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LA STORIA

Non vede nascere la figlia... ma vince uno Slam

L'incredibile vicenda dietro la vittoria di Filip Polasek all'Australian Open. Nel 2013 si era ritirato perché aveva il fisico a pezzi: faceva il maestro di provincia, poi è successo che Mike Bryan avesse bisogno di uno sparring in Slovacchia. E l'anno dopo ha ricevuto un messaggio da Ivan Dodig...

Riccardo Bisti
24 febbraio 2021

“Se non credi che i sogni possano diventare realtà, fai una chiacchierata con Filip Polasek”. L'ex top-60 ATP Somdev Devvarman, coetaneo del doppista slovacco, ha accolto così il trionfo all'Australian Open della coppia composta da Polasek e Ivan Dodig. Ottimi doppisti: non ci sarebbe nulla di strano, non fosse che lo slovacco ha alle spalle una storia degna di una pellicola di Hollywood. A 16 anni dall'esordio tra i professionisti e con in mezzo uno stop di cinque anni, ha vinto il suo primo Slam. Lo ha fatto poche ore dopo la nascita della seconda figlia, Olivia Victoria, venuta al mondo venerdì 19 febbraio, subito dopo la semifinale contro Pavic-Mektic. La sua assenza alla nascita della bimba è solo l'ultimo capitolo di una storia che sembrava ormai conclusa nel 2013: Polasek era un discreto specialista, con qualche titolo in bacheca, ma non esattamente un fenomeno.

Poi ha iniziato ad avere problemi alla gamba sinistra: “Non la sentivo neanche. Non potevo saltare, spingere, atterrarci. E al termine di ogni partita si muoveva pericolosamente”. I medici capirono che il problema nasceva dalla colonna vertebrale: si erano schiacciati i nervi e l'handicap si era trascinato sul ginocchio. Inutile andare avanti, meglio ritirarsi. “Avevo studiato, quindi ho pensato che avrei potuto trovare un lavoro – racconta Polasek – ma cosa avrebbero risposto a un candidato che per 30 anni ha giocato solo a tennis?”. Si convinse di avere spazio solo nello sport, così ha iniziato a insegnare ai ragazzini. Tante ore in campo, ma azzeramento della preparazione fisica. “Se non fai assolutamente nulla per quattro anni, mangi filetto a tavola e bevi birra, inevitabilmente si accumula un po' di grasso. Ma io non sono ingrassato”. Aiutato dalla sua costituzione, ha mantenuto una forma decente e il tempo è servito a rimettergli in sesto il fisico. Tuttavia, l'opzione professionismo non era contemplata.

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"Con la mia compagna ci siamo domandati se fosse il caso di partire, poi abbiamo raggiunto un accordo: mi ha detto che avrebbe tenuto in grembo nostra figlia fino all'ultimo, ma se fossi arrivato in finale avrei potuto perdermi la nascita" Filip Polasek
La fantastica prestazione di Polasek-Dodig nella finale dell'Australian Open

Il destino ha iniziato a prendere forma nella primavera 2018, quando il mitico doppista Mike Bryan si trovava in Slovacchia e cercava uno sparring partner. Ma che ci faceva Mike Bryan in Slovacchia? Facile era lì con la fidanzata Nadia Murgasova, originaria del posto, che qualche tempo dopo sarebbe diventata sua moglie. Prese contatto con Polasek, palleggiarono 3-4 volte e gli disse: “Guarda che colpisci la palla alla grande, perché non torni?”. Lui nicchiò, ma intanto la pulce si era piazzata nell'orecchio. Qualche settimana dopo fu contattato per giocare alcuni match in Bundesliga, il ricco campionato tedesco a squadre. Impossibile dire no a tale pioggia di euro, così giocò sette partite. “E non ho provato nessun dolore”. Senza volerlo, i pezzi del puzzle si erano rimessi insieme. E così ha ripreso a giocare, partendo dal Challenger casalingo di Poprad Tatry. Vittoria dopo vittoria, ha ripreso a frequentare i piani nobili del tour. Mancava giusto un tassello. Una trentina d'anni fa, un noto spot diceva che una telefonata allunga la vita. Forse un messaggio non fa altrettanto, ma la può cambiare: dopo il Roland Garros 2019, Polasek fu contattato da Ivan Dodig, ex ottimo singolarista ormai dedito esclusivamente al doppio.

