THE SPECIALS

New racquet, please!

Sampras si è sempre rammaricato di non aver usato una racchetta dall’ovale più ampio degli 85 pollici della sua Pro Staff Original. Roger Federer non ha commesso lo stesso errore: la strada è stata piuttosto travagliata ma gli allungato la carriera

di Lorenzo Cazzaniga
8 agosto 2020

«La sento, nun la sento». Negli anni Sessanta, a Nicola Pietrangeli non serviva uno staff di ricerca e sviluppo e nemmeno incordatori personali o dati biomeccanici per capire se una racchetta era perfetta per il suo tennis. «La sento, nun la sento», bastava così. Ancora oggi, il feeling personale resta un elemento essenziale e difatti i cambi di attrezzo sono un’eccezione e nemmeno contratti piuttosto vantaggiosi convincono un top player a sostituire la sua racchetta. Eppure, un cambio nel momento più opportuno può allungare la carriera. Uno dei rimpianti maggiori di Pete Sampras è proprio quello di essere rimasto legato alla sua Pro Staff da 85 pollici quadrati, nei lotti rigorosamente preparati sull’isola di St. Vincent, dove la grafite utilizzata era diversa e più consona ai desideri di Pistol Pete: «Con una maggior apertura mentale, avrei probabilmente vinto di più – si rammarica Sampras, nonostante i 14 Slam conquistati -; invece ho voluto giocare sempre con un piatto corde piccolissimo anche quando aumentarlo avrebbe avuto un senso. Però quando vinci tanto con una racchetta, solo l’idea di una piccola modifica ti terrorizza».

A differenza di quanto accade nella Formula Uno, dove si studia una nuova macchina mentre la versione precedente sta dominando un campionato, nel tennis i giocatori sono piuttosto refrattari ai cambiamenti e perfino gelosi delle loro armi. Agassi, per dire, impediva a chiunque di prenderle in mano. Nemmeno Steffi faceva eccezione. Federer, che aveva in Sampras un riferimento, ha cominciato anche lui con la Pro Staff da 85 pollici (pur fabbricata in Cina e con quella vinse al suo esordio sul Centre Court nel 1998 proprio contro Sampras), per passare nel 2002 a un ovale più grande (90 pollici), comunque decisamente inferiore a quello dei suoi colleghi (tra 98 e 100 pollici). Secondo Darren Cahill, ex ottimo giocatore e coach, ora commentatore tv, «la racchetta è la cosa più importante per un tennista. Fa parte della famiglia e quelle storie che si sentono negli spogliatoi, di giocatori che ci dormono insieme come fosse un’amante, non sono invenzioni. Alla fine, un tennista passa più ore con la sua racchetta che con chiunque altro». Non a caso un giornalista britannico, Simon Barnes, scrisse che «la racchetta di Federer è prodotta da Ollivanders in Diagon Alley, il negozio dove Harrt ha preso la sua bacchetta magica». Dove Harry farebbe Potter di cognome.

«Quando allenavo Agassi, capitava che si allenasse con le racchette usate da altri giocatori. Non aveva alcuna intenzione di cambiare la sua, ma voleva capire quali colpi i suoi avversari potessero giocare e quali no, impugnando un attrezzo di quel genere. Insomma, studiava il gioco di un Federer allenandosi con la sua racchetta»

Cahill è considerato un racketologist, un collezionista da qualche centinaio di pezzi che ogni tanto osserva per capire l’evoluzione del gioco. E racconta un aneddoto curioso: «Quando allenavo Agassi, capitava che si allenasse con le racchette usate da altri giocatori. Non aveva alcuna intenzione di cambiare la sua, ma voleva capire quali colpi i suoi avversari potessero giocare e quali no, impugnando un attrezzo di quel genere. Insomma, studiava il gioco di un Federer allenandosi con la sua racchetta». Un altro buon giocatore, Justin Gimelstob, ha fissato la data dell’ultimo storico cambiamento: «Quando Andy Roddick è entrato nel circuito, bastava guardare la sua Pure Drive e confrontarla con la Pro Staff di Sampras per capire cosa stava succedendo. Era come paragonare una chitarra elettrica a una acustica». Erano gli inizi degli anni Novanta.

Federer, dunque. Un giornalista britannico, Simon Barnes, scrisse che «la racchetta di Federer è prodotta da Ollivanders in Diagon Alley, il negozio dove Harry ha preso la sua bacchetta magica». Dove Harry farebbe Potter di cognome. Tuttavia, nonostante l’idillio, Federer aveva pensato a uno switch prima ancora di quello effettivo del 2014. ErreEffe chiese a Wilson alcuni prototipi di racchetta; a  Zurigo, Federer si allenava al mattino con un nuovo attrezzo, dava il suo feedback e gli ingegneri intervenivano con le modifiche richieste. Federer fece un primo tentativo di giocare con una racchetta dall’ovale più grande nell’estate del 2013. Le sconfitte con Federico Delbonis e Daniel Brands, pur se determinate soprattutto da un cattivo stato di forma, lo indussero a fare un passo indietro. Allo US Open tornò alla sua vecchia Pro Staff ma perse comunque negli ottavi. «Il problema dei giocatori nel cambiare racchetta – ha spiegato Tony Godsick, manager dello svizzero – è il periodo ridottissimo a disposizione per testarle. Impensabile che possano farlo a stagione in corso e la off season dura solo qualche settimana».

