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CIAO ROGER

Il tennista più amato di tutti i tempi

“Roger Federer è molto simpatico” disse il direktor, dopo averlo conosciuto nella settimana del suo primo titolo ATP. Per questo, forse, lo svizzero ha raccolto un amore quasi religioso. Nadal e Djokovic gli hanno scippato diversi record, ma non saranno mai amati quanto lui.

Riccardo Bisti
16 settembre 2022

La produzione giornalistica post-ritiro (o meglio, post-annuncio del ritiro) di Roger Federer è stata talmente florida da far pensare che decine di coccodrilli – soltanto agonistici, per carità – fossero già pronti. La notizia era nell'aria. L'allerta era diventata rossa quando era uscita la notizia di un versamento al ginocchio operato. Laver Cup e Basilea erano i punti fermi, i crocevia da cui sarebbe passata la prosecuzione della sua vita agonistica. Si è reso conto che non li avrebbe scavallati, così ha scelto di rinunciare all'amato torneo di casa e derubricare la Laver Cup a commiato, con la presenza dei suoi più grandi rivali. Come per l'ultimo torneo di Serena Williams, i costi dei biglietti sono schizzati alle stelle. Tutti vorranno esserci per l'ultima danza, prima che il sacerdote laico del tennis dica che la (sua) messa è finita, e che si potrà andare in pace. In questi giorni si è letto di tutto e si leggerà ancora del Grande Roger, dai numeri ai ricordi, dai colpi migliori alle partite più belle, fino alle tonnellate di banalità pronunciate da avversari, conoscenti, addetti ai lavori. La sua carriera sarà vivisezionata con ancora più attenzione. Gli strumenti attuali lo consentono, e in fondo è grazie alla tecnologia che Federer si è costruito un primato che non sarà mai battuto.

Sul campo, Rafael Nadal e Novak Djokovic gli hanno scippato quasi ogni record (gliene sono rimasti tre, tra quelli importanti: 237 settimane di fila in vetta al ranking, 23 semifinali Slam consecutive (“Uno dei primati di cui vado più fiero” ebbe a dire) e il numero totale di titoli (103), anche se il Frecciarossa serbo-spagnolo non è distante e vede anche questo record. Ma c'è un primato che non gli verrà mai tolto, per i motivi citati qualche riga fa: quello del tennista più amato di sempre.
Il più idolatrato. Il più imitato. Il più adorato. Il più santificato.
La lista potrebbe andare avanti a lungo.
Abbiamo citato la tecnologia perché non è dato sapere cosa sarebbe successo a Bjorn Borg e John McEnroe se fossero vissuti in epoca digitale. Il primo, in particolare, divenne un feticcio mainstream quando era ancora minorenne. Ma all'epoca non esisteva nemmeno il walkman e le TV di mezzo mondo erano ancora in bianco e nero. Per questo, non ha avuto la possibilità di essere amato come King Roger.

C'è un primato che non gli verrà mai tolto: quello del tennista più amato di sempre.
Il più idolatrato. Il più imitato.
Il più adorato. Il più santificato.
ASICS ROMA

La vittoria all'Australian Open 2017, in finale contro Nadal, rimane una delle più grandi soddisfazioni di Roger Federer

Quella di Federer non è un tifoseria, perché il tifo genera antipatie. E anche i sostenitori più accaniti dei suoi rivali gli hanno mostrato vivo rispetto. Non è una setta, perché ha raccolto milioni di persone ai quattro angoli del globo. Forse è una religione, come aveva suggerito David Foster Wallace nel suo saggioRoger Federer come esperienza religiosa. Tifare Federer era diventato una sorta di missione, un compito da tramandare da Paese a Paese, da un continente all'altro. Una missione simboleggiata dallo striscione “Shhh... Genius at Work”, che per anni è passato di mano in mano e ha colorato le tribune di tutto il mondo.
Ma perché Federer è stato così amato?
Si possono dare infinite risposte.

