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MENTAL TENNIS

Giocare con un avversario più debole

Spesso le partite contro avversari meno forti sono considerate inutili. Non è così, anzi, possono essere interessanti occasioni di crescita. E non è giusto definire "forte" o "debole" un tennista soltanto in base ai risultati.

Gabriele Brambilla
4 agosto 2021

Chi l'ha detto che giocare con (lo preferisco a "contro" perché quest'ultimo va più nella direzione della sfida con l'altro più che con se stesso) un avversario più debole sia una perdita di tempo? Beh, sicuramente l'hanno detto in tanti. Nel mio percorso di Benessere ed Evoluzione non c'è perdita di tempo, mai, soprattutto quando ci si focalizza sulle cose positive. Duro lavoro, certamente, come ogni cosa votata ad andare oltre la nostra zona di comfort o comunque che va nella direzione del superarci. Giocare con un avversario più debole, dunque. Debole da che punto di vista? Certamente si intende il punto di vista tecnico, in particolare quello che riguarda la forza e la capacità di vincere una partita.

Proprio per questo non mi fido, perché come sempre la società conia termini sempre o quasi sempre nella direzione di vittoria e sconfitta in termini numerici: fare più set dell'avversario, vincere più tornei, stare in vetta per più settimane. Vi siete mai focalizzati su questo punto? Ovvero, quando mai per debole va a definirsi un giocatore che vince ma che comunque non sfrutta a pieno le sue potenzialità? Quando mai per debole va a definirsi un giocatore che non sa divertirsi? E per contro, quando mai per forte va a definirsi un giocatore che lotta come un guerriero ma che perde la più parte delle volte? Quando mai per forte va a definirsi un giocatore che si allena duramente, che supera se stesso, ma che non ha quell'immenso talento che hanno quei pochi fortunati e quindi va a perdere ad ogni primo turno di ogni torneo Challenger a cui partecipa?

PLAY IT BOX
Se io credo di potermi migliorare in un gesto, in un'azione tennistica, probabilmente farò dei passi avanti e il mio avversario subirà questa mia crescita, indipendentemente dal cosa farò.

Affrontare un avversario meno forte deve essere vista come un'opportunità di crescita tecnica, fisica e personale

È un peccato, quindi, che la debolezza sia vista solo o quasi solo in funzione del risultato. Ecco il perché spesso trovo di grande benessere, e spingo tutti a farlo, il giocare con un amico o un conoscente molto più indietro nel suo percorso, ma con cui esco dal campo divertito e con sensazioni positive. Anche perché giocare con un avversario più debole può certamente essere allenante... Mi è capitato di recente di giocare un campionato coinvolgendo in squadra amici e allievi in un percorso inferiore al mio. Tuttavia ne sono uscito cresciuto. Mi spiego. Giocai un paio di singoli e in entrambe le situazioni provai la sensazione di stare facendo una lezione. Ma lavorai per migliorarmi. Lavorai per non giudicare il mio avversario, lavorai per allenarmi fisicamente facendo durare il più possibile gli scambi adeguandomi al livello del mio avversario, ne approfittai per variare il più possibile e affinare i miei colpi.

In alcuni momenti provai a giocare al mio massimo livello per incrementare la mia capacità di determinazione. Giocai anche un doppio, assieme ad un mio allievo. Al di là della rete un paio di ragazzi evidentemente più indietro di noi. Ecco che il punto non sarebbe stato il vincere o no la partita, ma il come giocarla, il come allenarsi. L'averla vinta ha avuto zero valore. È normale vincere se si è nettamente superiori. Che valore ha vincere contro un avversario inferiore nel momento in cui ci si rende conto di non essersi quasi impegnati? Trovo che ogni partita possa essere un'occasione per migliorarsi. Ecco il mio invito ad accettare qualche volta di giocare con amici che riteniamo inferiori e aprirci così all'idea che si possa giocare non solo per vincere, ma anche e sopratutto per altro.

