The Club: Bola Padel Roma
AUSTRALIAN OPEN

Dream Team Sinner

Darren Cahill è il "frontman" del team che ha portato Jannik Sinner a diventare un fenomeno. “Ma il merito è al 99% di Simone Vagnozzi. Il mio compito è supervisionare e tenere tutti sullo stesso piano”. Un piccolo mondo pieno di armonia e sublimato dal suono dell'impatto con la palla. “È diverso, come capita solo ai grandi”.

Riccardo Bisti
27 gennaio 2024

QI, acronimo di Quoziente Intellettivo. Il concetto è stato espresso due volte nelle conferenze stampa dopo le semifinali dell'Australian Open. Alexander Zverev ha ribadito che chiunque ne abbia uno accettabile sa come stanno le cose in merito alle accuse di violenza domestica. Altra faccenda. Più attinente al tennis l'opinione di Darren Cahill, super-coach di Jannik Sinner. Quando gli hanno chiesto i punti in comune dell'azzurro con i campioni allenati in passato, è stato chiaro: “Etica del lavoro, obiettivi, desideri, volontà di imparare. Il loro QI tennistico è straordinario”. Parola del coach australiano, figlio di un ex giocatore e (soprattutto) allenatore di football australiano. In particolare, John Cahill aveva fatto grandi cose con il Port Adelaide Football Club. Il figlio osservava, imparava, assimilava e ha trasferito certe competenze nel tennis, prima con Hewitt, Agassi e Halep. Adesso si trova a essere l'unico straniero in un team tutto italiano, di cui fanno parte Simone Vagnozzi, il preparatore atletico Umberto Ferrara e il fisioterapista Giacomo Naldi.

Le parole di Cahill sono il modo migliore per comprendere il Sinner World, una famiglia allargata che mette sullo stesso piano il lavoro e il piacere di stare insieme. “Qui ho un ruolo diverso, il 99% dei meriti è di Simone Vagnozzi, che sta facendo un lavoro incredibile – racconta – la mia è una supervisione. Parliamo di tecnica e tattica, ma lui è la voce. E Jannik è straordinario nell'assorbire tutte le informazioni. La partita persa contro Djokovic a Wimbledon 2022 gli ha fatto capire in cosa deve migliorare. Per noi è davvero gratificante vederlo in campo”. Cahill non dimentica i meriti di Riccardo Piatti, il coach che lo ha curato e cresciuto dai 13 ai 20 anni di età. Con il tecnico comasco era già arrivato tra i top-10, spingendo lo stesso Cahill a pronosticargli un futuro da n.1 in tempi non sospetti. Oltre ai miglioramenti tecnici – che ci sono stati – si è soffermato sulla parte fisica. “Adesso si muove meglio e più a lungo. Aveva bisogno dei giusti trattamenti: fisioterapia, dieta, massa muscolare... Umberto Ferrara è il responsabile e potrebbe parlarne all'infinito. Oggi la tecnologia è molto diversa rispetto a 20-30 anni fa, possiamo controllare ogni dettaglio per permettere a un'atleta di fare le cose giuste”.

«Il 99% dei meriti è di Simone Vagnozzi, che sta facendo un lavoro incredibile, la mia è una supervisione. Parliamo di tecnica e tattica, ma lui è la voce. E Jannik è straordinario nell'assorbire tutte le informazioni» 
Darren Cahill

La trasformazione di Sinner è impressionante. Rimarrà sempre magro, ma oggi ha un'altra struttura rispetto a qualche anno fa (anche se non ha voluto far sapere il suo peso esatto). Riesce a essere solido e resistente. A questo si aggiunge una diversa capacità di stare in campo. “All'inizio era un po' monotono – interviene Vagnozzi – tirava forte, ma senza troppa tattica. Adesso sa dove mettere la palla, quando giocare lo slice o provare la smorzata. E poi è migliorato tantissimo al servizio, contro Djokovic si è visto. Nei momenti importanti ha sempre messo la prima. Darren? Ha portato con sé l'esperienza necessaria, è molto bravo nella comunicazione sia prima che dopo la partita. È in grado di vedere cose che a me sfuggono per via dell'età”. Vero, visto che tra i due ci sono 18 anni di differenza, la stessa che intercorre tra Vagnozzi e lo stesso Sinner. Questi ingredienti si sono inseriti in una macchina già ben avviata, supportata dalla granitica forza mentale di Jannik.

