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IL PERSONAGGIO

La miliardaria che viaggia in economy

Forse è proprio questo il segreto di Jessica Pegula: non è facile diventare numero 3 del mondo quando il padre possiede un patrimonio di quasi 6 miliardi di dollari. Lei ha gestito la situazione con pudore e timidezza, e adesso sogna di vincere le WTA Finals. E magari uno Slam. 

Riccardo Bisti
30 ottobre 2022

Un paio di settimane fa, Anna Blinkova ha vinto il suo primo titolo WTA a Cluj-Napoca. Era numero 138 WTA alla vigilia del torneo. Ne è seguito un divertente dibattito social: qualcuno sottolineava che la russa aveva conquistato lo stesso numero di titoli di due top-10: Maria Sakkari e Jessica Pegula. Risate virtuali. Manco a farlo apposta, sette giorni dopo Sakkari e Pegula si sono trovate in finale al WTA 1000 di Guadalajara. In palio non c'erano soltanto soldi e punti WTA, ma la soddisfazione di staccare la Blinkova. Come è noto, il titolo è andato alla 28enne americana, che dunque si presenta alle WTA Finals con lo status di numero 3 WTA. Come se non bastasse, parteciperà anche in doppio insieme a Coco Gauff. Nonostante gli ottimi risultati, la Pegula non gode di chissà quale copertura mediatica. Ancora oggi, è banalmente considerata la miliardaria del tennis. In effetti è difficile non associarla a papà Terence, il cui patrimonio è stimato in 5,7 miliardi di dollari. Ma Jessica sta iniziando a brillare di luce propria, anche se in pochi se ne sono accorti.

“In effetti sono un po' in ombra, molte persone non mi conoscono. Conta poco che sia la numero 1 americana. Molti pensano che sia noiosa, ma non mi dispiace”. E giù un sorriso. Quando è entrata tra le top-5 WTA senza grandi vittorie, molti sono rimasti scioccati. Lei non ha fatto una piega e ha risposto sul campo, facendo il primo passo per correggere la situazione vincendo a Guadalajara, dove peraltro ha battuto quattro vincitrici Slam. “Il prossimo passo è vincere uno Slam, giusto?”. Forse sì, ma adesso c'è un Masters da giocare. Traguardi meritati, ottenuti solo con le proprie forze. Perché i soldi aiutano a trovare strutture, allenatori e non avere pensieri. Ma in campo non ci va il conto in banca. La carriera della Pegula è stato un lento progredire: ha giocato il suo primo main draw WTA tre anni dopo essere diventata professionista, partendo dalle qualificazioni. E anche il suo primo Slam (Us Open 2015) è arrivato passando dalle qualificazion, peraltro all'ottavo tentativo. Ed è curioso che la figlia di un miliardario abbia dovuto giocare così spesso le qualificazioni.

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«Mio padre mi ha dato una lezione importante: niente arriva in omaggio, bisogna lavorare sodo e conquistarsi ogni risultato. Lui è partito da zero» 
Jessica Pegula

Jessica Pegula dice che a volte esagera con i media: "Dico sì a ogni richiesta". Qui parla con Tennis Channel per le ve di New York

Ma Jessica aveva fatto una promessa a se stessa: conquistarsi ogni cosa con le proprie forze. E ha vissuto con grande dignità, spesso con pudore, a volte con timidezza, il suo status di miliardaria. In piccolo, sta facendo lo stesso di papà Terry. Era il 1983 quando prese in prestito 7.500 dollari da familiari e amici, utilizzandoli per fondare East Resources. L'azienda si è gradualmente sviluppata, portandolo ad acquistare terreni nello stato di New York e in Virginia. Nel sottoterra delle sue proprietà hanno trovato gas naturale, il che gli ha permesso d vendere le sue attività a Royal Dutch Shell per 4,7 miliardi di dollari nel 2011, e le restanti nel 2014 ad American Energy Partner, intascando 1,75 milardi. Cifre mostruose, che lo hanno spinto a ritirarsi dall'industria mineraria e si è dedicato allo sport e all'intrattenimento. Ha acquistato cinque squadre sportive di Buffalo, tra cui Buffalo Bills di football americano e i Sabres di hockey su ghiaccio.

Per acquistare i Bills spese 1,4 miliardi, bruciando la concorrenza di Donald Trump e del cantante Jon Bon Jovi. Come se non bastasse, possiede anche un'etichetta discografica che pubblica musica country. La maggior parte delle sue attività sono racchiuse nella Pegula Sports and Entertainment, gestita dalla moglie Kim, sposata nel 1993 e madre di Jessica. Di origine coreana, recentemente ha avuto qualche problema di salute: per questo, il figlio le ha dedicato il successo in Messico. Nell'azienda lavora Taylor Gahagen, che esattamente un anno fa è diventato suo marito. Curiosamente hanno dovuto rinunciare al viaggio di nozze perché hanno contratto il Covid-19 subito dopo.

Jessica Pegula e Taylor Gahagen si sono sposati il 24 ottobre 2021

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Jessica Pegula ha accolto così la notizia di essere la giocatrice ad aver vinto più partite nei WTA 1000 negli ultimi due anni

“La ricchezza della mia famiglia mi ha aiutato in termini di possibilità – ammette Jessica – ma mio padre mi ha dato una lezione importante: niente arriva in omaggio, bisogna lavorare sodo e conquistarsi ogni risultato. Lui è partito da zero, i miei genitori mi hanno insegnato molto. Lo apprezzo molto”. Di certo ha avuto la fortuna di avere i migliori allenatori: a inizio carriera ha potuto assumere Michael Joyce, che veniva da un lungo periodo con Maria Sharapova. “Osservando la vita dei Buffalo Bills mi sono resa conto che il tennis è molto difficile – sostiene Jessica – loro hanno tutto a disposizione, compresi i nutrizionisti e i cuochi che preparano pasti personalizzati per ciascun atleta. Nel tennis non c'è niente di simile”. E i genitori le hanno impedito di vivere nel lusso: nonostante possa permetterselo, non si sposta con un jet privato. “Ammetto che mi piacerebbe, ma volo in economy come tutti. E spesso mi capita di finire nei pressi del bagno”.

La famiglia possiede una villa a Boca Raton, con un campo da tennis. Tuttavia, quando Jessica si rese conto di essere una privilegiata, si sentì in imbarazzo nell'organizzare allenamenti nella sua dimora. Meglio andare in un club qualsiasi. “Ho sempre preferito un basso profilo, voglio dimostrare di aver ottenuto tutto con le mie forze”. In fondo, aveva deciso di diventare una tennista quando aveva 7 anni. “È un sogno che mi porto dentro da prima che la mia famiglia diventasse così ricca. Molti non lo sanno, o magari non lo capiscono”. Chissà che non riesca a coronare il suo sogno, magari a partireda un Masters che potrà giocare in casa. In fondo, le persone di Buffalo – in particolare i tifosi di Bills e Sabres – hanno iniziato a seguirla con simpatia. “È divertente, ho dato loro qualcosa di diverso per cui tifare”. Saranno al suo fianco quando dovrà sfidare Ons Jabeur, Maria Sakkari e Aryna Sabalenka nel gruppo intitolato a Nancy Richey.