Ehi, Filip, hai impegni per i tornei di Antalya e Wimbledon?”. La partnership è iniziata così, per puro caso. Risultato? A Wimbledon sono arrivati in semifinale, perdendo al fotofinish contro i futuri vincitori Mahut-Roger Vasselin. Come se non bastasse, un mese dopo hanno vinto a Cincinnati, primo Masters 1000 nella carriera dello slovacco. Sullo slancio, nel gennaio 2020 hanno raggiunto la semifinale all'Australian Open, persa soprattutto per colpa di Polasek. Alcuni suoi errori bruciarono cinque matchpoint. “Non mi era mai successo”. Poi c'è stata la pandemia, lo stop forzato, la perdita del ritmo. Ma ormai era ben deciso a scrivere il lieto fine. E pensare che Polasek ha seriamente rischiato di non andare in Australia. La compagna Karin era incinta di otto mesi, e con il rinvio dell'Australian Open c'era la concreta possibilità che fosse ancora in Australia nel giorno del parto. “ Ci siamo domandati se fosse il caso di partire – sorride Polasek – allora abbiamo fatto un accordo: mi ha detto che avrebbe tenuto in grembo nostra figlia fino all'ultimo, ma se fossi arrivato in finale avrei potuto perdermi la nascita”.

Filip Polasek con la compagna Karin e la primogenita Karolina (3 anni). Pochi giorni fa si è aggiunta Olivia Victoria
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    I titoli ATP di doppio conquistati da Filip Polasek. Nella sua prima carriera ne aveva vinti 11, ma tutti di seconda fascia. Dopo il ritorno ha vinto il suo primo ATP 500 (Pechino), il primo Masters 1000 (Cincinnati) e il primo Slam (Australian Open). Oggi è numero 10 del ranking di specialità.
A 16 anni dall'esordio tra i professionisti, Filip Polasek ha finalmente sollevato il trofeo di uno Slam

È andata proprio così: Olivia Victoria è nata subito dopo la semifinale, come se fosse a conoscenza dell'accordo con i genitori. Memore del pasticcio di dodici mesi prima, nonché galvanizzato dalle notizie che arrivavano da casa, Polasek è stato il migliore in campo. Im piena trance agonistica, ha bucato Ram-Salisbury per sei volte direttamente con la risposta, contribuendo a creare ben quindici palle break. Ne hanno sfruttate solo due, ma poco importa: gli avversari sono stati innocui e così è maturato il 6-3 6-4 finale. Un successo di valore, perché il tabellone di doppio comprendeva ben 57 singolaristi. Eppure soltanto Pierre Hugues Herbert ha raggiunto i quarti. “Noi doppisti abbiamo enorme qualità – dice Dodig – il punto è un altro: sappiamo come disinnescare i punti di forza dei singolaristi. Non giochiamo come vogliono loro”.

Il successo apre prospettive e ambizioni inedite: “Il 6 marzo partirò per Doha per un trittico di tornei che prevede anche Dubai e Miami – dice Polasek da Bratislava, laddove è stato accolto come un eroe, con tanto di servizio fotografico col Danubio sullo sfondo – adesso voglio diventare numero 1 al mondo in doppio. Ma adesso, scusate, c'è una famiglia che mi aspetta...”. Già, perché dopo 51 giorni di lontananza non ha trovato nessuno a casa: la compagna era ancora in ospedale, mentre la primogenita Karolina si trovava a casa dei nonni. “Ho giusto mangiato un'insalata, ma ho intenzione di recuperare tutto il tempo perduto, anche perché posso evitare la quarantena”. Gli atleti olimpici, infatti, hanno una speciale esenzione garantita dal governo slovacco. “Rispetto a quando mi sono fermato, sono cambiati l'80% dei giocatori – sogghigna Polasek – allora ho dovuto cambiare il mio stile di gioco”. Deve essere stato uno scherzo per uno che, soltanto quattro anni fa, doveva fermarsi nel bel mezzo di una partitella di floorball perché gli faceva male la schiena. Devvarman aveva proprio ragione.