È sempre più presente in me la sensazione che mediamente le persone ragionano soltanto (o quasi) in termini di vittoria o sconfitta, di essere più vincenti o perdenti. Le persone osservano un punto giocato e giudicano una scelta o un colpo soltanto in chiave di funzionalità riguardo al punto. E invece chissà quali sono le intenzioni dietro a un'azione tennistica? Un esempio calzante di questo è un recentissimo episodio durante un torneo da me giocato. All'improvviso decisi di servire con la sinistra (dall'alto) invece che con la destra (sono destrorso).

Il mio avversaio mi diede dell'antisportivo perché si sentì ferito quasi come se avessi detto arrogantemente "Tanto ti batto anche giocando con la sinistra". Dentro di me le intenzioni non riguardavano il risultato o il mio avversario, bensì una sorta di sfida con me stesso: voglio essere in grado di servire con la sinistra durante un torneo, voglio dimostrare a me stesso di riuscire a gestire tensioni e corpo e mandare la palla in campo. Fallii perché feci un doppio fallo... "Ma questa è tutta un'altra storia e la si dovrà raccontare un'altra volta..." A risentirci per il prossimo appuntamento nella direzione Benessere ed evoluzione, con lo scopo di crescere e stare bene attraverso il gioco del tennis.


LE PUNTATE PRECEDENTI

- La partita è un allenamento

- La sensazione di inferiorità

- Il concetto di sportività (Parte 2)

- Il concetto di sportività (Parte 1)

- "Qui e ora" E da nessun'altra parte

- Cos'è davvero la tecnica? E i fondamentali?

- Il vortice delle emozioni

- Devo giocare il mio tennis!

- Benessere ed evoluzione

- Il benessere nel colpire

L'autore, Gabriele Brambilla.
Attraverso l'attività di maestro di tennis ho sempre cercato di esprimere una filosofia, un pensiero che andasse oltre certi rigidi schemi che credo limitino l'esprimerci al meglio, dentro e fuori il campo da tennis. Sin dalle mie prime esperienze di insegnamento ho provato a unire la mia passione per il tennis con la mia predisposizione a temi quali la psicologia, l'introspezione e l'ascolto di se stessi, frutto di percorsi di vita tra scrittura, psicoterapia, recitazione, creazioni musicali. Di recente ho deciso di definire queste tematiche come Benessere ed evoluzione pur non avendo piena fiducia nelle definizioni dato che corrono il rischio di schematizzare qualcosa che ha infinite pretese.

Benessere ed evoluzione vanno nella direzione dello stare bene e della crescita, due valori che nella nostra cultura sono spesso visti come incompatibili. Qualcosa sta finalmente cambiando nella nostra società e molte persone sanno ammettere che si può migliorare attraverso il sorriso.

Ma attenzione: lo spazio da me curato su Tennis Magazine Italia non vuole essere un manuale su cosa fare per arrivare a un risultato dentro e fuori il campo da tennis. Vuole essere innanzitutto l'espressione di una filosofia che su di me ha funzionato e che mi ha portato a ottenere tante soddisfazioni, pur intervallate da grandi delusioni. Non ho la pretesa di voler imporre un metodo valido per tutti: il percorso è personale, sempre. Io metterò in luce ciò che credo sia stato utile per la mia crescita.

A volte descriverò esercizi pratici che credo possano portare a risultati positivi. Tuttavia voglio rimanere nell'umiltà di pensare che la mia filosofia possa non essere valida per alcuni o possa essere soltanto di spunto, di ispirazione per altri, i quali proseguiranno comunque in una loro strada fatta di personali intuizioni.

Da poco è sul web il mio podcast Tennis Benessere ed Evoluzione dedicato a questi temi. Lo si può trovare su Spreaker e su altre piattaforme (Spotify, iTunes), così come sul mio sito www.gabrielebrambilla.net.