo certo al suo ranking, ma al fatto di dover fare del mio meglio – ha detto Zhang – prima del match sapevo che sarebbe stata dura, lui non ha punti deboli”. È la settimana magica del cinese, che aveva battuto al tie-break decisivo anche Denis Shapovalov e Cameron Norrie. “Vi svelo un segreto: mi sono allenato con Karatsev e ho perso 6-0. Farò del mio meglio per batterlo, a questo livello sono tutti grandi giocatori, con ottimi risultati”. Vero, ma poteva pescare peggio nel suo primo quarto di finale in un Masters 1000. Risultato un po' inatteso, ma che corona un percorso iniziato tanti anni fa, quando Zhizhen scelse il tennis tra le tre opzioni proposte dalla famiglia. Le altre due erano lo studio e il nuoto. “Studiare era troppo noioso, mentre l'istruttore di nuoto era molto severo, mi spaventava... al contrario, il tennis era divertente e il maestro era più tranquillo”. E così ha scelto la racchetta, dando il là a una storia fatta di errori, più che di stenti. Spesso il tennis è visto come un'occasione di riscatto sociale, ma non è il caso di Zhang: papà WeiHua è stato un buon calciatore, mentre mamma Win Qin tirava al piattello. Media borghesia in un Paese in forte espansione economica: significa che Zhizhen si è sempre potuto allenare nelle migliori strutture.

«Il mio nome è difficile da pronunciare per gli occidentali, allora sono diventato ZZZ. Suona bene, poi a me piace dormire... quindi è perfetto!»
Zhizhen Zhang

La spettacolare rimonta di Zhang nel match contro Taylor Fritz

Fino a che è rimasto a Shanghai si è allenato con Shao Donglu, l'uomo che gli ha messo a posto il rovescio. Proprio non riusciva a mettere in sesto il colpo, così gli faceva fare un cesto di palle al termine di ogni allenamento. Dai e dai, ce l'hanno fatta. E nel 2013 ha vinto la medaglia d'oro, in doppio, ai ricchissimi Campionati Nazionali cinesi. Bene, era il momento di provarci e mettere il naso fuori dal Paese. Le ha provate un po' tutte: si è allenato in Spagna, Stati Uniti, Francia, Australia, anche in Italia. Rappresentato dall'agenzia di Ivan Ljubicic (che lo ha messo sotto contratto nel 2016), è transitato presso l'accademia di Riccardo Piatti e per un periodo è stato seguito da Cristian Brandi, che lo aveva definito un buon lavoratore, un mulo. “Se gli dici qualcosa ci prova, anche se non è convinto. Fa un po' fatica a uscire dai suoi schemi prestabiliti”. Si era allenato anche in Francia, con un Medvedev ancora incagliato nei tornei minori, e in allenamento lo batteva il 30-35% delle volte. Però la svolta non arrivava, anche perché la sua crescita è stata interrotta da un infortunio banale ma grave: mentre correva in un parco pubblico, per evitare alcuni pedoni ha messo il piede in una buca e si è fratturato il piede sinistro. Era il 2015 e pochi mesi prima si era fatto notare passando il primo turno al torneo ATP di Shenzhen. Prima scelsero una vita conservativa, poi fu necessario l'ntervento chirurgico. Lungo stop, necessità di ripartire dai tornei ITF.

“Ripensando ad allora, mi piacerebbe migliorare lentamente la mia classifica – diceva qualche mese fa – in passato ho avuto grandi salti, ma anche grandi cadute. Adesso ho bisogno di costanza”. L'ha trovata stabilendosi a Losinj, in Croazia, presso l'accademia dello stesso Ljubicic, laddove la responsabilità tecnica è affidata a coach Luka Kutanjac. Era salito al numero 136 ATP a inizio 2020, poi si era procurato un fastidioso infortunio a un occhio (una pallata accidentale a Dubai) prima che la pandemia bloccasse tutto. Si era nuovamente incagliato, poi le cose sono cambiate – guarda un po' – quando nel panorama internazionale è comparso il giovanissimo Juncheng Shang ed è riapparso Yibing Wu. Lui ha un buon rapporto con entrambi, soprattutto col secondo (“Abbiamo condiviso la stanza in occasione della Coppa Davis. Sono entrato e lui stava guardando un concerto della cantante taiwanese Jay Chou: l'ascolto anch'io, così è stato più facile socializzare. Possiamo fare buone cose come team, anche se il problema sarà creare una buona coppia di doppio”), ma la competizione interna gli ha fatto bene. La scorsa estate era abbondantemente fuori dai top-200 ATP, poi sono arrivate quattro finali Challenger in un mese, compresa quella a Trieste e la vittoria a Cordenons, seguite dalla qualificazione allo Us Open (l'anno prima era stato il primo cinese a qualificarsi a Wimbledon dopo 62 anni). In tre mesi ha abbattuto il muro dei top-100, quello che lui definisce “inizio del professionismo”.