Di certo per il suo gioco, perfetta sintesi tra l'eleganza insita nel DNA del tennis e la modernità che ha fatto capolino anche nel nostro gioco. Non aveva punti deboli: anzi, i suoi punti forti erano forse quelli più nascosti. Condizione atletica strepitosa (al punto che i suoi movimenti sul campo sembravano una danza) e ferocia agonistica, mascherata dall'educazione e dalla pulizia di gesti e parole. Lo abbiamo scoperto alla nostra ora di pranzo dell'1 febbraio 2009, quando scoppiò in lacrime dopo aver perso la finale dell'Australian Open contro Rafael Nadal. Più che la sconfitta, lo distruggeva il fatto di aver trovato qualcuno in grado di rivaleggiare con lui – e talvolta superarlo – in ogni territorio. Da lì avrebbe tratto linfa vitale, perché proprio quell'anno avrebbe battuto l'allora record di Slam di Pete Sampras e intascato il suo unico Roland Garros. E di certo ci avrebbe ripensato otto anni dopo, quando si sarebbe preso la più bella delle rivincite sullo stesso campo, contro lo stesso avversario.

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Le lacrime durante la premiazione a Melbourne 2009 hanno evidenziato una ferocia agonistica, fino ad allora nascosta, che si sarebbe tramutata nei successi dei mesi successivi

Alcuni dei momenti più simpatici vissuti da Federer in oltre 20 anni di carriera

Ma Federer è stato così amato per la sua capacità di restare semplice, sia pure all'interno di una vita da rockstar. Una volta si arrabbiò perché le telecamere in players lounge avevano colto una sua reazione, quasi bambinesca, dopo aver visto un punto spettacolare in TV. A lui scocciò il mancato rispetto della privacy, ma in quell'immagine c'era la genuinità di un uomo che non ha perso la sua parte stupida, come l'ha definita nella lettera d'addio.
Chi scrive non ha mai avuto l'opportunità di parlargli a quattr'occhi.
Per questo ho sempre fatto mia l'opinione del direktor Lorenzo Cazzaniga. Fu una delle primissime cose che mi disse quando ci incontrammo la prima volta, il 13 febbraio 2001. “Federer è molto simpatico”. Qualche giorno prima, lo svizzero aveva vinto il suo primo titolo ATP all'ex Palalido di Milano e aveva avuto la possibilità di intervistarlo. Intervista che vi regaliamo nel giorno del commiato. All'epoca era numero 22 ATP e nessuno poteva immaginare quello che sarebbe diventato. Quel “Federer è molto simpatico” mi ha ronzato in mente per tutta la sua carriera, e ha fatto capolino in modo definitivo anni dopo, nella pancia del Centrale di Roma. C'erano le interviste pre-torneo e la sala conferenze era occupata da Garbine Muguruza.

Lui sbucò dal corridoio accompagnato da body guard e tour manager, perché evidentemente gli avevano detto che era il momento. Quando si accorse che il tavolo era occupato, non diede il minimo cenno di disappunto. Appoggiò la schiena al muro e iniziò a giocare con il telefonino. Come avrebbe fatto il ragazzino di anni prima, quello ampiamente raccontato nella narrativa a lui dedicata, quando aveva i capelli ossigenati e spaccava racchette. Un gesto normale, ma reso straordinario se compiuto da chi era già abituato ad avere tutto e subito, senza nemmeno lo schiocco delle dita. “Sì, Federer deve essere proprio molto simpatico” pensai, mentre salutava con uno sguardo d'intesa l'imbarazzata spagnola: Garbine aveva capito che c'era qualcosa di strano perché la sala era stracolma, si voltò, lo vide e gli lasciò il posto. Così, d'istinto.
La moltitudine di federeriani ha compreso la sua essenza, e lo ha coccolato ovunque lui abbia giocato.
Nessun giocatore ha mai avuto un tifo del genere, anche quando sfidava i giocatori di casa.
Per questo, Roger Federer rimane il tennista più amato di tutti i tempi.
Quello che più di tutti è entrato nel cuore della gente.
E sarà molto difficile togliergli questo primato.