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IL CASO

Dilemma australiano: Murray sì o Murray no?

Andy Murray è risultato positivo al COVID. Regole alla mano, non potrebbe recarsi in Australia. Invece sembrano in corso trattative per consentirgli di arrivare in ritardo. Gli organizzatori si giocano un grossa fetta di credibilità: il Paese è già scocciato per il semafoto verde a Sandgren, inoltre lo scozzese riceverebbe un trattamento di favore rispetto ad altri. Giustificato?

Riccardo Bisti
15 gennaio 2021

Il concetto di par condicio è molto sentito, ma rischia di franare se Andy Murray dovesse giocare l'Australian Open. Nulla contro il campione scozzese, ma se davvero dovessero concedergli un trattamento di favore non sarebbe giusto. Per mesi, l'Australia è stata chiara: tolleranza zero. Gioca soltanto chi è negativo, in salute, e soddisfa tutti i (severi) parametri. A poche ore dall'imbarco del plotone di circa 1300 persone coinvolte nel torneo (quasi tutte con destinazione Melbourne, alcuni privilegiati ad Adelaide), nasce un vero e proprio Caso Murray. Finalista in cinque edizioni, ha appreso di essere risultato al COVID-19 lunedì scorso, mentre si allenava presso il Centro Tecnico LTA, a Roehampton. Si è subito messo in isolamento e la notizia è stata tenuta nascosta fino a giovedì, quando non si poteva più tergiversare. Attualmente si trova nella sua abitazione in Surrey, ed è quasi asintomatico. Tanta sfortuna, ma in fondo non ci sarebbero problemi: niente Australian Open. A parte le legittime ambizioni agonistiche, non ha certo bisogno di giocarlo. E difficilmente sarebbe da corsa per il titolo.

Eppure sembra che qualcosa si stia muovendo sotto traccia e – soprattutto – fuori dalle regole. Le norme erano chiare: arrivo in Australia tra il 15 e il 16 gennaio, quarantena di due settimane (con finestre per allenarsi) e poi via libera. O dentro o fuori, nessuna sfumatura di grigio. Invece sembra che per Murray ci stiano pensando. Ad alimentare i sospetti, l'ambiguo comunicato di Tennis Australia. “Murray non sarà in grado di prendere i voli ufficiali del torneo in arrivo nei prossimi giorni, i quali gli avrebbero permesso di trascorrere la quarantena con gli altri giocatori. Sappiamo quanto gli piaccia giocare a Melbourne e quanto abbia lavorato duramente per esserci”. Non si dice che non giocherà: semplicemente, si informa che non avrebbe preso uno dei 18 voli organizzati da Tennis Australia. Per la proprietà transitiva, non dovrebbe avere la possibilità di andare a Melbourne. Invece si è creato un asterisco sulla sua presenza.

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Il comunicato di Tennis Australia non dice che Murray non giocherà: semplicemente, informa che non avrebbe preso uno dei 18 voli organizzati per il torneo.
La carriera di Andy Murray sembrava finita all'Australian Open 2019. Oggi non si vorrebbe perdere l'edizione del 2021

Le norme sono già state aggirate per Tennys Sandgren, sbarcato in Australia nonostante sia risultato positivo lunedì (stesso giorno di Murray). Tennis Australia ha spiegato che la carica virale dell'americano si è quasi azzerata, e che la positività originaria risale a due mesi fa. Un po' diversa la questione Murray, ma è anche diverso il peso specifico dello scozzese. Non solo è un ex finalista, ma era stato ammesso in tabellone con una wild card. Ergo, il torneo aveva investito su di lui. E lui aveva investito sul torneo, rinunciando a Delray Beach proprio per minimizzare il rischio di contagio. Precauzione inutile. Ad ogni modo, dietro le quinte sperano che Murray possa azzerare la sua carica virale in pochi giorni, in modo da arrivare a Melbourne in ritardo (ma come?), però in tempo per scontare le due settimane di isolamento. Murray non è l'unico in questa situazione: è di poche ore fa la notizia della positività di Alejandro Davidovich-Fokina (n.52 ATP) e del suo coach. Difficilmente il torneo farà gli stessi sforzi che sta compiendo per Murray. Un po' diversa la situazione di Nicolas Massu, coach di Dominic Thiem: anche lui positivo, spera di partire in ritardo. Nel suo caso, tuttavia, si tratterebbe di mera presenza senza il compito di scendere in campo.

Nel momento in cui scriviamo, la maggior parte dei giocatori è in volo. Molto dipenderà dai prossimi giorni: se l'ondata di 1.200 persone non dovesse creare problemi, Craig Tiley potrebbe prendere in considerazione alcuni casi speciali. Ma non sarà facile: a Melbourne, intanto, l'opinione pubblica è molto sensibile a potenziali minacce. Basti pensare al caso dell'Hotel Westin, depennato dagli alberghi ufficiali. In Gran Bretagna ci si domanda come sia avvenuto il contagio: qualcuno pensa che sia accaduto proprio al National Tennis Center, laddove c'era stato un caso di positività lo scorso weekend. Dopo quel caso, la LTA aveva effettuato un tracciamento dei contatti e chiesto un isolamento di dieci giorni ad alcuni giocatori. Da allora, pare che uno di loro sia risultato positivo. Il COVID non ha risparmiato neanche un paio di coach e lo stesso medico della federtennis britannica, che negli ultimi giorni aveva trascorso parecchio tempo nella struttura.

Anche Alejandro Davidovich Fokina è risultato positivo al COVID nell'imminenza del viaggio in Australia. Se dovessero fare uno sforzo per Murray, faranno altrettanto per lui?
Andy Murray ha giocato cinque finali in Australia, tutte perse. Una contro Federer, quattro contro Djokovic. L'ultima risale al 2016

A parte le congetture sul luogo del contagio, per Murray è certamente un brutto colpo. Nel 2020 ha giocato poco e male, prendendosi anche qualche critica di troppo. Mats Wilander lo ha invitato – neanche troppo velatamente – a ritirarsi, motivandolo ancora di più. Murray ha promesso un bel 2021 e in effetti aveva dato buoni segnali nelle esibizioni di dicembre, battendo sia Dan Evans che Cameron Norrie. Tuttavia, se dovesse riprendersi e viaggiare in Australia si creerebbero un paio di problemi. Intanto ci sarebbe un precedente antipatico, visto che parecchi cittadini australiani sono ancora bloccati all'estero (ed è stato posto un limite di 1.120 ingressi a settimana per i soli residenti).

E poi ci sarebbe la questione della par condicio richiamata a inizio articolo: per quale motivo dovrebbe essere fatto uno sforzo per Murray e non per altri? Ok, lo scozzese ha un pedigree importante, ma la salute è un bene che va al di là delle gerarchie tennistiche. Madison Keys ha rinunciato, Alejandro Davidovich rischia di doverlo fare, Carlos Moyà non potrà andare perché non gli è stato concesso di arrivare in ritardo rispetto al resto del team. Per questo, una concessione extra a Murray potrebbe scatenare parecchi malumori, senza considerare che parecchi australiani sono già contrariati per la decisione di accogliere Sandgren...