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L'OPINIONE

Matteo, non potevi decidere 48 ore prima?

Matteo Berrettini rinuncia alle Olimpiadi: non si è ripreso dal risentimento alla coscia patito a Wimbledon. La scelta è legittima, ma arriva a tempo scaduto: danneggia la spedizione italiana e i potenziali sostituti. Era davvero impossibile anticipare la risonanza magnetica a prima della deadline olimpica?

Riccardo Bisti
19 luglio 2021

Voglio dire, ho un dolore alla gamba. Fortunatamente non è niente di pericoloso, è qualcosa di cui dovevo sicuramente occuparmi, ma non ho perso per questo. Come ho detto, congratulazioni a Novak. Abbiamo deciso di fasciarla perché sarebbe stato d'aiuto. E in effetti ha aiutato. Come ho detto, è stato un lungo mese. Sono arrivato a Londra direttamente da Parigi. Ho giocato tante partite, grande intensità, al meglio dei cinque set. Quando raggiungi le finali senti che il tuo corpo sta cadendo a pezzi, ma è normale. Non era un problema, solo qualcosa a cui dovevo pensare un po' di più, ma non ho perso per questo”. Sono le parole di Matteo Berrettini dopo la finale di Wimbledon, quando gli avevano chiesto della fasciatura alla gamba sinistra. Fino a qualche ora fa, era l'unica dichiarazione sul problema che lo ha costretto a rinunciare alle Olimpiadi di Tokyo. La notizia è trapelata nel pomeriggio di domenica, anticipata dall'agenzia ANSA e poi confermata da un post Instagram del giocatore. Come accaduto due settimane fa per il forfait di Jannik Sinner, il mondo del nostro tennis è caduto nell'isteria collettiva.

Da una parte c'è chi ha difeso Berrettini e la legittimità della sua scelta (la giustificazione fisica e la recente finale a Wimbledon rappresentano uno scudo morale mica da poco); dall'altra si è scatenata la solita sarabanda di critiche, in cui Matteo viene accusato di non tenere alla nazionale, alla bandiera e alla valanga di retorica che in Italia sembra piacere molto. E non è mancato chi ha ricordato la residenza fiscale a Monte Carlo. Ancora una volta, è opportuno valutare la questione con il dovuto equilibrio. Partiamo dai fatti, ovvero dalle motivazioni ufficiali. Berrettini ha scritto così: “Sono estremamente dispiaciuto di annunciare la mia cancellazione dalle Olimpiadi di Tokyo. Ieri mi sono sottoposto ad una risonanza per controllare l'infortunio alla gamba sinistra che mi sono procurato durante Wimbledon e l'esito non è stato ovviamente positivo. Non potrò competere per alcune settimane e dovrò stare a riposo. Rappresentare l'Italia é un onore immenso e sono devastato all'idea di non poter giocare le Olimpiadi. Faccio un grosso in bocca al lupo a tutti gli atleti italiani, vi supporterò da lontano ma con tutto me stesso”. Conoscendo la cultura sportiva di Berrettini, è escluso anche solo ipotizzare un infortunio tattico come scusa per evitare critiche. Inoltre, viste le numerose assenze, Tokyo avrebbe rappresentato una grande occasione di medaglia, sia in singolare che in doppio. E non è detto che a Parigi 2024 sarà altrettanto.

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Berrettini si è voluto dare una possibilità fino all'ultimo. Legittimo e comprensibile. Ma i Giochi sono l'unica competizione (insieme alla Davis) in cui le decisioni del singolo ricadono (anche) su altri.

Matteo Berrettini ha giocato la finale di Wimbledon con una fasciatura alla gamba sinistra

Rispondendo a Repubblica, coach Vincenzo Santopadre ha respinto la possibile critica: dopo aver spiegato che giocare sull'infortunio ha peggiorato la situazione, ha aggiunto: “Chi pensa che snobbiamo le Olimpiadi per prepararci a Flushing Meadows fa un torto a Matteo”. Obiezione accolta, e ci mancherebbe. L'aspetto cruciale della questione riguarda le tempistiche, in misura ancora maggiore rispetto a quanto accaduto per Jannik Sinner. Berrettini si è sottoposto a risonanza magnetica sabato 17 luglio, a sette giorni dal kick off olimpico e a 48 ore dall'imbarco per il Giappone. Ma, soprattutto, era già scaduta la deadline per consentire alla federazione di proporre un sostituto al posto di un giocatore infortunato. Per l'esattezza, il limite erano le 23.59 di Tokyo di venerdì 16 luglio (le nostre 16.59). È scritto chiaramente (pagine 15-16) al punto III.3.D del Regolamento Olimpico ITF. Una volta sforata la deadline, ogni forfait sarà coperto da una sorta di lucky loser: nella fattispecie, un tennista già presente a Tokyo per altre competizioni. In altre parole, il posto di Berrettini sarà preso da un doppista (non italiano, visto che non avevamo in gara nessun giocatore nel solo tabellone di doppio).