Un giornalista britannico, Simon Barnes, scrisse che «la racchetta di Federer è prodotta da Ollivanders in Diagon Alley, il negozio dove Harry ha preso la sua bacchetta magica». Dove Harry farebbe Potter di cognome.

Roger Federer impegnato nel suo esordio sul Centre Court contro Pete Sampras nel 1998. Usava ancora una Wilson Pro Staff Original da 85 pollici

Federer, dunque. Un giornalista britannico, Simon Barnes, scrisse che «la racchetta di Federer è prodotta da Ollivanders in Diagon Alley, il negozio dove Harrt ha preso la sua bacchetta magica». Dove Harry farebbe Potter di cognome. Tuttavia, nonostante l’idillio, Federer aveva pensato a uno switch prima ancora di quello effettivo del 2014. ErreEffe chiese a Wilson alcuni prototipi di racchetta; a  Zurigo, Federer si allenava al mattino con un nuovo attrezzo, dava il suo feedback e gli ingegneri intervenivano con le modifiche richieste. Federer fece un primo tentativo di giocare con una racchetta dall’ovale più grande nell’estate del 2013. Le sconfitte con Federico Delbonis e Daniel Brands, pur se determinate soprattutto da un cattivo stato di forma, lo indussero a fare un passo indietro. Allo US Open tornò alla sua vecchia Pro Staff ma perse comunque negli ottavi. «Il problema dei giocatori nel cambiare racchetta – ha spiegato Tony Godsick, manager dello svizzero – è il periodo ridottissimo a disposizione per testarle. Impensabile che possano farlo a stagione in corso e la off season dura solo qualche settimana».

I tecnici Wilson lavorarono il resto della stagione 2013 fino a creare due modelli specifici per Federer, prodotti in dodici pezzi ciascuno: «È un cambiamento notevole – disse all’epoca Godsick – ma la buona notizia è che conferma l’intenzione di proseguire a lungo, un progetto che va curato nei particolari, a partire dalla racchetta». In sintesi, la logica diceva che uno sweet spot (la parte ideale di ovale dove colpire la palla) più grande avrebbe aumentato in proporzione il margine di errore. E siccome Federer non era più un ragazzino e stava perdendo qualcosa in velocità e di conseguenza precisione nell’impatto, la scelta appariva doverosa. «Non è un segnale di debolezza – dice ancora Gimelstob – ma una necessità. Si chiama darwinismo: ti adatti alla nuova situazione o scompari. E Roger è certamente una persona razionale e mentalmente abbastanza flessibile per capirlo». Per metà stagione giocò con un black frame, prima di far nascere la Wilson Pro Staff RF97 Autograph, dove il numero indicava i pollici quadrati dell’ovale, rimasti invariati ancora oggi.

Una teoria interessante è quella di Cahill: «Quando si cambia racchetta, un giocatore tende a ricordare solo gli aspetti negativi. Se gioca tre dritti meravigliosi e poi ne sbaglia uno di tre centimetri, basta quella sensazione per passare una notte insonne. Il segreto è andare oltre questi momenti perché quando qualcosa gira storto, la cosa più facile è fare un passo indietro e affidarsi a ciò che si conosce. Anche se alla lunga non è la scelta migliore». Per sua fortuna, Federer ha avuto sufficiente pazienza. All’Australian Open 2014 perse in semifinale da Rafael Nadal, però poi sono arrivati altri tre successi Slam (Australian Open 2017 e 2018, Wimbledon 2017) e una continuità di rendimento sorprendente, considerando i 39 anni.

Un video di Wilson mostra Roger Federer usare la nuova Clash, racchetta dai concetti rivoluzionari. Ma è stata un'operazione di marketing visto che RF non ha mai utilizzato questa tipologia di telaio.

Ora serve agli appassionati un filo di pazienza. Federer non farà rientro in campo fino all’anno prossimo, nel frattempo uscirà (nel mese di settembre) la sua nuova arma, con una grafica rinnovata ma sempre minimal ed elegante, secondo i desideri di Roger. Indubbiamente, i fans vorranno accaparrarsi quella che potrebbe essere l’ultima versione della Federer. Quantomeno da giocatore perché rimarrà una tale icona che è possibile che in futuro nascano altre versioni, anche da pensionato. Nonostante si tratti di un attrezzo, almeno nell’autentica versione federeriana (325 grammi, sezione squadrata e sottile e ovale da 97 pollici), poco adatta alla stragrande maggioranza dei giocatori di club, anche se di livello agonistico. Wilson prevede una gamma molto ampia per soddisfare un pubblico più ampio, eppure tanti vogliono vivere l’esperienza di giocare con la Federer: «Ho chiesto che il telaio in commercio sia sostanzialmente uguale al mio», giustamente convinto che i veri aficionados vogliono provare quella sensazione. «Nel mio negozio di tennis – raccontava qualche tempo fa Brad Gilbert – praticamente mi rifiutavo di tenerla perché era troppo difficile per i giocatori normali». Ma l’amore per Re Roger sconfina ben oltre la propria prestazione in campo.