Zhizhen Zhang è nato a Shanghai il 16 ottobre 1996

Con i quarti a Madrid, Zhizhen Zhang è certo di salire al numero 66 ATP

È un bel personaggio, Zhizhen: intanto possiede il phisique du role: è alto 193 centimetri e tiene al look: fascetta, capelli lunghi, coda... Di certo è più vendibile rispetto ai connazionali. E poi è simpatico, simpatico da morire. È come se abbia assimilato le cose migliori della cultura occidentale, ma senza perdere l'educazione tipica degli orientali. Nel suo magico 2022 ci sono stati due episodi importanti extra-tennis. Intanto si è sposato (con Matteo Berrettini – con il quale condivide l'agenzia di rappresentanza – che scherzava con lui, indicandogli l'anulare sinistro ogni volta che lo incontrava), poi si è laureato in gestione delle risorse umane presso la Shanghai Jiao Tong University. Sarà un caso, ma il salto di qualità è arrivato quando ha chiuso il suo account su Weibo, il maxi-social media cinese (lo stesso da cui è scaturito il caso di Shuai Peng). Non che gli creasse problemi, ma tendeva a perderci troppo tempo nello scorrere gli aggiornamenti. Al massimo lo incoraggiavano con ironia: dopo il matrimonio ha preso casa, accendendo un mutuo di 30.000 yuan al mese (circa 4.000 euro). Dopo ogni partita vinta, gli ricordavano: “Bravo, anche per questo mese hai saldato il mutuo”. Con i 161.000 euro guadagnati a Madrid, buona parte del problam sarà risolto... Adesso si limita a utilizzare WeChat, l'applicazione di messaggistica più usata nel suo Paese. Chissà se gli ultimi risultati cambieranno la percezione dei cinesi nei suoi confronti, alimentando un pizzico di pressione. E chissà che non possa essere lui – nonostante sia meno giovane rispetto a Wu e Shang – il vero apripista del tennis maschile in Cina.

Avrà l'opportunità di tornare a giocare in patria a settembre, visto che il circuito ATP tornerà nella regione dopo ben quattro anni. Sarà il termometro ideale per misurare la sua popolarità... e le sue potenzialità. Perché i limiti di Zhang sono tutti da esplorare. Dritto e servizio fanno male, ma il rovescio (nonostante gli antichi e infiniti cesti di allenamento) può ancora essere aggiustato. Così come il modo di stare in campo, che può migliorare soltanto con l'esperienza, anche nel tollerare la presenza del padre in tribuna. In passato è capitato che lo andasse a vedere, mimetizzandosi tra il pubblico. “Ma io lo scovavo sempre. Preferisco che i miei genitori non vedano le mie partite: ma non è per la pressione, è perché preferisco così”. In fondo a lui non interessava troppo seguire le orme del padre: non ricorda quasi nulla della prima volta che è andato a vederlo giocare. “Siamo arrivati allo stadio verso mezzogiorno e ricordo soprattutto che avevo molta fame e non vedevo l'ora di mangiare qualcosa!”. Sarà per questo che il calcio non è mai stato un'opzione, anche se Zhizhen ricorda che il padre lo aveva indirizzato verso gli sport individuali perché voleva che l'esito di una competizione dipendesse solo da lui, e non da altri dieci compagni di squadra. Adesso sarà fiero di lui e seguirà con trepidazione il match contro Karatsev. E pensare che il suo avversario avrebbe potuto essere l'amico Medvedev. “È lo straniero con cui ho legato di più – diceva nel 2016 – ha appena 20 anni ed è numero 156 del mondo. Spero di poter seguire rapidamente le sue orme”. Lo pensa ancora oggi, ma gli obiettivi sono decisamente cambiati. Per entrambi.