I regolamenti erano chiari ed è ipotizzabile che Berrettini e il suo staff ne fossero a conoscenza, o al limite che chi di dovere (la FIT) glielo avesse fatto presente. Scegliendo di sottoporsi a risonanza a tempo scaduto, Berrettini ha impedito qualsiasi possibile sostituzione. Adesso: in questi casi il confine tra estremo attaccamento alla maglia ed egoismo è molto labile, sottile, discutibile e soggettivo. Sottoponendosi a esame diagnostico soltanto sabato, Berrettini si è dato una possibilità fino all'ultimo momento utile. Legittimo e comprensibile. A modo suo, un esempio di attaccamento alle Olimpiadi. Però – esattamente come avevamo scritto per Sinner – questa è l'unica competizione (insieme alla Davis) in cui le decisioni del singolo ricadono (anche) su altri. Come Sinner aveva messo in difficoltà Musetti, costringendolo a cambiare programmazione, e fatto rischiare a Sonego di restare senza compagno di doppio, con il suo temporeggiare Berrettini ha arrecato un doppio danno alla spedizione italiana.

Un elegantissimo Matteo Berrettini durante il ricevimento al Quirinale, a cui ha preso parte anche la Nazionale di Calcio

Berrettini-Fognini hanno fatto coppia alle Davis Cup Finals 2019. Non li rivedremo insieme a Tokyo

In primis, avremo soltanto tre rappresentanti in singolare (Sonego, Fognini e Musetti). È paradossale, visto che abbiamo la bellezza di dieci top-100 ATP. Ed è ironico che avremo lo stesso numero di singolaristi tra uomini e donne. I tanti forfait nel singolare femminile, infatti, hanno permesso a Jasmine Paolini e Sara Errani di volare a Tokyo. Il tutto nonostante la situazione tra uomini e donne sia molto diversa. In secundis, costringerà l'Italia ad avere un solo doppio maschile. E bisognerà vedere se Fabio Fognini (nostro miglior doppista) sarà aggregato a Sonego o Musetti, i quali farebbero coppia secondo le liste attuali, oppure se dovrà rinunciare al doppio in quella che – probabilmente – sarà la sua ultima Olimpiade. La scelta di Berrettini ha danneggiato almeno due potenziali atleti olimpici: Gianluca Mager, che avrebbe potuto sostituirlo in singolare (oltre a creare un'altra potenziale coppia) e – soprattutto – Simone Bolelli. Il bolognese ha smesso di fare coppia fissa con Fognini, ma avrebbero rappresentato un possibile duo da medaglia: indimenticabile il loro successo all'Australian Open 2015, anno in cui si qualificarono per le ATP Finals. E Bolelli, oggi, è uno dei migliori doppisti in circolazione. In coppia con Maximo Gonzalez è giunto in semifinale a Wimbledon ed è in piena corsa per il Masters. In tutta onestà, sorprende che Berrettini non abbia tenuto conto di queste variabili. O che non gliele abbiano fatte presenti.

Ripetiamo: si tratta di scelte rispettabili e sacrosante. Ma se aveva un dubbio... sarebbe stato davvero assurdo effettuare la risonanza magnetica con 36-48 ore d'anticipo? Certi che Matteo saprà chiarire questi aspetti alla prima occasione, il resto sono considerazioni già note, ma più che mai attuali. La verità è che il torneo olimpico non rappresenta un appuntamento imprescindibile nel calendario del tennis. Non lo è mai stato, salvo circostanze eccezionali. E le condizioni ambientali di Tokyo non sono certo un incentivo per i tennisti, già sfibrati da mesi in cui si sono sottoposti a bolle e misure più o meno restrittive. Con il forfait di Berrettini, si è raggiunta la maggioranza assoluta (26) di top-50 ATP assenti. Ma c'è di più: nel solo tabellone maschile ci saranno ben venti giocatori fuori dai primi 100. Chi insiste su concetti come attaccamento alla bandiera, richiamo della patria, eccetera, non ha ben chiara la natura professionistica e individuale del tennis. Giusto o sbagliato che sia, è così. È sicuramente vero, come dice Santopadre, che Berrettini non ha preso questa decisione a cuor leggero e nemmeno per preservarsi in virtù di chissà quale impegno. Però è legittimo pensare che la stessa diagnosi, a dieci giorni dallo Us Open, forse non lo avrebbe spinto al forfait immediato ma lo avrebbe convinto a provarci fino all'ultimo, anche senza la certezza di poter scendere in campo. Al contrario, il torneo olimpico – questo torneo olimpico – non legittima lo sforzo e nemmeno il rischio. E pazienza se qualcuno si ostina a non volerlo capire.