Non amiamo troppo i luoghi comuni, ma se è Vagnozzi a confermarli...Tu conosci l'Italia meglio di me” gli ha detto Cahill, rispondendo a una domanda sulla provenienza di Sinner. “In effetti arriva da una parte diversa dell'Italia, in cui la gente è molto seria – dice l'ascolano, che ben conosce quelle zone avendole frequentate quando era allenato da Massimo Sartori – non parlano molto, ma Jannik ama scherzare. In campo mostra la sua parte tedesca, ma quando siamo tra di noi emerge quella italiana”. Non sappiamo da dove arrivi, ma Sinner possiede l'impressionante capacità di non accontentarsi mai. È ossessionato dal miglioramento, offrendo terreno fertile a Cahill per il suo mantra: “Non smettere mai di evolversi e migliorare” dice il tecnico australiano, che ha trasferito i metodi di suo padre a un giovanissimo Lleyton Hewitt, poi ha fatto altrettanto con Andre Agassi e Simona Halep. L'intelligenza delle parti in causa gli ha permesso di integrarsi benissimo nel clan Sinner.

Il team Sinner: da sinistra Giacomo Naldi, Jannik, Darren Cahill, Simone Vagnozzi e Umberto Ferrara

Leggi anche: L'esecuzione

Nella conferenza stampa post-Djokovic, Sinner ha parlato anche del suo team

“Per loro sarebbe facile parlare in italiano – racconta – invece mi hanno accolto come un membro della famiglia. C'è tanto amore attorno a lui, per me è importante far passare il messaggio che tutti hanno la stessa importanza e mantenere i piedi per terra. Lui ha la fortuna di avere un coach incredibile, io mi devo solo assicurare che tutti siano sulla buona strada”. Una serenità di cui Sinner aveva un gran bisogno, sublimata da un siparietto a inizio conferenza stampa. A un certo punto, lo stesso Jannik è entrato in sala conferenze e ha chiesto come è allenare Sinner. “È un lavoro schifoso. Non siamo pagati abbastanza, poi lui ci dà sempre filo da torcere e ci lascia senza soldi quando giochiamo a carte. Si diverte molto” ha ironizzato Cahill, rispondendo con brillantezza a un sorprendente guizzo pubblico di Jannik: solitamente, quando ci sono microfoni e telecamere nei paraggi, preferisce abbassare i toni.

Ma la gioia per aver battuto Djokovic era troppo grande, e la finale contro Medvedev era ancora sufficientemente lontana per permettersi di scherzare. La serietà è tornata in queste ore, le più delicate. Le ore in cui sta preparando la sua prima finale Slam, con tutta la pressione dei favori del pronostico. Nick Kyrgios ha detto che potrebbe essere il nuovo Novak, mentre Cahill – forse senza volerlo – l'ha incoronato. E non c'è modo migliore di questo virgolettato per chiudere: “Impressiona il suono della palla quando colpisce. Si vede dal tempismo e dalla sua velocità di mano. Ha lavorato incredibilmente per riuscirci. Agassi colpiva così. Rafa era esattamente lo stesso. Roger, quando colpiva con il dritto, potevi sentirne il suono. E Novak produce un tonfo quando colpisce dritto e rovescio. Non si tratta di esseri umani che colpiscono la palla. Producono tutti un suono diverso quando colpiscono: anche per Jannik è così”. Chissà se Daniil Medvedev chiederà di giocare con i tappi alle orecchie.